Lugano Città del Gusto
15.04.2018 - 13:340
Aggiornamento: 17.08.2018 - 16:43

Storia di Mastro Martino, il bleniese che nel Quattrocento inventò la cucina moderna. E la polpetta, piatto simbolo di Lugano Città del Gusto. Dall'apprendistato in un convento ticinese alla tavola del 'Cardinal Lucullo'

Martino de' Rossi, o Martino de Rubeis, detto Mastro o Maestro Martino da Como, fu il più importante cuoco del quindicesimo secolo. A lui si deve la stesura del ‘Libro de Arte Coquinaria’, considerato un caposaldo della letteratura gastronomica italiana, che testimonia il passaggio dalla cucina medievale a quella rinascimentale

LUGANO – La "polpetta" sarà il piatto simbolo di Lugano Città del Gusto, il maxi evento che si svolgerà dal 13 al 23 settembre. Il gastronomo Dany Stauffacher che ha ricevuto il mandato di organizzarlo, ha spiegato perché ha scelto questa pietanza.

La polpetta è simbolo della lotta contro gli sprechi alimentari, è buona, pratica, economica, è apprezzata da tutte le generazioni, si ritrova in ogni tradizione culinaria del mondo e può essere cucinata in 1000 modi diversi. Ma non solo: la polpetta è stata ‘inventata’ dal Maestro Martino nel 1400, primo grande chef riconosciuto a livello europeo.

Ma chi fu Mastro Martino? Un po’ di notizie si trovano sul web… Eccone una sintesi.

Martino de' Rossi, o Martino de Rubeis, detto Mastro o Maestro Martino da Como, fu il più importante cuoco del quindicesimo secolo. A lui si deve la stesura del ‘Libro de Arte Coquinaria’, considerato un caposaldo della letteratura gastronomica italiana, che testimonia il passaggio dalla cucina medievale a quella rinascimentale. Quel ricettario divenne immediatamente il libro mastro per tutta la cucina del Rinascimento.

Non sono molte le informazioni reperibili su questo illustre ticinese, alcune delle quali provengono dai ricettari manoscritti che ha lasciato.

Si sa però che nacque nel secondo o terzo decennio del Quattrocento in valle di Blenio (che faceva allora parte del Ducato di Milano), e non a Como, come il nome farebbe pensare. Morì, presumibilmente, nell'ultimo ventennio del secolo.

A lui è intitolata un’associazione, nata nel 2011 ad opera dello chef Carlo Cracco, che si propone di creare un polo milanese dedicato alla Cucina d’Autore.

Alcuni storici ritengono che Martino possa aver appreso il mestiere attorno al 1440 nella cucina di un convento o di un ospizio ticinese. Ma come molti artisti e artigiani dell’epoca, viaggiò parecchio: tracce di Martino si trovano a Napoli, dove si avvicinò alla cucina catalana e mediorientale. Poi a Udine, e a Milano, dove fu a servizio di Francesco Sforza, e infine a Roma.

Nelle cucine vaticane ottenne la consacrazione della sua fama di grande cuoco. A differenza di altri suoi contemporanei, Mastro Martino non si limitava a riprodurre ricette altrui, ma le rielaborava o ne inventava di nuove. E in questo sta la sua ‘modernità’.

Dalla seconda metà degli anni '50 e fino al 1465 fu cuoco personale del cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota, Patriarca di Aquileia, che per l'opulenza dei suoi banchetti era soprannominato "Cardinal Lucullo": infatti aveva stanziato 20 ducati al giorno da spendere per il cibo, una somma che oggi corrisponde a oltre 500 franchi.

Grazie a questi fondi, Martino ebbe la possibilità di sbizzarrirsi e proprio a quegli anni data la stesura dei primi manoscritti che daranno vita alla sua opera, che diverrà una vera e propria bibbia gastronomica dell’epoca. Alla fine Martino tornò a Milano, al servizio di Gian Giacomo Trivulzio, dove concluse la sua carriera.

Il ‘Libro de Arte Coquinaria’ condensa, in 65 fogli non numerati e scritti in lingua volgare, la sua arte. Le prime note risalgono al 1456, le ultime al 1467.

Nel frontespizio si legge: "Composto per lo egregio Maestro Martino Coquo del Reverendissimo Monsignor Camorlengo et patriarcha de Aquileia".

Uno dei principali elementi distintivi dei suoi piatti è il recupero del gusto originale delle materie prime, evitando l'abuso di spezie, com'era d'abitudine nella tradizione medioevale. Lo stile è preciso, dettagliato e immediato, e Martino suggerisce anche delle "varianti" ad alcuni ingredienti, nel caso non fossero reperibili.

Nel De Arte Coquinaria, Martino rivela come preparare polpette, finanziera piemontese, mostarda vicentina… e molte altre leccornie. Proprio a lui si deve la prima menzione delle polpette. Inventò anche nuovi utensili da cucina, introdusse raccomandazioni igieniche, e diede le prime indicazioni sul servizio, sui metodi di cottura e su come apparecchiare la tavola.

Elemento caratteristico di Maestro Martino è la sua usanza di contare i tempi di cottura in Pater Noster o Miserere, valido espediente perché anche il popolino potesse regolarsi sulla giusta cottura tramite le preghiere. “Et un’altra volta lo lassarai bollire per spatio quanto diresti un miserere”, oppure: “Et lassali bollire per spatio de doi paternostri”, “Per fare ova tuffate con la sua cortece (ndr: uova sode), et falle bollire per spatio d’un paternostro o un  poco più, et cavale fore”.

emmebi

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