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17.06.2018 - 17:550
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Storia di un "supsiano". Dai banchi alla cattedra, da studente a insegnante: "Nel mio lavoro, che mi è emoziona, contano molto anche creatività e curiosità"

Intervista ad Andrea Huber, che è entrato in SUPSI da studente, e oggi è docente-ricercatore presso il Centro competenze inno3

MANNO - Andrea Huber, classe 1981, ha conseguito inizialmente un Bachelor in Economia aziendale SUPSI e, successivamente, un Master of Science SUPSI in Business Administration con approfondimento in gestione dell’innovazione. Attualmente la sua funzione è quella di Docente-ricercatore presso il Centro competenze inno3 della SUPSI.

 

Quale percorso di formazione ha frequentato in SUPSI?

“Mi piace definirmi un “supsiano” in quanto ho volto il mio percorso di studi, e fino a questo momento anche la mia carriera lavorativa, in SUPSI. In qualità di studente, ho conseguito nel 2006 il Bachelor in Economia aziendale, anche se all’epoca non era così denominato in quanto antecedente la riforma di Bologna, ed in seguito il Master of Science SUPSI in Business Administration con approfondimento in gestione dell’innovazione. Nel ruolo di collaboratore SUPSI, la mia prima mansione è stata quella di Assistente, attività che ho svolto mentre frequentavo il percorso Master e, al termine degli studi, sono passato al ruolo di Collaboratore scientifico presso il Centro competenze inno3 della SUPSI, diventando dopo alcuni anni Docente-ricercatore, la mia attuale funzione. In definitiva, mi sono ritrovato “dall’altra parte” del banco, passando da studente a docente”.

 

Di che cosa si occupa professionalmente e a che cosa le piace dedicarsi nel tempo libero?

“Da una decina di anni lavoro sui temi legati all’innovazione, all’imprenditorialità e alla gestione strategica, sia nell’ambito della formazione sia nelle attività di ricerca e servizio alle imprese e al territorio. Mi reputo un economista aziendale un po’ atipico in quanto con il trascorrere degli anni mi sono sempre più “allontanato” dal mondo dell’impresa per analizzare i vari fenomeni sotto una prospettiva più mesoeconomica, vale a dire a livello territoriale e regionale. In passato, ad esempio, ho condotto degli studi strategici per alcune regioni del Canton Ticino, così come alla valutazione della Legge per l’innovazione economica, che poi ha portato ai lavori di revisione della stessa e all’introduzione di quella nuova nel 2015. Attualmente mi sto occupando di un progetto legato ad un polo tecnologico dell’aviazione nella Riviera e di un progetto di valorizzazione di tutta la sponda destra del Bellinzonese. A livello più internazionale, faccio parte del team svizzero del progetto Global Entrepreneurship Monitor, lo studio maggiormente riconosciuto al mondo sul fenomeno dell’imprenditorialità, che comprende oltre 100 Paesi. Il lavoro che svolgo mi emoziona e appassiona. Oltre alle competenze più specifiche e tecniche, ci vuole anche una bella dose di creatività e curiosità, senza trascurare tuttavia l’approccio scientifico e metodologico.

Nel tempo libero mi piace andare a correre. Cerco infatti di correre una maratona all’anno (42,195 km). Spesso mi capita di andare a correre la mattina presto prima di iniziare a lavorare. La corsa mi aiuta anche per le attività lavorative, in quanto sovente rifletto sui miei progetti di ricerca oppure sui contenuti della lezione. Mi rendo conto che nel tempo libero bisognerebbe staccare dal lavoro, ma la nostra attività non sempre te lo permette. Non di rado mi capita anche di stuzzicare gli amici parlando dei miei progetti, perché potrebbero fornirmi qualche spunto interessante”.

 

Ci racconti un aneddoto che ricorda con piacere del suo percorso di formazione trascorso in SUPSI.

“Quando frequentavo il Master ho subito un po’ la pressione dei miei compagni in quanto, essendo ai tempi anche Assistente alla SUPSI, davano per scontato che io fossi più informato e preparato sulle varie materie. Spesso, infatti, fungevo da fulcro in caso di bisogno. Tuttavia, ero ancora “alle prime armi” e all’inizio della mia carriera, con relativamente poca esperienza sul campo e, quindi, mi sentivo esattamente come i miei compagni: né più né meno. Avendo come docenti alcuni miei colleghi, mi premeva però fare bella figura. Tant’è che ricordo ancora oggi che, in uno degli ultimi esami sostenuti, dove il docente era il mio attuale diretto superiore, per la tensione che avevo ho dimenticato di rispondere ad una domanda. Quando mi ha riconsegnato l’esame è stato un momento imbarazzante. Per fortuna avevo risposto bene alle altre domande. Oggi sorrido ripensando a quel momento”.

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