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Cronaca
07.06.2013 - 15:180
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Attivissimo: "Con Facebook e Google gli americani ci hanno schedati tutti: questa è la realtà"

Intervista con l'esperto informatico che svela i retroscena dello scandalo Prism, la più grande intercettazione di massa preventiva della storia dell'umanità: "È ora che gli utenti si sveglino: che i governi giochino pulito è solo mitologia"

di Andrea Leoni

WASHINGTON/LUGANO - "Inquietante: benvenuti nella realtà". È uno dei tanti titoli possibili dello scandalo che sta scuotendo nel profondo la democrazia degli Stati Uniti e mettendo i brividi al resto del Mondo. Le parole sono dell'esperto informatico Paolo Attivissimo.

I fatti: il Washington Post ha rivelato che il governo americano ha accesso diretto ai server dei giganti del web attraverso il programma segreto Prism. Ovvero, una schedatura di massa, la più grande della storia dell'umanità, messa in atto dall'FBI e dalla National intelligence attraverso i dati degli utenti raccolti da Microsoft, Google, Facebook, Skype, Yahoo, Apple e molti altri. Questa notizia segue quella appena rivelata dal Guardian sulle utenze Verizon intercettate dall’intelligence statunitense.

Il direttore della National intelligence James Clapper ha sostanzialmente confermato lo scoop del Post. Precisando tuttavia che ad essere stati schedati sono principalmente cittadini che vivono al di fuori degli Stati Uniti. Anche noi, insomma. 

Il presidente Barack Obama è nella bufera. A metterlo sotto accusa soprattutto i giornali più vicini ai democratici. L'Huffington Post ha addirittura paragonato l'attuale inquilino della Casa Bianca al suo predecessore George W Bush. Mentre il New York Times ha sentenziato: "L'amministrazione Obama ha perso ogni credibilità".

Paolo Attivissimo come leggere questa brutta storia?
"La vicenda era sospettata da tempo, ora ci sono le conferme. Non solo quelle giornalistiche ma anche delle autorità direttamente coinvolte. Loro dicono che è legale. Un'affermazione che mi lascia un po' stupito: non si può certo dire che una sorveglianza così capillare di milioni e milioni di persone non ponga dei problemi legali e democratici. Mettiamola così: chi pensava che internet fosse gestito in modo pulito e democratico è servito. D'altra parte quando c'è di mezzo l'interesse nazionale e l'anti terrorismo, sappiamo benissimo che le leggi di qualunque Paese del Mondo si piegano".

Negli Stati Uniti, però, sta scoppiando il finimondo.
"Certo, perché sappiamo quanto gli americani sono sensibili a temi come il diritto alla privacy o i diritti civili, ma questo problema più che gli americani riguarda noi. La National Security ha assicurato che per i cittadini statunitensi esiste un filtro per escluderli dal monitoraggio di massa e "minimizzare", è stato usato questo termine, la violazione della privacy.   Su ciascuno di noi, che non abbiamo il passaporto a stelle e strisce, pende invece una spada di Damocle. Ora sappiamo con certezza che tutto quello che abbiamo fatto su Google, Facebook, Skype, Microsoft, eccetera, è registrato e conservato in qualche immenso archivio americano. E per tutto, intendo, proprio tutto. Quello che abbiamo scritto, le nostre e-mail, i nostri pensieri, i nostri gusti, le nostre conversazioni, e poi foto, video, musica…tutto, insomma. Dati che potranno essere utilizzati in qualunque modo o meno, e comunque a nostra insaputa. Ma al di là della violazione della privacy del singolo, si pongono anche altri problemi politici ed economici. Faccio un paio di esempi".

Prego
"Mettiamo che un giorno ci sia un giovane politico europeo emergente che non piace alla CIA o all'FBI, avranno gioco facile a screditarlo pescando dal suo dossier e facendo circolare questa o quella storia, questa o quella tresca. Oppure facciamo caso che un'azienda utilizzi un qualsiasi servizio delle piattaforme controllate, ad esempio l'agenda di Google: l’intelligence potrà adoperarsi per fare dello spionaggio commerciale, per favorire le aziende americane nelle trattive, e via di questo passo".

Insomma aveva ragione chi diceva che Facebook non era altro che un'enorme schedatura di massa.
"È il segreto di Pulcinella. Che Facebook usasse i dati dei profili per questioni commerciali era già cosa nota. Ora sappiamo che ci sono anche ragioni politiche. Naturalmente poi sul piatto della bilancia non vanno dimenticate le ragioni, anche positive, che spingono un Stato a utilizzare questi sistemi. Ad esempio le indagini sul terrorismo. Il caso di Boston, in questo senso, è emblematico. La schedatura online dei soggetti ha permesso di identificarli immediatamente".

Che cosa insegna agli utenti "normali" questa vicenda?
"Una cosa fondamentale: questa storia ricorda agli utenti che devono imparare a capire quali sono le regole del gioco. Che i governi giochino pulito è solo mitologia. È ora di aprire gli occhi. E, ad esempio, non condividere sui social network opinioni politiche, orientamenti religiosi o sessuali, materiale privato, fatti intimi. Inoltre, per chi vuole dedicarci un po' di impegno, potrebbe essere l'occasione per imparare alcuni trucchi per rendere meno tracciabili le attività online".

Secondo lei, dopo questa vicenda, cambierà l'approccio degli utenti?
"Temo che non cambierà nulla. Gli utenti sono già molto disinvolti e pronti a condividere ogni cosa. Una volta superato lo shock tornerà tutto come prima".  

In questa vicenda è ancora da chiarire il grado di complicità delle varie aziende coinvolte.   
"La complicità è quasi obbligatoria. Non dimentichiamo che Google, Microsoft, Facebook, e le altre, sono tutte multinazionali americane. Le pressioni che il Governo fa su queste aziende sono molto forti. Inoltre se le società si adeguano vengono pagate profumatamente. E allora che fare: mettersi contro il Governo degli Stati Uniti oppure incassare un sacco di soldi e collaborare? La risposte è semplice". 

Oggi parliamo del Governo americano perché è esploso il caso. Ma c'è da pensare che altri Governi, compreso il nostro, non agiscano in maniera diversa.
"Direi di sì. Da quello che mi risulta, anche attraverso le informazioni fornite da Wikileaks, è abbastanza chiaro che tutti i Governi che possono farlo sfruttano questo tipo di "opportunità", ovviamente imbavagliando i provider in modo che queste notizie non diventino pubbliche. È dunque prudente non fidarsi di nessuno, in questi casi". 

Diceva prima che gli americani hanno voluto precisare che ad essere spiati sono i cittadini non americani. Perché allora i governi degli altri Paesi non protestano per la privacy violata dei loro cittadini? Sono complici?
"Forse non sono complici ma sanno che potrebbero beneficiare anche loro di quelle informazioni. In caso di un attacco terroristico, ad esempio, potrebbero chiedere agli americani: voi cosa sapete? Diciamo che è un ricatto psicologico sottile, che fa in modo che nessuno protesti per quanto è successo". 

Il presidente Barack Obama intanto è nella bufera...
"È normale che sia così. Stiamo parlando della più grande intercettazione di massa preventiva che sia mai avvenuta nella Storia. Il destino di Obama, in ogni caso, dipende da come lui saprà spiegare la situazione. Potrebbe anche uscirne indenne. Potrebbe dire agli americani: ragazzi, fatevene una ragione, per proteggere la Nazione è necessario fare questo, ed è una versione light rispetto a quella che potrebbero attuare i repubblicani se fossero al potere. È chiaro che la credibilità di un Governo, dopo fatti del genere, è ai minimi termini: chi, dopo quanto è emerso, si fiderebbe delle rassicurazioni sul fatto che i cittadini americani sono più tutelati, ad esempio? Sarà interessantissimo seguire l'evoluzione dei fatti. Vedremo come andrà a finire. Per ora c'è solo un punto fermo: indietro non si torna".

Dobbiamo rassegnarci al Gran Fratello.
"Sì, siamo nel Grande Fratello. Ma in qualche modo lo siamo sempre stati. Oggi sappiamo che è più facile intercettare le persone e che tutta la nostra vita online è ben schedata. Dobbiamo imparare a convivere con questa situazione. Ma il punto centrale è un altro: magari del governo di oggi ci possiamo anche fidare, possiamo addirittura accettare che si faccia uso di questo genere di sistemi per proteggere le nazioni, ma chi ci dice che tra 40 anni sarà lo stesso? Che tipo di governi avremo? Chi sarà chiamato a gestire questa enorme banca dati, con quali regole e con quale sorveglianza? Alcuni governi, penso in particolar modo alla Cina, bloccano Facebook, Google, Windows, non solo per avere il controllo assoluto e soffocare ogni tipo di opposizione, ma pure per non passare al governo americano informazioni preziosissime sui propri cittadini e le proprie aziende. In sostanza non vogliono che gli americani si infiltrino nel loro sistema".

Per concludere. Questa vicenda può far leggere sotto un'altra luce anche quella di Jullian Assange e del suo Wikileaks. 
"Non c'è dubbio. Si ripropone con ancora più forza la domanda: Assange è un sovversivo o un benefattore?  E ancora: perché se Wikileaks svela i piani segreti di un Paese diventa un nemico dello Stato, e se invece lo fa il Washington Post o il Guardian, come in questo caso, è giornalismo? Ma soprattutto: da questo momento in poi se un giornalista approfondirà e svelerà l’evoluzione di queste trame diventerà un nemico del suo Paese? È una delle domande cruciali dei prossimi anni”.

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