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Arginiamo la crescita della logica "usa e getta" nel mercato del lavoro
Purtroppo il fenomeno è in diffusione in settori nei quali non vi è una preminente necessità di flessibilità temporale, ma piuttosto un interesse ad un forte turn over di personale

L'attività lavorativa svolta tramite il prestito di personale ha assunto una crescente importanza negli ultimi anni. Con l'avvento della libera circolazione delle persone, tale dinamica ha conosciuto un'ulteriore spinta al rialzo grazie alla possibilità quasi illimitata di collocare frontalieri. Il prestito di personale contribuisce tuttavia a modificare radicalmente i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore con ripercussioni importanti in relazione alle assicurazioni sociali, alle prestazioni sociali e in generale sull’intero tessuto economico.

In un rapporto pubblicato nel 2008, la SECO conclude che la protezione dei lavoratori rimane comunque buona e garantita. In realtà, una differenza fondamentale tra un contratto a prestito e uno normale consiste nei termini di disdetta, molto più brevi rispetto a quelli minimi indicati nel Codice delle obbligazioni. Infatti, nei primi tre mesi di prestito il termine di preavviso per la disdetta è di soli due giorni e dal quarto al sesto mese è di sette giorni; mentre nel Codice delle obbligazioni superato il periodo di prova, il preavviso è di almeno un mese.

Tutta una questione di flessibilità e agilità concessa, e necessaria, al datore di lavoro. Nella logica, chi fa capo a personale in prestito richiede manodopera in tempi rapidi e per un periodo limitato. Ad esempio per fare fronte a un picco di ordinazioni e di produzione, oppure per sostituire improvvise partenze o ancora per fare fronte a impreviste attività amministrative. Nella pratica, purtroppo, il fenomeno è in diffusione in settori nei quali non vi è una preminente necessità di flessibilità temporale, ma piuttosto un interesse ad un forte turn over di personale. Si perde totalmente il legame tra datore di lavoro e impiegato.

Quali conseguenze? L’espansione del lavoro a prestito ha effetti diretti sull'assicurazione disoccupazione che funge spesso da "cassa di compensazione" per i periodi di inattività. Malgrado l’esistenza di contratti collettivi la precarietà del salario, e la quasi totale assenza di continuità, alimentano il numero di working poors. In aggiunta non dimentichiamo che i lavoratori attivi nel mondo del lavoro temporaneo hanno poche possibilità di pianificare con un minino di certezza finanziaria il proprio futuro personale e famigliare. Questi elementi non possono essere dimenticati.

E’ innegabile che il nostro tessuto economico muta e che la flessibilità nel mondo del lavoro cresca, ma è fondamentale che sia mantenuto un equilibrio stabile tra lavoratori fissi e a prestito. Con il secondo settore che deve restare limitato a reali situazioni particolari.

Nella recente sessione estiva del Consiglio nazionale ho quindi presentato al Consiglio federale un’interpellanza per fare un’analisi globale della situazione a livello nazionale e regionale (http://www.parlament.ch/i/suche/pagine/geschaefte.aspx?gesch_id=20133566). E’ opportuno sapere quante sono negli ultimi dieci anni le ore prestate in Svizzera e nei singoli Cantoni tramite le agenzie private di collocamento. Considerato che il fenomeno è in crescita occorre chiedersi quali sono i fattori che lo stimolano. E’ fondamentale che le Autorità federali e cantonali valutino i pericoli di squilibri strutturali, attuali o futuri, sia nel mercato del lavoro sia nella socialità.

 

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