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Politica e Potere
06.12.2013 - 16:030
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Mauro Dell'Ambrogio prende a schiaffi la Lega: "È la fine dell'inganno permanente"

Il segretario di Stato si scaglia contro via Monte Boglia: "Forza e carisma di un capo sublimano l’imbroglio, ne prolungano la durata, ma non oltre la sua scomparsa"

BELLINZONA - Negli ultimi giorni il suo nome è stato discretamente chiacchierato per la successione di Dino Balestra. Si mormorava che potesse essere lui il coniglio dal cilindro dell'ultimo momento per la direzione della RSI. Così, non è stato, come sappiamo. 

Altri chiacchieroni dei corridoi della politica fanno il suo nome - pazza, forse troppo pazza idea - per la prossima lista PLR per il Consiglio di Stato. D'altra parte Mauro Dell'Ambrogio, detto Mega, nella sua carriera lavorativa e politica ha fatto un po' di tutto, ricoprendo diversi incarichi di responsabilità e prestigio. Come quello attuale: segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione.

In attesa di capire se e quando, e per fare cosa, tornerà in Ticino, Dell'Ambrogio ha deciso di fare una "scampagnata" nell'arena politica. "Fine dell'inganno", è il titolo di un articolo che Mega ha firmato sull'edizione odierna del settimanale del suo partito Opinione Liberale. Nel pezzo, Dall'Ambrogio, penna in spalla, tratteggia il suo personale e spietato ritratto della Lega.

Di seguito, pubblichiamo integralmente l'articolo, riassunto in capitoli, apparso sulla prima pagina di OL.
 
"L'inganno perenne"
  
La Lega ha costruito il suo successo in Ticino su un inganno permanente, il cui ideatore è morto prima che di­ventasse evidente a tutti. L’in­gan­no consiste nel far credere che si possono ridurre le imposte, aumentare le prestazioni sociali, e che ba­sta ridurre l’apparato dello Stato per quadrare i conti. Con questi ar­gomenti è facile conquistare consensi in un popolo che ha secoli di ritardo nella democrazia diretta ri­spetto ad altre parti della Svizzera (così spiegò onestamente Pietro Martinelli già il successo del PSA, a posteriori)".

Il metodo Lega

Con iniziative per meno imposte si ra­strellano consensi nei benestanti e in chi diffida dello Sta­to. Nel settore ideologico opposto, e tra i meno benestanti, il consenso si consegue con i referendum contro ogni freno al­l’aumento dei costi della socialità. E contro gli apparati dello Stato, identificati con la politica di assunzione dei propri fedeli da parte dei partiti tradizionali, è fa­cile – per un movimento politico nuovo che si spaccia per “diverso” – mobilitare il risentimento dei tanti che il favore clientelare non l’hanno ottenuto o non lo vogliono o non lo possono chiedere. 

"La conquista dei cadreghini e l'aumento dei poliziotti di Gobbi"

Ma conquistati i voti e con essi i “ca­dre­ghini” bisogna fare i con­ti con la realtà. Il ministro le­ghista responsabile della sicurezza an­nuncia un au­mento del personale di polizia. Co­me se la polizia non fosse anch’essa parte dell’apparato che il suo partito ha sempre detto di voler ridurre. E come se tale annuncio non legittimasse a fare altrettanto per l’educazione, la sanità, le strade, le mol­te cose necessarie di cui lo Stato si occupa: accanto a qualcun’altra non così necessaria, ma che sul complesso pesa poco. In politica è più efficace fare leva sul caso particolare che essere razionali quantificando. Neppure chiudendo ogni an­no un ufficio cantonale, un posto di polizia e una scuola si riuscirebbe a compensare l’aumento automatico per sussidi di cassa malati e altre ridistribuzioni, il cui freno à sempre stato sabotato dalla Lega".

"Il moltiplicatore di Lugano"

"A Lugano era ovvio che la fusione tra una Città ricca e una periferia dalle risorse fiscali più modeste non avrebbe permesso di mantenere un moltiplicatore basso senza severi risparmi. Mense gratuite, rinuncia alla tassa sui rifiuti e altri lussi da città piccola e ricca si sarebbero potuti estendere alla Grande Lugano solo aumentando il moltiplicatore. Ma era più facile e politicamente redditizio far credere il contrario: come già fare e vincere i referendum sui conducenti della funicolare, tanto per cominciare". 

"Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca"

Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca additavano abilmente all’opinione pubblica di volta in volta un capro espiatorio per far votare di pancia: i progettisti dei forni a griglia, qualche amministratore di casse malati, come se il problema fosse la piccola percentuale che costa l’amministrazione assicurativa e non l’esplosione dei consumi sanitari: favorita anche dalla dispersione dei servizi ospedalieri, altro cavallo della Lega. Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca ora son­o morti e parlarne male non è buona cosa, già perché non possono difendersi. 

"La Lega e il programma italiano"

Ma l’eredità politica in ma­no ai successori è indifendibile, non per difetto di leadership, ma perché contraddittoria fin nelle radici. Forza e carisma di un capo sublimano l’imbroglio, ne prolungano la durata, ma non oltre la sua scomparsa. La dipartita di Berlu­sco­ni dalla scena condanna al ridicolo chi tenta di prolungare il berlusconismo. Per vedere quanto di simile sta accadendo in Ticino basta guardare le stizze di un vicesindaco mancato. La Lega è nata imitando la reazione anti-romana della Lega Lombarda: Berna (o a Bellinzona) come a Ro­ma, tutti ladri o scemi uguali. Visto da Berna in verità il programma politico della Lega è quanto di più italiano ci sia, nel senso degli aspetti negativi della cultura politica di quel paese: meno sono le imposte e meglio è, possibilmente da pagare dagli altri; lo Stato è comunque ladro, e se riduce le prestazioni lo è due volte; i soldi lo Stato li ha, ma i governanti li na­scondono per usarli poi in modi sporchi; cresca pure il debito che qualcuno lo pagherà". 

"Perché sta finendo"

"Ho collaborato per anni con apprezzabili esponenti della Lega, ad esempio nell’AET, spettatori delle bordate e degli sbeffeggiamenti contro le decisioni attribuite dal Nano agli avversari politici da screditare, indifferenti al fatto che le avessero condivise. Al massimo solidali a tu per tu, come a dire “scusaci, ma è fatto così”; e pensando intanto “così ci porta voti, che m’importano più della mia dignità”. Non deve essere stato di­verso in governo e in qualche municipio. Ma questo sta finendo. Non solo perché il Nano non c’è più, ma perché i suoi eredi sono ormai troppi nelle istituzioni per nascondersi dietro agli altri, quando ci sono decisioni o indecisioni da sbeffeggiare la domenica mattina. Con le contraddizioni si fanno voti ma non si governa. E se governano, come tanti leghisti onestamente cercano di fare, si squaglia il carrozzone di risentimenti opposti sul quale fonda la loro fortuna".

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