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22.01.2014 - 17:030
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Bosco Gurin, cento capre ancora a rischio di sfratto: “Se succede saremo costretti a chiudere”

Dopo la presa di posizione del proprietario degli stabili in cui la famiglia Arcioni ha avviato la propria azienda, Laura Arcioni risponde alle accuse e spiega la drammatica situazione in cui si trovano

BOSCO GURIN – Le cento capre della famiglia Arcioni continuano a esser a rischio, ma si trovano ancora nella loro stalla. La polizia, che sarebbe dovuta arrivare lunedì a procedere con lo sfratto, non si è ancora presentata. La situazione rimane perciò precaria.

Laura e Michele, la cui storia è emersa prima con un appello su Facebook e in seguito con un articolo del 16 gennaio di Ticino on line, hanno messo in piedi un’azienda agricola nell’alta Valle Maggia che nei suoi primi dieci anni di vita ha saputo conquistare il mercato grazie ai propri prodotti. Un’azienda locale e sana quindi, che rischia ora di chiudere a causa di lungaggini burocratiche, ‘incomunicabilità’ con i proprietari degli spazi presi in affitto e, come ammette subito Laura anche a Liberatv, qualche errore da parte degli stessi Arcioni.

La famiglia infatti sapeva fin dal 2007 di dover trovare una nuova sistemazione entro i sei anni successivi. Decisero così di avviare le pratiche per costruire una loro stalla, ma l’iter burocratico con la Sezione dell’agricoltura si è trascinato fino a pochi mesi fa. Laura spiega infatti che prima di poter inviare la domanda di licenzia edilizia, era necessario capire quali sarebbero stati i costi della nuova stalla e il budget finanziario su cui potevano contare grazie all’aiuto del cantone. Risposta che, dal 2007, è giunta solo nel settembre scorso, allungando notevolmente i tempi e portando alla situazione attuale, con gli Arcione che, come da accordi, devono abbandonare gli spazi attualmente occupati, ma con i nuovi che rimangono nulla più di un abbozzo su carta.

Per questo i due giovani si sono rivolti alla rete e ai media per lanciare il loro appello alle autorità, a tutti quanti hanno a cuore l’agricoltura e soprattutto “anche al proprietario del nostro stabile attuale, affinché metta una mano sul cuore e ci dia qualche mese in più per potere restare”, dichiarava Laura a Tio.

E il can-can mediatico che si è levato dopo questo primo appello è stato grande: molte le prese di posizione in favore della piccola azienda come quella di Giovanni Berardi, Presidente di Agrifutura, che arrivava a promettere un presidio in difesa dell’attività o il caustico comunicato stampa dei Verdi del Locarnese in cui si scagliano contro una burocrazia a ‘comparti stagni’ incapace di capire e farsi capire dalle persone (vedi articolo allegato). E molte pure le testimonianze di solidarietà arrivate dai singoli cittadini, che si sono anche proposti di mettere a disposizione le proprie stalle, nessuna immediatamente agibile però stando a quanto hanno spiegato i due agricoltori.

Il comunicato dei proprietari

Alle prese di posizione si è poi aggiunta ieri, martedì 21, quella di Peter Hess, il proprietario dello stabile. “I fatti interessano due procedure separate: il ripristino di una rimessa trasformata abusivamente in stalla per capre nell’autunno 2010 e la scadenza del contratto di affitto (e non sfratto) della stalla l’11.11 2012”, spiega nella nota. E al momento, aggiunge, “l’esecutività riguarda unicamente la prima procedura”.

Per quanto riguarda invece la fine del contratto d’affitto, “la disdetta è stata legittimata dalle istanze giudiziarie preposte. Nel 2007 i locatori hanno notificato all’affittuario la disdetta anticipata del contratto di affitto agricolo per motivi gravi. La scadenza definitiva e senza possibilità di proroga era stabilita per l’11.11.2012. Il signor Michele Arcioni era a conoscenza fin dal 2007 che entro il 2012 avrebbe dovuto trovare una soluzione alternativa”.

Tuttavia, continua, “il signor Michele Arcioni ha chiesto una proroga di locazione. La famiglia Hess-Sartori ha quindi subordinato l’eventuale entrata in materia rispetto ad una proroga del contratto di locazione fino al 31.12.2014 ad alcune condizioni inderogabili. Il signor Michele Arcioni ha semplicemente ignorato l’offerta della famiglia Hess-Sartori. I proprietari ritengono di aver atteso a sufficienza e di aver tentato nell’arco di questi anni tutte le strade legalmente percorribili per una soluzione equa”.

La risposta della famiglia Arcioni

Letta la presa di posizione dei proprietari, abbiamo contattato la famiglia Arcioni. A rispondere al telefono è Laura a cui abbiamo chiesto un commento su quanto scritto nel proprio comunicato stampa dalla famiglia Hess-Sartori. “Dal nostro punto di vista, vengono dette sostanzialmente le stesse cose che abbiamo detto noi. La differenza è che il signor Hess le ha dette in avvocatese, noi in contadinese”.

Veniamo quindi ai motivi dello sfratto: l’aver trasformato abusivamente, nell’autunno 2010, una rimessa in stalla per capre. “È vero, la trasformazione è stata fatta e senza chiedere nulla. Questo è stato un nostro errore e ne eravamo, e siamo, consapevoli, l’abbiamo ammesso fin da subito. Ma dal momento che ce ne andremo, riconsegneremo lo stabile come era originariamente: non abbiamo apportato nessuna modifica irreversibile”.

Laura spiega poi il perché della modifica che sapevano abusiva: quell’anno, al momento di salire all’alpe, per poter garantire la consueta produzione di forme di formaggio, gli Arcioni hanno dovuto acquistare delle loro capre. E al rientro, la scelta ‘obbligata’ è stata quella di costruire una stalla provvisoria chiudendo il porticato della rimessa, soluzione che, spiega, è stata anche sottoposta al veterinario che ne ha dichiarato l’agibilità. Altre vie non c’erano: “Le molte stallette nella zona sono tutte piccole e non a norma. Abbiamo modificato la rimessa senza chiedere nulla ai proprietari, abbiamo sbagliato, ma pensavamo di fare domanda retroattiva. La cosa in più doveva esser transitoria, perché sapevamo che a breve avremmo costruito la nostra stalla”.

Mentre del secondo punto del comunicato, quello riguardante la proposta della concessione di una proroga del contratto fino a fine 2014 a patto di ‘condizioni inderogabili, proposta che i proprietari sostengono sia stata semplicemente ignorata dagli Arcioni, Laura preferisce non parlare: “Dirò solo che le condizioni erano tali che il nostro avvocato ci ha sconsigliato di accettarle. Anche per questo abbiamo preferito non nominare nemmeno l’accordo, perché non vogliamo puntare il dito contro nessuno. Abbiamo lanciato il nostro appello solo per chiedere aiuto e nel farlo siamo stati trasparenti fin da subito sui nostri errori. A noi interessa trovare una soluzione, perché altrimenti saremo costretti a dover chiudere l’attività e senza più entrate ci ritroveremo senza un tetto”.

Tetto che per il momento le cento capre hanno ancora, ma fino a quando? “Molti ci dicono che forse prima di eseguire l’ordine di sfratto, si aspetterà che il can-can mediatico si plachi. Non sappiamo quindi quando succederà. Anche perché la polizia non è obbligata a dire in che giorno verranno. Quello che abbiamo capito è che probabilmente smonteranno la parte abusiva della stalla. Dopo di che il mantenimento degli animali non sarà più a norma e partirà una denuncia per maltrattamento e se non avremo trovato una soluzione, le capre verranno portate vie e non so dove finiranno. Il problema è che rapidamente altre soluzioni non se ne trovano: le stallette nelle vicinanze non sono a norma, potrebbero andare bene magari per l’inventario, ma certamente non per gli animali”.

E per renderle agibili servirebbero “tempo e soprattutto denaro che vorremmo investire nella nostra di stalla”. Altra soluzione sarebbe spostarsi, “ma – risponde Laura – il nostro mercato ora è qui, vorrebbe dire ricominciare tutto da capo. Qui si sta parlando di animali e persone che vivono della natura in cui si trovano, non è semplice spostarsi. Dovremmo rifare tutto. Per cosa poi mi chiedo io? Capirei se i proprietari volessero ricominciare a fare i contadini, ma da quel che ne so, questa stalla rimarrà vuota”.

Per l’attività della famiglia Arcioni perciò l’unico fattore che potrebbe portare a qualcosa è un intervento esterno “perché ormai con il proprietario non si comunica più. E abbiamo certo le nostre colpe, ma le abbiamo sempre ammesse. Noi ci abbiamo messo la faccia da subito in questa storia, ma ora è tempo che ce la mettano tutti quelli che sono coinvolti. Anche gli uffici cantonali sapevano della situazione: nel 2007, quando abbiamo cominciato le pratiche, abbiamo subito detto di aver bisogno urgentemente della nuova stalla data la situazione in cui eravamo”.

La soluzione migliore e in cui continuano a sperare, come spiega infine Laura, “sarebbe riuscire ad arrivare fino a giugno quando si carica l’alpe, lì poi avremo tutto il tempo di valutare altre soluzioni per lo sverno, magari ridimensionando il numero di capre e trovare così il modo di continuare l’attività. L’ideale sarebbe riuscire a costruire la nostra stalla senza ritrovarsi in condizioni sfavorevoli, ma una soluzione di transizione sarà necessaria”.

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