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Cronaca
29.03.2014 - 19:340
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Ceruso: "Annettere la Sardegna alla Svizzera? Sarebbe fantastico. E la reazione dei ticinesi mi ha riempito di orgoglio"

L’ex vice segretario dell’OCST, che lasciò la Sardegna per il Ticino, commenta la richiesta di annessione: “Una provocazione, ma con anche un senso politico”

LUGANO – La proposta di annettere la Sardegna alla Svizzera e farne il ventisettesimo cantone tiene banco ormai da qualche tempo (vedi articolo allegato). Sarà che l’iniziativa è certamente curiosa, sarà anche che dietro a una apparente goliardia nasconde contenuti molto più profondi e ragionati di quanto si possa pensare a prima vista, ma l’iniziativa sta avendo davvero una grande eco, ben oltre i confini nazionali ed elvetici: del “cantone marittimo”, stando alla rassegna stampa del ‘movimento’, si è parlato perfino in Russia.

Abbiamo quindi chiesto a Nando Ceruso, ex vice segretario dell’OCST, che nel ’64 lasciò la Sardegna e giunse in Ticino per lavorare alla Monteforno, cosa ne pensa dei ‘moti secessionisti’ che stanno attraversando il suo paese di origine.

Raggiunto al telefono, sorridendo, Ceruso conferma subito di esserne al corrente: “Ne ho seguito l’evoluzione, dalla pagina Facebook fino alla raccolta firme. È una trovata davvero simpatica”

Per cominciare, mi dica, lei ha firmato per l’annessione?
“Francamente no. Mi ha incuriosito certo, ho letto le notizie e gli approfondimenti che sono stati fatti a riguardo, ma non sono andato oltre”.

Cosa pensa della proposta?
“Anche se non so quanto possa servire concretamente, certamente fa sorridere, è una simpatica provocazione che ha però anche un senso politico e lascia intravvedere qual è lo stato d’animo dei sardi. Personalmente poi c’è un punto che ho trovato particolarmente simpatico e che mi ha fatto molto piacere”

Mi dica.
“Sono gli umori della controparte che, personalmente o leggendo i commenti in rete, ho potuto sondare. Questo è un aspetto che mi ha riempito di gioia, perché non c’è stato un rifiuto, un rigetto categorico all’idea che i sardi vogliano far parte della svizzera. Le reazioni che ho potuto vedere sono anzi di svizzeri che si sono incuriositi e che accetterebbero di buon grado l’annessione. E non è scontato. Tempo fa una provocazione simile è arrivata dalla Lombardia e la reazione dei ticinesi era stata fortemente contraria. Qui invece ho assisto a un “perché no?” e questo mi ha fatto provare un gran senso di orgoglio a me che ho le mie radici sarde e che sono svizzero d’adozione, perché questo sentimento possibilista nei confronti dell’annessione lo vedo come un segno che la Svizzera abbia apprezzato l’opera e il lavoro che i sardi hanno svolto in questo paese”.

Si tratta di fantapolitica certo, ma concretamente invece cosa pensa di questa iniziativa?
“È una proposta certamente simpatica, ma profondamente utopica. Denota però un certo malessere ormai sempre più diffuso in Sardegna e il distacco nei confronti dello Stato centrale, che, non dimentichiamolo, ha responsabilità gravissime verso questa terra. I sardi hanno in qualche modo reagito a questa situazione e hanno trovato un modo molto curioso per farlo. Anche se è evidentemente utopistico pensare che possa esserci una vera annessione, rimane però un’iniziativa simpatica e abbastanza provocatoria. Provocazione che, trovo, i sardi abbiano tutto il diritto di portare avanti non solo contro Roma, ma contro i loro stessi governanti. La Sardegna non ha una classe politica dirigente come si dovrebbe, si è dimostrata spesso incapace di difenderne gli interessi e per questo non è nemmeno riconosciuta. Basti pensare che alle ultime elezioni il 50% dei sardi non è nemmeno andato a votare”

Questo distacco, questo scollamento nei confronti dello Stato centrale è un sentimento che se è presente storicamente nella popolazione sarda, sembra ora diverso e più forte.
“Lo scollamento di ora verso lo stato centrale e le istituzioni è molto più ragionato. Il sardo ha oggi capacità di valutazione superiori rispetto a quelle di 50 anni fa e il suo giudizio è molto più severo. E a ragione! Il disagio in Sardegna è palpabile, la disoccupazione giovanile è a livelli pazzeschi, ben superiore a quelli nazionali, per non parlare di tutti i sardi emigrati. Come si fa a tenere una regione con una ricchezza di patrimonio non solo territoriale, ricca di risorse naturali e minerario, ma anche con strutture, porti importanti così? Completamente in ginocchio? Avrebbe grandi possibilità per poter instaurare un’economia sana, ma non succede. Perché purtroppo né lo stato Italiano né la classe politica della regione raccolgono questo malessere o sanno andargli incontro. Capisco quindi questo tipo di reazioni e anzi mi stupisco di questa forma di ribellione in chiave moderna e che non ce ne siano invece di più forti e più violente”.

Ribellioni che, mi sembra di capire, teme abbiano i presupposti per innescarsi.
“Fintanto che le reazioni sono di questa natura è ancora ragionevole. Speriamo che i sardi non perdano del tutto la pazienza e abbiano reazioni di tipo più rivoluzionario, perché sarebbero anche comprensibili. E le ribellioni già da tempo si avvertono. C’è un grande fermento in Sardegna dovuto al malessere interno. Ci sono già stati motti e proteste in tutta l’isola vuoi in seguito alla chiusura di stabilimenti importanti, vuoi quando con direttive e scelte scellerato hanno tagliato le gambe ai pastori, una parte fondamentale e vitale dell’economia sarda. In questo caso si è assistito una vera e propria insurrezione popolare. A meno che questa giunta, ma ci credo poco, non dimostri di essere in grado di voler fare il miracolo e creare i presupposti per una ripresa, penso che i sardi potrebbero avere altro tipo di reazioni pur di uscire da questa situazione di isolamento”.

Torniamo nel mondo del fantastico, immaginando possa essere realizzato, come vede questo “cantone marittimo”?
“Se l’annessione fosse praticabile, sarebbe bellissima. Si rinvigorirebbero quei legami diretti che la Sardegna ha avuto con la Svizzera dall’800 in poi. Legami secolari che ritornerebbero in chiave moderna. I due paesi sono profondamente legati storicamente, molti sardi hanno preso parte nella costruzione delle grandi opere e ancora oggi, anche se sono sì di seconda o terza generazione, molti vivono nel territorio elvetico. Sarebbe certamente interessante. E aggiungerebbe un valore importante alla Svizzera e non solo per il bel mare ma anche per il suo popolo, per nulla facinoroso come si crede e anzi molto operoso e con valori enormi sul piano culturale, istituzionale, professionale e sociale. Valori molto vicini a quelli svizzeri. Sarebbe un cantone operoso quanto il resto della Confederazione, perché c’è un profondo attaccamento allo Stato e al senso del dovere. D’altra parte però una vera annessione, oltre che per gli aspetti pratici, non penso sia in un certo senso auspicabile, perché per quanto bella sotto certi aspetti, vorrebbe comunque dire rinnegare la storia della Sardegna e le sue radici italiane”.

ibi

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