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Cronaca
29.06.2014 - 08:400
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

I tentacoli della piovra si spostano sui paesini a ridosso della frontiera: “Meno polizia e maggiore controllo sociale”

Lo conferma il primo rapporto trimestrale dell’Osservatorio della criminalità organizzata dell'Università di Milano: “È nei piccoli Comuni che si costruisce la capacità di controllo del territorio e il condizionamento delle pubbliche amministrazioni”

MILANO – Il mondo cambia, asserzione tanto banale quanto vera, e con lui cambiano anche le mafie. La “piovra” è passata dall’estendere i suoi tentacoli sui grandi paesi dell’hinterland milanese alle piccole realtà della province lombardo-piemontesi, proprio alle porte del Ticino.

È quanto rivela il primo rapporto trimestrale, pubblicato oggi dal Caffè, dell’Osservatorio della criminalità organizzata dell'Università di Milano, coordinato dal sociologo Nando Dalla Chiesa, che si basa su fonti giudiziarie arrivando anche a calcolare “l’indice di mafiosità” dei piccoli Comuni. Rapporto che conferma così, nuovamente, l’allarme lanciato qualche settimana fa dall’Ufficio federale di Polizia (vedi allegato).

Le famiglie della ‘ndrangheta si stanno ‘posizionando’ soprattutto nei piccoli paesi a ridosso del confine, a pochi chilometri dal Ticino, questo perché, rileva lo studio, "è soprattutto nei piccoli Comuni che si costruisce la capacità di controllo del territorio, il condizionamento delle pubbliche amministrazioni, il conseguimento di posizioni basilari dell'economia mafiosa”. Strategia che trova conferma anche nelle ultime inchieste, come, ricorda il Caffè, quella che due anni fa portò all’arresto di una ventina di persone appartenenti alla potente cosca calabrese dei Bellocco, svelando che questa aveva anche un uomo di fiducia nel cantone, dove aveva acquistato - sostiene l'accusa - case, terreni e stava cercando di accaparrarsi persino un call center.

Ma quali le ragioni di questo ‘cambio di strategia’? A rispondere è Alessandro De Lisi, direttore del Centro studi sociali contro le mafie con sede a Cermenate, in una casa confiscata proprio alla 'ndrangheta, che al domenicale spiega: “Il problema di fondo è che certe attività tradizionali delle organizzazioni criminali non rendono più”.

Infatti, continua De Lisi, il racket ad esempio, che un tempo era una delle voci più redditizie, per effetto della crisi, negli ultimi due anni, ha visto calare gli introiti dei clan del 70%. Il monopolio dello spaccio di droga invece, sottolinea anche il rapporto dell’antimafia, è ora in mano a gruppi sudamericani, presenti stabilmente nel nord Italia; mentre a tirar le fila della prostituzione è l’Est. E anche l’acquisto di case, locali e altri beni immobili in Italia, altra attività mafiosa, finisce col creare sospetti e le attenzioni della magistratura.

Le mafie hanno visto quindi ridursi il proprio ‘terreno fertile’ e sono quindi costrette a trovare nuovi campi d’azione, e allora il nuovo business criminale è oggi lo strozzinaggio, con cui arrivano poi anche a insediarsi in Svizzera.

Spiega infatti De Lisi: “I clan vanno in soccorso di piccole e medie aziende  e a volte le aiutano anche a delocalizzare in Ticino. Operazione che non deve essere fatta attraverso fideiussioni bancarie o con il riciclaggio che è sempre più nel mirino della Confederazione e sta diventando troppo complicato. Ma, soprattutto, attraverso prestiti che non si possono poi pagare, e l'azienda stessa, quindi, che passa sotto il diretto controllo delle cosche. Creano cosi i loro presidi sul territorio e infiltrandosi in maniera diffusa pure in Svizzera”

Infine, rileva ancora il rapporto dell’Università di Milano, la rotta verso il nord non è più ispirata solo dall'investimento di soldi sporchi, ma dalla necessità di ritrovare il controllo complessivo del territorio. Installare la propria base operativa nei piccoli paesi, significa per le mafie avere la garanzia di una presenza più debole delle forze dell’ordine rispetto ai grandi centri, ma anche una maggiore facilità di infiltrare i propri uomini nei Comuni. “Bastano infatti pochi voti di preferenza e si sviluppano pericolosi bacilli di controllo sociale mafioso”, chiosa De Lisi.

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