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Cronaca
16.09.2014 - 14:020
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

La Scozia e il referendum, il racconto dell’ 'inviato’ Jelmini: “Un popolo fiero, con un grande desiderio di indipendenza”

Il 18 settembre si deciderà l’esito di una votazione, comunque vada, storica. Ma che aria si respira fra gli abitanti della, per ora, seconda più grande nazione del Regno? A raccontarlo è il capogruppo PPD, ‘sul posto’ per le vacanze agli inizi di agosto

LUGANO – È ormai imminente il voto del referendum in Scozia: il 18 settembre i cittadini saranno chiamati alle urne per decidere della loro indipendenza da Londra. Un referendum storico che, qualunque ne sia l’esito, segnerà certamente un punto di svolta in centinaia di anni di rivendicazioni e a cui molti movimenti indipendentisti guardano con interesse.

Le notizie che arrivano dall’Inghilterra vedono configurarsi un testa a testa fra i due schieramenti. A due giorni dal voto, i giochi sembrano essere ancora totalmente aperti, nonostante Londra e il mondo economico minaccino uno scenario catastrofico per la futura Scozia indipendente. Ma che aria si respira fra gli abitanti della, per ora, seconda più grande nazione del Regno Unito? È quanto abbiamo chiesto a Lorenzo Jelmini, inviato speciale e per caso durante le sue due settimane di vacanza in Scozia agli inizi di agosto.

A un mese dal voto, ci racconta, “l’aria era piuttosto tranquilla. Nella stessa situazione, credo che noi lo affronteremmo in modo molto più sanguigno, invece ho trovato che gli scozzesi vivano il referendum in maniera molto pacata. Non abbiamo incontrato grandi manifestazioni o gente che si scaldava nei pub sull’argomento”.

E ad aver colpito Jelmini è anche la linea adottata dai fautori dell’indipendenza, con una scelta per la campagna di voto proprio nel segno di questa pacatezza. “Viaggiando abbiamo incontrato solo cartelli dei sostenitori del referendum. Un semplice ‘YES’ scritto in bianco su sfondo blu, i colori della Scozia. Li abbiamo visti ovunque, ma erano presenti soprattutto nelle zone più rurali. Un simbolo semplice e immediato che ben traduce il desiderio mai sopito di indipendenza del popolo scozzese e la sua fierezza per quello che sono la sua storia e le sue tradizioni”.

E dato che tocchiamo l’argomento dello spirito scozzese, una domanda ‘di colore’ è d’obbligo: gli scozzesi son noti, oltre che per la loro grande fierezza, anche per la loro altrettanto grande tirchieria. E allora, è vero che sono i ‘genovesi’ del Nord? “Devo dire che non abbiamo percepito questo lato da ‘braccine corte’. Anzi abbiamo trovato grande ospitalità”.

Mentre la fierezza, racconta, è dirompente. “Ma positiva. Sono molto orgogliosi di quello che sono la loro storia e il loro territorio. Con lo spirito però di voler render partecipi di quanto loro hanno e a loro piace. L’accoglienza e la disponibilità sono infatti altri due elementi che colpiscono molto. È un paese magnifico, dalla natura spettacolare e molto curato, pulito e ben organizzato. E, contrariamente a quello che si crede, si mangia, e non solo si beve, anche molto bene. Il loro whisky poi è notoriamente il migliore al mondo e sono fieri di quello che producono: le distillerie sono dei veri fiori all’occhiello e sono tenute molto bene”.

Tornando al referendum imminente, Jelmini racconta di aver spesso provato a lanciare la discussione con le persone che incontrava o nei pub e nonostante i pareri discordanti non si creavano mai posizioni fortemente opposte. “Quello che emerge è una voglia comune di indipendenza, poi c’è chi si schiera per quella totale e chi solo per una maggiore autonomia. Insomma c’è curiosità da un lato per questa nuova possibilità che si prospetta ma dall’altro c’è anche un po’ di paura per quali possano essere le ripercussioni o il riconoscere che, pur essendo scozzesi, fanno anche parte della Gran Bretagna. L’Inghilterra non è quindi vista solo come il nemico”.

Altro aspetto ricorrente nelle posizioni dei più dubbiosi è il fatto che comunque alla Scozia sia già stata riconosciuta una parte di autonomia: il Paese ha un suo parlamento che può decidere in maniera indipendente su alcune questioni. E fra le promesse da parte del parlamento inglese per frenare l’ondata di sì al referendum c’è anche la garanzia di concedere maggiore autonomia su altri temi, come quelli economici o legati allo sviluppo. Male che vada quindi, per molti scozzesi, la speranza è che la votazione abbia avuto la giusta presa sullo ‘stato centrale’ portandolo finalmente a capire le loro rivendicazioni e concedere ulteriore autonomia.

Un desiderio presente in tutti tornato in voga, ricorda Jelmini, anche alla luce del benessere ritrovato in Scozia grazie alla presenza di giacimenti di petrolio nel Mare del Nord settentrionale che costituisce circa il 90% della capacità di produzione inglese. Fra i miti da abolire infatti, c’è anche quello di un paese povero. “È certamente in molta parte rurale. Ci sono due grandi città e per il resto del territorio la densità della popolazione è bassissima. Ma oltre alla distilleria e al petrolio, hanno sviluppato anche una fortissima industria turistica a cui tengono molto. Tutto questo, sommato alla passione con cui vivono e valorizzano la loro storia, nonostante tutto quanto, in passato, abbia fatto l’Inghilterra per frenarlo, ha mantenuto vivo e alimentato il loro fortissimo desiderio di indipendenza”.

Un sentimento da cui Jelmini racconta di esser rimasto molto colpito: “Personalmente mi hanno trasmesso questa voglia di mantenere viva la loro identità. E se penso anche agli aspetti negativi dell’imperialismo inglese che nel passato ha sempre tentato di cancellare la storia degli altri popoli, mi è venuta voglia di parteggiare per gli indipendentisti. Forse in maniera un po’ romantica, ma ho comprato le spillette dei referendisti e sono fiero di averle. Da passionario parteggio per il ‘yes’, magari perché è lo spirito ticinese, fiero e contento della nostra autonomia, che emerge”.

ibi

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