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Analisi
10.10.2014 - 07:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

La Libera circolazione e i suoi disastri: il vero colpevole è lo Stato. Senza però che gli altri si sentano innocenti

L'ANALISI - Lo Stato è colpevole, perché ha creato le condizioni perfette affinché ognuno di noi diventasse più egoista, più furbo, più legittimato a fottere il prossimo

di Andrea Leoni

Diciamoci quattro cose senza ipocrisia prima di arrenderci al weekend e alla sue feste sempre più simili a Paradisi artificiali dove rifugiarsi, ingannandoci, per dimenticare, con coscienza o per stoltezza, il Mondo che ci sta cambiando intorno e che mai più sarà come prima. Scurdammoce 'o presente tra una sagra e un carnevale. E intanto Troia brucia!

Negli ultimi tempi, ormai quasi unanimemente - con gli ultimi ritardatari che si sono uniti al gruppo dopo la consueta decade trascorsa tra lezioni smentite e ottuso negazionismo – il coro punta il dito contro le responsabilità del padronato. È loro la colpa principale dei disastri provocati dalla Libera circolazione. Sono loro gli architetti del dumping salariale, gli ingegneri della distruzione del territorio, gli ideologi dell'esplosione del traffico, i terroristi che con le loro autobombe capitalistiche hanno fatto esplodere i servizi sociali in cui trovano riparo i sans papiers della via bilaterale che sfuggono ai registri della disoccupazione. Sono loro insomma i responsabili di questa assurda ricetta che ha arricchito pochi e a ha impoverito molti. E poi è un po' anche colpa nostra, di noi cittadini, che andiamo a fare la spesa in Italia e ci facciamo riparare il cesso dal padroncino.

Non è vero. La colpa principale – senza che gli altri si sentano innocenti - è dello Stato.

E per Stato intendiamo le istituzioni politiche, tutte. I partiti che hanno la responsabilità attraverso le loro donne e i loro uomini di muovere gli ingranaggi del Paese e di disegnarne il destino. E nello Stato colpevole comprendiamo anche tutte quelle eminenze grigie, elette da nessuno, che sono a capo di strutture statali che condizionano le scelte della politica. Pensiamo ai funzionari della SECO, ai segretari di Stato, ai diplomatici, alla mandria di giuristi e burocrati più scrupolosamente europeisti dei loro colleghi di Bruxelles. A questi tecnocrati, sia a livello nazionale che cantonale, abbiamo affidato mani e piedi rinunciando alla politica e ribaltando il senso stesso della democrazia.  

È lo Stato, il colpevole. Lo Stato che per inseguire un progetto, per taluni un sogno, fallimentare ha creato le condizioni perché speculatori senza scrupoli, bari, banditi, truffatori, capitani fino a ieri con le pezze al culo, trovassero le condizioni quadro ideali per realizzare il disastro e gonfiarsi il portafoglio. Gentaglia a cui bisognerebbe ritirare il passaporto per alto tradimento alla stregua degli jhiadisti che vogliono lasciare il Paese dove sono nati e cresciuti per servire il Califfo Al Baghdadi. Per non parlare di tutti i lupi mannari, gli squali, gli sciacalli, i filibustieri e i mafiosi a cui abbiamo spalancato le porte per fare affari in casa nostra.

Ma accanto a questi criminali economici e sociali c'era anche tanta brava gente che per sopravvivere nel nuovo regime della jungla, voluto dallo Stato, si è dovuta sporcare le mani. E un po' anche la coscienza e il cuore. Altri si sono fatti completamente corrompere.

Anche i sindacati si sono venduti un pezzo di anima non capendo, o non volendo capire, che appoggiare le false utopie europeiste significava e significa partecipare al banchetto e alla fine legittimare quel padronato che a parole si vorrebbe scorticare. Nelle parti sociali in questi anni c'è stato poco pudore e zero vergogna.

Anni in cui non è accaduto nient'altro di quanto successo nella finanza con la follia neoliberista degli anni '90. Deregolamentare tutto quel che si può perché il mercato si regola da solo. Anche noi abbiamo deregolamentato, svendendo all'Unione Europea pezzi di sovranità, valori, terra, salute, il telaio sui cui avevamo tessuto la nostra convivenza civile. Ci siamo consegnati a tirannici e teocratici organismi sovrannazionali. A loro abbiamo ceduto parte di noi stessi perché volevamo essere più ricchi, più competitivi, più in sintonia con la globalizzazione.

In parte lo abbiamo ottenuto: gli indicatori che interessano al Potere hanno tutti il segno "più". Ma qual è il prezzo che stiamo pagando e che dovremo ancora pagare? E chi sarà chiamato alla cassa? Volevamo la crescita e la crescita c'è stata. Ma che tipo di crescita, con quali sacrifici e a beneficio di chi? Il discorso sarebbe lungo e per ora limitiamoci alla sintesi proposta da Marine Le Pen: la Libera circolazione ha creato un'economia in cui gli schiavi producono per i disoccupati. Il poeta polacco Stanislav Lec ci aveva dato un buon consiglio: "Quando senti gridare: 'Evviva il progresso!', chiediti sempre: 'Il progresso di che?'"    

Lo Stato è colpevole, perché ha creato le condizioni perfette affinché ognuno di noi diventasse più egoista, più furbo, più legittimato a fottere il prossimo. Ha detto a tutti che non sarà punito chi schiavizza le persone, chi per profitto stimola guerre tra poveri lucrando sugli stipendi, chi violenta i paesaggi, chi sfrutta le assicurazioni sociali trasformandole in una sorta di piccolo salario occulto generalizzato. Una vera e propria stampella di un'economia malata. Ha disintegrato il nostro concetto di comunità.   

Una società organizzata - sia essa fondata su principi liberali, democratici e capitalistici, o su dettami dittatoriali comunisti, fascisti o religiosi - non può fare a meno delle regole fondamentali su cui si articola uno Stato. La responsabilità sociale collettiva non esiste! Esiste solo come prodotto delle regole e mai come entità spontanea che si autodetermina. Quando la si richiama evocando i bei tempi andati si commette una truffa politica se non si aggiunge che esisteva perché c'erano delle leggi: dai contingenti in giù. Esiste solo la coscienza individuale ma tutti sappiamo che è un antidoto del tutto insufficiente verso le derive sociali ed economiche. L'occasione fa l'uomo ladro. E l'uomo non è buono per natura. Homo homini lupus…

In questo j'accuse non c'è l'intenzione di assolvere nessuno. Né di trovare scuse per consolarsi e dare la colpa agli altri. Chi si è spellato le mani per applaudire il ridicolo, menzognero e offensivo discorso di Didier Burkhalter nel patio di Palazzo Civico a Lugano, salvo poi farsi pateticamente tronfio nella stessa occasione per fischiare Manuele Bertoli, si merita una Stato come questo. Perché gli somiglia. 

Lo Stato e chi gli sta sopra non siamo noi. Lo Stato non ci è amico. Lo Stato non è buono perché "non ci sono poteri buoni". Alcuni di noi lo hanno gridato per le strade di Genova sulle ali dell'anarchia e poi lo hanno  scritto nell'urna il 9 febbraio scroccando un fucile alla destra, in quella che resto uno straordinario atto di coraggio di un piccolo popolo capace di ribellarsi alle lobby internazionali e all'imperialismo europeo. Purtroppo però, ora come allora, il presentimento è che alla lunga ci adegueremo e perderemo.  

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