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Cronaca
17.10.2014 - 15:320
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Ambrosetti show: “Caro Zali, se si allevano troppi polli, non si risolve il problema tassando il forno delle casalinghe. Bisogna agir sulla causa, non sull’effetto”

“E la vera causa sono le annose carenze nel trasporto pubblico”, ha dichiarato il presidente della Camera di Commercio ticinese nell'intervento pronunciato all’assemblea generale

LUGANO – Si è tenuta quest’oggi a Lugano la 97esima assemblea generale ordinaria della Camera di Commercio ticinese, in cui hanno preso la parola il presidente Franco Ambrosetti e il direttore Luca Albertoni. Entrambe i discorsi, con toni diversi, non hanno mancato di muovere qualche appunto alla politica nostrana e federale.

Ambrosetti: “Il Cantone in questi anni ha tentato di affrontare il problema finanziario con misure blande perché la logica economica non è quella della politica”

Apertamente polemico l’intervento di Ambrosetti, l’ultimo, ha voluto sottolineare nel suo amarcord iniziale, in veste di presidente (“Fra un anno, avrò completato 5 mandati e il mio sarà il discorso di addio di un ex presidente. Da 20 anni ricopro questa carica, anni stimolanti, ricchi di soddisfazioni e di delusioni. Dopo un ventennio, anche al vertice della Camera si impone un cambiamento perché nel frattempo attorno a te c’è una realtà diversa”, ha dichiarato).

E dopo aver riflettuto sulla situazione federale, senza risparmiare strali agli attori protagonisti sulla scena politica, e i cambiamenti in atto (“Tre sono le cose che mi preoccupano nel prossimo futuro: l’incombere dello Stato paternalistico, l’attacco della sinistra giovanile e della destra ultrà al sistema svizzero e la perdita di importanza della Svizzera nel contesto mondiale”), Ambrosetti ha focalizzato il proprio intervento sul “Bel cantone”.

Essenziale, ha detto, per rimettere a posto le finanze cantonali, oltre a una riduzione della spesa, è la crescita. Ma come si cresce? “Praticando politiche che favoriscano il venture capital esentasse, portando la Banca dello Stato a scrollarsi di dosso il noto stile ministeriale, burocratico e canonico affinché accantoni una volta per tutte la politica dell’ombrello. Aiutare le aziende con riduzioni fiscali che rendano il Cantone più competitivo, introdurre incentivi agli investimenti detassando gli utili non distribuiti e consentire ammortamenti più rapidi, introdurre rapidamente una nuova legge sull’innovazione (è in consultazione) aggiornata ai nostri tempi, liberalizzare parzialmente l’apertura dei negozi. Ridurre il peso fiscale dei cittadini senza temere che invece del consumo aumenti il risparmio”.

“Non ho mai creduto – ha proseguito – che l’egualitarismo fosse un concetto praticabile fino in fondo ma l’equità sì. Che il 54% del gettito fiscale delle persone fisiche venga versato da 16’000 cittadini, cioè da meno dell‘1% dei contribuenti ( 187'000 contribuenti) non è equità. Il Cantone in questi anni ha tentato di affrontare il problema finanziario con misure blande perché la logica economica non è quella della politica. Il problema non è sapere cosa fare ma cosa la politica ti permette di fare. Sono i limiti della democrazia parlamentare”.

Ambrosetti si concentra quindi sulla nuova politica dei posteggi promossa dal ministro Claudio Zali, preparando così il terreno per il monito finale.

Se lo scopo è la riduzione del traffico, allora bisogna agire su quella che ne è la causa diretta, ossia “le gravi e annose carenze nel trasporto pubblico che affliggono questo Cantone. Uno Stato che si assume le sue responsabilità il problema del traffico lo dovrebbe risolvere aumentando la capacità delle vie di comunicazione e investendo nelle infrastrutture. Se non l’ha fatto, non può far pagare questa grave lacuna a chi si è legittimamente insediato creando ricchezza e posti di lavoro. Dov’è la certezza del diritto se lo Stato può introdurre di punto in bianco una tassa che aggrava il conto economico in un momento già particolarmente difficile per l’economia?”

Ma, aggiunge, se si vuole far passare la soluzione sotto misure fiscali, allora “sarebbero le auto che vanno tassate. Non i posteggi, non le strade, non i garage. In termini economici: è la domanda che può essere frenata con una politica fiscale restrittiva, non l’offerta i cui fattori determinanti sono i costi, la capacità di produrre e la domanda aggregata. I posteggi sono una conseguenza dell’esistenza di automobili. Non la causa. D’altronde ci fosse un eccesso di produzione nell’allevamento di polli non si risolve il problema tassando il forno delle casalinghe”.

Insomma, “finché il trasporto pubblico di prossimità sarà quello di oggi, non cambierà nulla e imporre nuove tasse per supplire a carenze causate dalle istituzioni non è un bel gesto”.

La tassa imposta da Zali viene anche giustificata con le nuove misure imposte dal freno al disavanzo e Ambrosetti commenta: “Pensavo si fosse spianata la via a un pericoloso automatismo in materia di imposizione fiscale. In realtà mi sono sbagliato. A suo dire, proprio per evitare di farlo scattare il Governo che ha competenza di imporre balzelli e tasse a suo piacimento senza autorizzazione del Gran Consiglio, oggi lo fa con i posteggi e così mette a posto i suoi conti (si fa per dire). La prossima volta che si andrà a votare, ricordate questa frase di Thomas Jefferson: “un governo grande abbastanza da darvi tutto quello che volete, è grande abbastanza per togliervi tutto quello che avete”.”

Albertoni: “Le aziende hanno bisogno di stabilità”

Il direttore Luca Albertoni ha cominciato il suo intervento sulla necessità di certezze per il mondo dell’imprenditoria. Per cui, prima fonte di preoccupazione è l’instabilità (a prescindere dai risultati) generata dalle frequenti votazioni che rimettono in questione le strutture elvetiche, creando “un’incertezza dannosa per le aziende, gli investimenti e per l’occupazione. Se aggiungiamo che proprio a livello cantonale si agisce con eccessiva decisione e scarsa proporzionalità su temi come quello della mobilità (vedi parcheggi), il quadro generale assume risvolti decisamente preoccupanti, perché si perde l’abitudine alla concertazione. Giusto lottare contro gli abusi, sbagliato non differenziare fra le mille situazioni che si presentano per le singole aziende”.

Inoltre, “le crescenti tensioni  - che sono anche la conseguenza di una crisi del partenariato sociale – verso le aziende rientrano purtroppo nell’ottica di una criminalizzazione delle stesse, considerate oggi la ragione di molti mali, se non tutti. L’imprenditore è trattato troppo facilmente alla stregua di un ladro che si arricchisce sfacciatamente, evadendo il fisco e devastando il territorio. La realtà è molto più variegata e complessa e generalizzazioni di questo tipo creano una forte insicurezza”.

Insomma, la soluzione è allora proprio nella salvaguardia della stabilità su più fronti, da quella giuridica a quella fiscale. È “l’elemento centrale per la competitività svizzera e ticinese e abbandonarlo sarebbe un autogol clamoroso”.

Albertoni ha quindi concluso il proprio intervento rimarcando i successi ottenuti dalla camera di Commercio a livello di politica federale (come la questione del tunnel autostradale del Gottardo, la revisione della legge federale sull’IVA) che “dimostrano che con un lavoro serio e ben costruito, grazie anche all’appoggio della Deputazione ticinese, si possono ottenere risultati e che Berna non è così lontana e sorda”.

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