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Cronaca
08.11.2014 - 14:490
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Frontalieri "schiavi", è di Iragna l'impresa dello scandalo. Chi lavora con la ditta assicura: "Niente irregolarità sui cantieri". Ma UNIA ha un'altra opinione

Dopo la scioccante rivelazione degli inquirenti italiani, emerge il nome dell'impresa finita nell'occhio del ciclone. Ma il titolare ridimensiona e dice: "Nessun dipendente in nero"

IRAGNA – L’impresa dello scandalo si chiama B.N. Costruzioni generali, ha sede a Romentino, in provincia di Novara, e una filiale a Iragna. Il nome l’ha rivelato oggi LaRegione. Ne sono titolari Vincenzo Perretta, cittadino italiano residente a Bellinzona, responsabile della succursale, e Antonino Venuti, che nel Registro di commercio risulta “da Chiasso, in Como”.

Ricordiamo ora lo scandalo, che è stato raccontato ieri dalla Guardia di finanza nel corso di una conferenza stampa. A Germignaga, nei pressi di Luino, le forze dell’ordine italiane hanno scoperto mercoledì scorso una situazione allucinante: in un capannone industriale (quello che si vede nella foto dell'agenzia Newpress pubblicata da Il Giorno), allagato dal maltempo, c’erano 17 operai a mollo in un metro e mezzo d’acqua. Le indagini hanno appurato che quelle persone alloggiavano lì da diversi mesi, e che il capannone appartiene a una ditta del Novarese, la B.N., appunto. Gli ‘inquilini’ – tre rumeni, un polacco e dodici italiani, tutti irregolari – sono stati descritti dal quotidiano di Varese La Prealpina come degli schiavi. Il titolare della ditta ha ammesso (ma i media italiani non precisano chi sia tra i due) e ha dato colpa alla crisi. Sta di fatto che, così afferma la Guardia di Finanza, quegli operai venivano poi portati in Ticino a lavorare come frontalieri. Un vero e proprio caso di caporalato, insomma, stando a quanto affermano gli inquirenti italiani.

Che qualcosa in quell’impresa edile di Iragna non funzionasse il sindacato Unia e le autorità preposte alla sorveglianza del lavoro, scrive oggi LaRegione, lo avevano capito quest’estate. Erano così scattate verifiche sulle condizioni salariali portando alla luce irregolarità per svariate decine di migliaia di franchi a danno degli operai impiegati in due cantieri di Cadenazzo e Cadempino.

Ma la titolare del cantiere di Cadempino sul quale lavora l'impresa sotto accusa assicura che non c'è stato nulla di illecito, se non alcuni errori iniziali nella compilazione dei fogli paga. Errori che sono stati sistemati in piena collaborazione con il sindacato. Secondo la titolare del cantiere, inoltre, l'impresa finita nell'occhio del ciclone in Italia lavora molto bene, e dispone di adeguati mezzi e macchinari. Insomma, dice, sul nostro cantiere di sicuro non c'erano persone irregolari o in nero: buste paga regolari e oneri sociali puntualmente pagati.

Ma la versione del sindacato Unia è ben diversa: la situazione su quel cantiere era un disastro, ridabiscono, un vero e proprio caso di sfruttamento del lavoro. E le differenze salariali dovute agli operai non sono ancora state versate.

Perretta, da parte sua, ridimensiona molto la situazione dipinta ieri dalla Guardia di finanza. E assicura che tutti i suoi operai sono in regola, a partire da quelli che hanno lavorato e lavorano su cantieri ticinesi.

Spulciando tra la cronaca, si scopre anche che nel 2012 Perretta era finito sotto inchiesta a Verbania. “Dove – si legge sul portale Novara.com - il Comune ha sventato un tentativo di turbativa d'asta messo in opera da due aziende, in realtà facenti riferimento ad un unico soggetto, che nel luglio dello scorso anno avevano risposto al bando di gara per appaltare i lavori di costruzione della nuova rotonda tra corso Mameli e corso Cobianchi. Si tratta della B.N. Costruzioni generali srl di Romentino (Novara) e della Dp Costruzioni srl di Chiaromonte (Potenza): a creare sospetti nel personale del settore lavori pubblici il fatto che due imprese così lontane tra loro presentassero documenti compilati con la stessa calligrafia. Un occhio davvero attento quello dei funzionari comunali, che hanno segnalato la cosa alla procura”.

 

 

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