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28.11.2014 - 16:110
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Orari dei negozi, l'OCST sul piede di guerra: "Pronti al referendum"

Il sindacato attacca il Consiglio Federale che propone una fascia oraria minima valida su scala nazionale con chiusura dei negozi alle ore 20 dal lunedì al venerdì e alle ore 19 al sabato

LUGANO - Il Consiglio federale ha trasmesso al Parlamento il Messaggio riguardante la legge federale sugli orari di apertura dei negozi. Nella scia della mozione Lombardi già approvata dalle Camere, vi è prevista una fascia oraria minima valida su scala nazionale con chiusura dei negozi alle ore 20 dal lunedì al venerdì e alle ore 19 al sabato. Ai Cantoni è inoltre lasciata la facoltà di decretare orari più lunghi e decidere sull’apertura infrasettimanale. La notizia ha messo sul piede di guerra i sindacati. L'OCST, in particolare, con una nota stampa, sottolinea come "la scelta del Consiglio federale è un’invasione di campo a danno dei Cantoni e del federalismo. Le situazioni e i bisogni sono notevolmente differenziati da regione a regione. I Cantoni sono l’entità e l’area più adeguata per regolare gli orari di apertura. Non si rilevano oggi motivi di tale rilevanza da giustificare una messa sotto tutela dei Cantoni in questa materia. Si tratta inoltre di uno schiaffo inferto alla popolazione di quei Cantoni che negli scorsi anni si sono pronunciati contro il prolungamento degli orari di apertura (è il caso in sei dei diciassette Cantoni che hanno tuttora orari di chiusura più restrittivi rispetto alla proposta del governo federale)". "L’opzione del Consiglio federale - prosegue il sindacato - è inoltre dannosa e penalizzante per il personale occupato nella vendita da una duplice angolazione. La fascia serale è in primo luogo quella che è fonte di maggiori disagi e scompensi soprattutto considerando la prevalenza di personale femminile, gravato sovente dal doppio carico lavorativo e familiare. Prolungando la fascia di apertura dei negozi a fronte di un potere d’acquisto relativamente stabile, si incentiva in secondo luogo una ulteriore diffusione delle formule più precarie di lavoro quale il lavoro su chiamata come pure lo spezzettamento degli orari di lavoro del personale. La modifica proposta non sarebbe senza conseguenze nemmeno sul settore stesso del commercio, che non è internamente omogeneo. Soprattutto i piccoli negozi, che incontrano maggiori difficoltà organizzative ed anche economiche, corrono il pericolo di subire un aggravio di concorrenza da parte dei grandi magazzini". L’OCST, a dipendenza dell’esito del dibattito parlamentare, non mancherà perciò di partecipare al lancio del referendum qualora venga condotta in porto questa soluzione.
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