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19.12.2014 - 17:050
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Pittà: “Non mi sentivo più a mio agio nel PS: mancano confronto e spazio d'azione. Ma non me ne vado sbattendo la porta…”

Nadia Pittà, da oggi in forze agli ecologisti, racconta cosa l’ha spinta a cambiare

BELLINZONA – Nadia Pittà, il suo passaggio ai Verdi è stato annunciato nel pomeriggio da Savoia in un tweet, in cui il coordinatore si è detto felice di aver occasione di lavorare con lei. Se l’accoglienza è quindi delle migliori, le chiedo invece come è stato l’addio, cominciando dall’inizio: perché ha deciso di lasciare il PS?

“È una decisione personale che ho maturato nell’arco degli ultimi mesi. Non ero più a mio agio all’interno del Partito Socialista e sentivo il bisogno di un cambiamento che mi desse l’opportunità di far politica attivamente e non, in un certo senso, di subirla. Ci sono stati certo alcuni diverbi e aneddoti con la direzione che non hanno aiutato, ma nessuno screzio particolare. La mia scelta è frutto di una sensazione di disagio maturata nel tempo, mi ha fatto riflettere e pensare che quello non fosse più il mio partito: quello che io ho potuto fare al suo interno era limitante e limitato e mi sembrava di esser messa poco nella possibilità di far politica e poter cambiare le cose. Ho sentito che non c’era spazio e modo per poter dialogare e che tanto era calato dall’alto. Per me invece la partecipazione e la possibilità del confronto delle opinioni sono aspetti fondamentali, vedendoli mancare ho deciso che dovevo lasciare quel posto. Insomma, dopo un’attenta valutazione, anche osservando cosa avveniva, ho capito che non ero la persona giusta in quel partito e che lui non era quello giusto per me. Ma non è in polemica che voglio andarmene, all’interno del partito trovo ci siano persone valide, che possono essere dei fari, e spero abbiano modo di emergere”.

Dopo quanto ha detto, è da leggersi come un caldo e velato suggerimento alla presidenza?

“Con Saverio (ndr. Lurati) siamo andati sempre d’accordo, ma viviamo su mondi diversi. Non me ne vado sbattendo la porta, anzi, ringrazio il PS che mi ha avvicinata alla politica quando sono entrata nel mondo sindacale. Sono cresciuta molto grazie al partito e ho avuto modo di conoscervi persone splendide che, se non più ‘colleghi’, rimarranno certamente amiche. Anche oggi ho ricevuto conferme da loro e la dimostrazione di sostegno indipendentemente dall’appartenenza è un fattore molto rincuorante. Le strade, per mia scelta, si sono separate e adesso sono incuriosita e determinata a far politica in un partito in cui trovo ci sia lo spirito giusto”.

Se le spaccature non c’entrano, oltre all’ambiente in casa PS, hanno influito magari anche delle scelte concrete fatte dal partito?

“Ci sono certo delle tematiche che penso siano state magari lasciate un poco a margine. Ad esempio il territorio non ha trovato lo spazio giusto, ma poi fortunatamente è stato tematizzato bene grazie a Ivo Durisch. Assieme abbiamo anche organizzato una conferenza cantonale che ha raccolto una bellissima partecipazione, facendo emergere quanto fosse un tema in realtà sentito dalla base. Una sorpresa forse per certa parte del partito, che si è resa conto che questo potesse essere un punto dolente per il partito per la carenza propositiva dimostrata prima. Coadiuvata l’attenzione, ho poi personalmente anche potuto portare avanti iniziative che il partito ha sostenuto, ma l’appoggio non era scontato inizialmente. In generale però, se penso a quello che mi ha spinta a cambiare, sai che è giunto il momento quando vedi mancare la motivazione o l’entusiasmo perché, nel caso dei Comitati, senti che andrai solo a dar la parola ad altri, senza poter partecipare. È un malessere che non può esserci in politica, dove ritengo sia fondamentale aver voglia di fare. Sono nota per esser molto convinta delle mie opinioni, che metto però a confronti volentieri, ma questo è un aspetto che manca e che ha quindi stimolato il mio passaggio ai Verdi, dove questa dimensione è rispettata e anzi stimolata”.

E veniamo così all’altra domanda: perché i Verdi?

“Ho una posizione politica abbastanza chiara, sono nella sinistra della sinistra. Ma anche molto chiaro è il mio indirizzo verde, perché evidentemente, come persona di sinistra, ed è così anche a livello nazionale, mi riconosco nella posizione verde. Diciamo che ricopro bene la personalità rosso-verde. Chiaramente rossa, le mie posizioni sono conosciute per esser determinate. Ma chiaramente anche Verde: sono una grigionese di un piccolo paese di valle, il mio legame con il territorio è quindi naturale. Due spiriti che sono presenti all’interno dei Verdi, dove ci sono anche altri di sinistra. È un partito pluralista, che ammette opinioni diverse con serenità e senza grosse problematiche. Nei Verdi ho quindi riconosciuto la propensione al sano confronto che cercavo e trovo sia stimolante per la crescita personale”.

Veniamo però a una questione che ha visto su fronti opposti il suo partito di provenienza e gli ecologisti ticinesi: il 9 febbraio. Lei inoltre è, appunto, politicamente una figura particolarmente profilata a sinistra, come si pone quidni rispetto alla linea adottata dal suo attuale partito?

“Cosa abbia votato io lo si può facilmente immaginare. Ho letto il programma dei Verdi però, e mi ci vedo. Propongono un salario minimo a livello cantonale – misura che reputo imprescindibile – e sostengono le misure di accompagnamento, altro aspetto fondamentale. Su questo quindi non vedo attriti. Poi che il comitato a maggioranza abbia deciso di appoggiare i contingenti, è una scelta a cui io sono e resto distante. Ma come all’interno degli stessi Verdi altre persone lo sono state, esprimendo pubblicamente la loro opinione. Il disaccordo quindi non mi fa paura: io continuerò a difendere la mia visione rossa. E, come detto, nei Verdi vedo anche la stessa sensibilità per la volontà di trovare soluzioni valide che si avvicinano a quelle sostenute dal partito a cui ho partecipato fino ad oggi”.

 

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