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Politica e Potere
19.01.2015 - 10:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Caso mandati: le cose che gridano vendetta al cielo, l’abbandono di Speziali e il “rampantismo” di Cotti. Ma la politica non può ignorare la lezione di Locarno

L’ANALISI – Riflessioni logico-politiche sulla vicenda che ha fatto tremare Palazzo Marcacci e sul rapporto dell’Ufficio appalti

di Marco Bazzi
 
Il rapporto dell’Ufficio appalti sul “caso mandati” venuto a galla a Locarno dovrebbe servire da esempio agli amministratori dei comuni, piccoli e grandi, e soprattutto ai partiti, se vogliono che il loro potere si fondi sulla fiducia – più che sulla fede - e sulla condivisione politica da parte dei cittadini - più che su reti clientelari -.
 
Occorre oggi da parte di chi fa politica, ad ogni livello istituzionale, una seria e profonda riflessione, e occorre soprattutto una nuova etica – e regole chiare - nell’utilizzo del denaro pubblico.
 
Nel rapporto dell’Ufficio appalti (per leggere clicca qui), giunto un anno e mezzo dopo lo scoppio della bufera, ci sono, nero su bianco, cose che gridano vendetta al cielo. Ma che ormai, forse anche a causa del tempo trascorso, non sembrano scandalizzare più nessuno.
Singolare - vero? -,considerato il presunto maxi scandalo suscitato ad arte da “certa stampa” – per una volta usiamo anche noi questo termine da politichese nostrano – sul mandato diretto assegnato, con tutti i crismi di legge, dal Consiglio di Stato a Liberatv per i filmati sulla Polizia cantonale…
 
Chiuso l’inciso, torniamo al punto, e alle cose che gridano vendetta al cielo.
 
Tra queste c’è il caso della ditta di Luigino Vidoli, fabbro ferraio e consigliere comunale del partito di maggioranza, che per anni ha beneficiato di mandati diretti per lavori di manutenzione. Vidoli – per la cronaca – è colui che a inizio 2013 fu protagonista della brutta storia delle vignette di posteggio contraffatte, e siede ancora oggi in Consiglio comunale.
 
“L’attribuzione dell’appalto per queste manutenzioni ordinarie era tale da imporre l’aggiudicazione attraverso un pubblico concorso”, scrive l’Ufficio appalti.
Il rapporto sottolinea però che la ditta individuale Vidoli “non possiede i titoli tecnici per partecipare agli appalti pubblici”. Quindi – siccome uno più uno fa due -, se quei lavori fossero stati messi a concorso Vidoli sarebbe stato tagliato fuori.
 
Irregolarità sono state accertate anche nelle opere di manutenzione edile assegnate all’impresa Canonica, la cui titolare siede pure in Consiglio comunale, sempre nelle fila del partito di maggioranza.
Nel 1997 l’impresa ottenne, su concorso pubblico, un appalto della durata di due anni per l’esecuzione di “opere di manutenzione ordinaria da capomastro”. Ma la ditta Canonica ha continuato a lavorare su “mandato ricorrente” fino al 2013, fatturando mediamente al Comune 95'000 franchi all’anno. Il Municipio, scrive l’Ufficio appalti, avrebbe dovuto mettere a concorso quei lavori almeno a partire dal maggio 2001, data di entrata in vigore della nuova legge sulle commesse pubbliche, che pure in questo caso è stata ripetutamente violata.
 
Irregolarità sono state accertare anche nei mandati attribuiti per la manutenzione delle strade e per le pulizie degli stabili pubblici. Ricordate a proposito di queste ultime le vicende legate all’impresa di pulizie Albatros, di Tomo Brzovic? Ricordate il famoso gemellaggio tra Locarno e la sua città natale, Odzak, in Bosnia Erzegovina, regione da cui provengono molti immigrati che oggi vivono e lavorano sulle rive del Verbano?
 
“Si può sostenere che le lacune riscontrate sono da considerare gravi – si legge nel rapporto dell’Ufficio appalti -, a maggior ragione in considerazione del fatto che si sta discutendo non certo di un piccolo comune bensì di uno tra i più popolosi del Cantone”.
E quello dell’Ufficio appalti è un “si può sostenere” fondato sui fatti e su una meticolosa analisi dei dossier.
 
Si può però anche sostenere che la politica, i partiti e i favoritismi – o gli scambi di favore - in tutte le storie venute a galla a Locarno dopo che il 13 settembre 2013 il procuratore generale John Noseda mise le mani nell’alveare non c’entrino. Che siano fantasie, tesi iperboliche e demagogiche, tentativi di destabilizzare avversari politici per proprio vantaggio, personalismi e colpi sotto la cintura.
 
Si può sostenere che da parte del Municipio si è trattato soltanto di leggerezze, di episodi legati a una semplice negligenza nei controlli e a un po’ di caos amministrativo. Si può sostenere tutto e il contrario di tutto. Ma così si perde credibilità. Soprattutto se si ricopre un ruolo elettivo, il ruolo che i cittadini affidano ai politici perché facciano i loro interessi (dei cittadini, non i propri o quelli dei propri amici).
 
In tutta questa vicenda non si è sentita fino ad oggi una parola di scuse. Un “locarnesi, scusate, abbiamo sbagliato”, “abbiamo agito con leggerezza, ma d’ora in poi non succederà più, abbiamo capito la lezione”.
No, si è continuato e si continua a sostenere che è stata scatenata una bufera esagerata. Una tempesta in un bicchier d’acqua. E si è cercato di spostare l’attenzione sugli attacchi personali, sul rampantismo di qualche giovane municipale in cerca di onori e di gloria.
 
Ricordiamo per inciso che, via via che si precisarono i contorni e i dettagli delle violazioni denunciate dal municipale GiuseppeCotti, si innescò a Locarno un duro confronto tra le forze politiche (ancheall’interno dello stesso partito di maggioranza), con pesanti attacchi ai municipali del “nuovo corso”, tra i quali figura pure Davide Giovannacci, responsabile del Dicastero finanze, che fu addirittura richiamato all’ordine dal suo partito.
 
Al centro della vicenda, non foss’altro che per il suo ruolo primario, è finito ovviamente il sindaco Carla Speziali, che dopo il blitz di Noseda dichiarò: “Sono certa che il Municipio non ha commesso nulla di penalmente rilevante, anzi sta affinando da tempo delle procedure per garantire una maggiore trasparenza”.
 
In effetti di penalmente rilevante non è emerso nulla. Forse anche per “mancanza di prove”, prove che in casi del genere sono difficili da trovare. Ma che il Municipio stesse cambiando rotta l’aveva già scritto Cotti nella lettera aperta che pubblicammo il 21 agosto del 2013, quella che portò al blitz di Noseda: “L’attuale Esecutivo – dopo aver preso atto della lista delle fatture pagate dal Comune nel 2012 – ha deciso di correggere questa annosa e poco edificante situazione (…). Il Municipio ha inoltre deciso di porre sotto la lente le attuali commesse periodiche. Un atto dovuto, nell’ottica di un rapporto di fiducia fra cittadino e istituzioni”.
 
Il 1° gennaio di quest’anno, pochi giorni prima che il Municipio ricevesse il rapporto dell’Ufficio appalti, che era però già stato consegnato a inizio dicembre alla Sezione Enti Locali, Carla Speziali ha annunciato a sorpresa che non si ricandiderà il prossimo anno e che probabilmente lascerà la carica prima della scadenza del mandato.
“Troppo spesso l'ego individuale è andato a discapito del bene comune e troppe volte sono stata lasciata sola a combattere la battaglia – ha detto nel suo discorso pubblico –. La politica è una lotta di potere e a me le lotte di potere non sono mai piaciute, per questo negli ultimi giorni ho maturato la decisione di non ricandidarmi in occasione delle prossime elezioni comunali”. 
 
È evidente il riferimento di Speziali a quanto accaduto nell’ultimo anno e mezzo. Anche se le responsabilità delle irregolarità emerse non sono certamente soltanto del sindaco, ma di tutti coloro, compresi i consiglieri comunali, che hanno amministrato Locarno in questi anni. È un errore mettere politicamente in croce Carla Speziali. Come d’altro canto è un errore – ancora più grave - mettere politicamente in croce Giuseppe Cotti.
 
La domanda finale è: Cotti avrebbe dovuto tacere? Far finta che nulla di poco chiaro fosse accaduto in precedenza (e che stesse continuando ad accadere)? Così ci si poteva mettere una bella pietra sopra – lavare i panni sporchi in casa, si dice in questi casi – e nessuno avrebbe mai saputo nulla... Se avesse taciuto non ci sarebbe stato l’intervento di Noseda, non ci sarebbe stata l’inchiesta della Sezione Enti Locali e nemmeno il rapporto dell’Ufficio appalti. Quindi, a nostro parere, Cotti ha fatto benissimo a non tacere.
 
Le contromisure adottate dopo l’avvio degli accertamenti possono sin qui ritenersi soddisfacenti, scrive l’Ufficio appalti. Ma questa constatazione positiva non è il punto centrale del rapporto. Il punto centrale sono le molte e ripetute irregolarità dimostrate dall’analisi dei singoli mandati, le ripetute e palesi violazioni della Legge sulle commesse pubbliche, entrata in vigore non un paio d’anni fa, ma nel 2001!
 
E un altro punto centrale, che lo stesso rapporto sottolinea, è lo sperpero di denaro pubblico che l’allegra gestione dei mandati ha provocato nel corso degli anni: “I concorsi avviati tra il 2013 e il 2014 hanno generato in alcuni casi dei sostanziosi risparmi a beneficio dei conti pubblici che, se attuati con la dovuta tempestività, avrebbero permesso di liberare risorse da reinvestire nella politica del personale o in altre necessità”.
E ancora: “L’ampio ritardo nella pubblicazione delle liste delle commesse, oltre a determinare un deficit di trasparenza all’interno delle istituzioni e nella cittadinanza ha altresì contribuito a creare un clima di mancanza di fiducia che ha in definitiva condotto fino all’interessamento penale”.
 
Ecco, questi sono i punti centrali. Non le presunte guerre di potere, i personalismi e il rampantismo. E se i partiti vogliono andare verso un vero “rinnovamento” non possono ignorare la “lezione di Locarno”.

 

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