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02.04.2015 - 15:120
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Divieto burqa, Massimo Fini: "Bravi ticinesi!". Borradori: "Gli operatori turistici sono molto preoccupati"

Il giornalista ieri a Lugano per una conferenza sull'Isis con il sindaco di Lugano, Ducry e Savoia. Fini: "I ticinesi hanno votato senza farsi condizionare dalle conseguenze economiche". Borradori: "Rischiamo che i turisti arabi vadano a Ginevra"

LUGANO - Isis. Islam. Terrorismo. Guerra. Occidente. Valori. Burqa e minareti. Nuove leggi ed intelligence. È stata una tavola rotonda ricca di temi e di spunti importanti quella andata in scena ieri sera all'hotel Dante di Lugano. Un pubblico appassionato ha seguito e dibattuto per oltre due ore nel corso della convegno organizzato e moderato da Elisabetta Gianella, candidata per i Verdi al Gran Consiglio. Ospite d'onore della serata il giornalista e scrittore Massimo Fini. Accanto a lui il sindaco di Lugano Marco Borradori, il coordinatore dei Verdi Sergio Savoia e Jacques Ducry, ex magistrato e candidato al Gran Consiglio come indipendente sulla lista del PS. 

Isis: il Fini pensiero

Nel corso del suo intervento introduttivo Massimo Fini, tra i primi giornalisti a indicare l'Isis "come il più grande pericolo per l'Occidente da decenni a questa parte",  ha evidenziato come il Califfato sia in espansione: "ormai è una specie di epidemia. E il pericolo è sempre più grave". Fini si è detto convinto che dopo i bombardamenti delle forze americane e britanniche, come in parte è già accaduto, gli attentati aumenteranno in tutti i Paesi occidentali: "Noi ci siamo immischiati portando la guerra in casa loro e loro la porteranno sempre di più in casa nostra". Secondo il giornalista la vicenda dell'Isis non è solo una guerra interna al mondo musulmano fra sunniti e sciiti. Ma anche tra il modello sociale "modernista" dell'occidente e quello "anti-modernista" degli uomini dl Al Baghdadi. "La forza dello Stato Islamico – ha spiegato Fini – sta anche, se non soprattutto, nella debolezza dell'Occidente. Loro contrappongono al nostro vuoto valoriale un sistema di valori molto forte e radicato. Anche così si spiega la partenza di molti giovani occidentali che vanno a combattere per il Califfato".

Questo dal punto di vista filosofico e politico. Ma il giornalista ha menato pesantissimi fendenti contro le politiche occidentali, e in particolari statunitensi, dell'ultimo decennio: "C'è stato un'aggressione al Mondo musulmano da parte dell'Occidente con guerre assolutamente inutili che ci hanno aizzato contro popoli che non costituivano nessun pericolo per noi. Guerre che hanno fatto centinaia di migliaia di morti di cui troppo spesso ci dimentichiamo. Dall'Afghanistan all'Iraq, passando per la Siria, fino all'ultimo caso clamoroso della Libia. Un pezzo del Mondo è stato destabilizzato da queste azioni militari. Alla fine il risultato è che sono stati sostituiti dittatori terribili, ma che tenevano insieme quei Paesi e non ci creavano sostanzialmente problemi, con l'Isis".  

Ma come affrontare la situazione a questo punto? La risposta di Fini è stata la stessa che da mesi scrive nei suoi articoli: gli occidentali se ne stiano alla larga dal conflitto che sta combattendo l'Isis con i suoi diretti avversari sul terreno. E una volta che ci sarà un vincitore si riconosca politicamente il nuovo Stato (nel caso ci fosse) e se questo dovesse mai muoverci direttamente guerra, allora sì, "à la guerre comme a la guerre". Altrimenti che ognuno si faccia gli affari suoi senza immischiarsi in quelli degli altri. 

La versione di Savoia e Ducry

Jacques Ducry dal canto suo ha contestato la tesi del vuoto valoriale dell'Occidente: "I valori occidentali ci sono eccome e sono molto ben radicati in tutti noi. Il problema che ci propone questo mostro che è l'Isis è sempre lo stesso: la mancata separazione tra Stato e Chiesa che ancora una volta rende schiavi i cittadini" . A questo, ha detto l'ex magistrato concordando con Fini su molte responsabilità dell'Occidente, va aggiunta la miseria e l'ingiustizia: "Alle persone che vivono nello Stato Islamico, l'Isis fornisce servizi primari: acqua, cibo, elettricità, strade…quale reale alternativa di vita hanno queste persone? A mio avviso per questo gli uomini e le donne del Califfo riescono ad ottenere il consenso del popolo. E penso anche ai ragazzi che vanno ad arruolarsi, magari partendo dalle banlieu francesi. Ragazzi che non hanno nulla e vivono nella povertà. In quel contesto l'Isis rappresenta una prospettiva di vita diversa".

Sergio Savoia dal canto suo  ha posto l'accento sulle difficoltà dell'Occidente a riconoscere e ad apprezzare i propri valori: "E spesso quando ce ne accorgiamo è ormai troppo tardi". Prima della giustizia viene mia madre, ha detto il coordinatore dei Verdi citando Albert Camus: "Questo vale per ogni popolo e per ogni persona, sia chiaro. Ma da parte nostra troppo spesso serpeggia un senso di colpa per questioni del passato: cito ad esempio le crociate spesso evocate ad ogni attentato terroristico. Penso che questo sia un modo di ragionare sbagliato". Inoltre, ha aggiunto Savoia, "spetta innanzitutto al mondo musulmano isolare gli estremisti come è toccato alla sinistra ai tempi delle brigate rosse. Siccome la stragrande maggioranza dei musulmani non hanno nulla a che vedere con questi pazzi estremisti, devono essere loro i primi ad operarsi per risolvere il problema dell'Isis. Lo ripeto: non tutti i musulmani sono terroristi ma questi terroristi sono musulmani. E non bisogna aver paura di chiamare le cose con il proprio nome". 

Il coordinatore dei Verdi ha anche svolto un'appassionata difesa della libertà di espressione partendo dalla strage di Charlie Hebdo: "Una vignetta per quanto greve possa essere rappresenta un'opinione. E le opinioni non possono essere censurate. Quell'attacco terroristico rappresenta un attacco diretto a uno dei valori fondamentali dell'Occidente. Un modo per scoraggiare le persone ad esprimersi liberamente". 

"Ma di quanto successo a Parigi – ha chiosato Ducry – ce ne siamo già dimenticati. E lo si è visto molto bene alle elezioni francesi….".

Fini, Borradori e il divieto del burqa

Particolarmente interessante il passaggio del convegno dedicato al divieto del burqa voluto dai ticinesi. Massimo Fini ha lodato la scelta del popolo: "Mi complimento con i cittadini di questo Cantone per la scelta fatta. Il divieto di dissimulare il viso è una misura di sicurezza minima ed elementare che per altro esiste anche in altri paesi come la Francia. La scelta dei ticinesi è ancora più meritoria considerando che i cittadini non hanno tenuto conto delle conseguenze economiche negative che questo divieto potrebbe produrre". Fini si è dimostrato più scettico, invece, sul divieto dei minareti che colpisce un'intera comunità da un punto di vista religioso, sottolineando come "la stragrande maggioranza dei musulmani" che vive in Occidente nulla a che fare con l'integralismo o il terrorismo.  "Ma – ha chiosato – in generale io sono per la reciprocità. Ognuno deve rispettare le regole del Paese in cui si trova. E se ci sono nazioni dove non si posso costruire le Chiese va benissimo che ci siano nazioni come la Svizzera dove non si possono edificare i minareti. L'importante è che nessun Paese voglia imporre agli altri i propri usi e costumi. E in ogni caso quando c'è una decisione presa dal popolo va rispettata senza discussioni". Un concetto, quello della reciprocità, che Fini ha portato all'estremo: "Non esistono diritti fondamentali, neppure la Dichiarazioni dei diritti dell'Uomo lo è, visto che l'ha scritta solo una parte degli uomini. Esistono solo diritti relativi. Nessun organismo internazionale, e meno che mai nessuna nazione, può imporre a uno Stato sovrano o a un popolo delle regole. Imporre la democrazia e i suoi valori non è democrazia: è fascismo". E a questo proposito Fini ha citato l'esempio dell'Afghanistan: "Pur non condividendo i talebani e il loro modello di Stato, io ho sempre difeso e sempre difenderò il diritto degli afgani a difendersi e a combattere l'invasione da parte di una potenza straniera".

Ma torniamo al divieto di burqa. Perché Marco Borradori non ha voluto "schivare l'oliva", tornando sulle difficoltà per una Città turistica come Lugano nell'applicare la volontà popolare che, comunque, ha ribadito "va rispettata". Il sindaco ha raccontato di recenti incontri con rappresentanti di Svizzera Turismo e di TicinoTurismo i quali gli hanno manifestato grandi preoccupazioni  in vista dell'implementazione del divieto. A Lugano, ha spiegato Borradori, il turismo proveniente dai Paesi arabi ha vissuto un'espansione molto significativa negli ultimi anni. Gli esperti del settori hanno posto l'accento soprattutto sul fatto che questa clientela, oltre che benestante, è molto sensibile e potrebbe risentirsi facilmente, se non addirittura offendersi molto, a causa di questo divieto, ha raccontato il sindaco. "Noi sappiamo che le signore che indossano il burqa sono relativamente poche ma sappiamo altresì che vi sono ben 7 compagnie aeree che portano i turisti arabi verso Lugano. E potrebbe toccare proprio a queste compagnie far presente  il divieto. Quello che i professionisti del settore turistico temono è che potrebbe innescarsi un meccanismo di solidarietà da parte dei molti visitatori dei Paesi dove il burqa non esiste rispetto a quelle poche turiste a cui sarebbe applicato il divieto. A quel punto sarebbe facilissimo per queste persone scegliere Ginevra anziché Lugano…".

Inquadrato il problema Borradori ha gettato uno sguardo sul futuro: ovvero come applicare la legge? "Sappiamo – ha spiegato il sindaco - che il Cantone ha emanato una proposta che nei prossimi mesi sarà approfondita. Il punto non è "se" ma "come" applicare la legge. Gli stessi agenti della polizia ce lo chiedono: ma se incontriamo una signora con il burqa come dobbiamo comportarci? Dobbiamo farle la multa quando esce dal negozio? Credo che quando bisognerà effettivamente passare al lato pratico il Cantone, che ha mostrato sensibilità verso le osservazioni fatte da Lugano, chiarirà esattamente come bisognerà agire. Personalmente credo sarà necessario agire, come per ogni legge, con grano salis, con proporzionalità e con il giusto tatto".    

La nuova legge sui servizi segreti    

Ducry, infine, stimolato da una domanda del pubblico, ha appassionatamente difeso la nuova legge sui servizi segreti: "Ho lavorato per 20 anni con le persone attive nei servizi e qualche amico in giro ce l'ho ancora. Non mi è mai capitato di riscontrare degli abusi, anche se è ovvio che questo genere di situazioni non vengono facilmente alla luce. Ci sono tuttavia gli strumenti affinché le libertà individuali siano garantite. A me fanno venire un po' il sangue alla testa questi discorsi politichesi e iper garantisti che sento in questi giorni. Se vogliamo difendere i cittadini è necessario che chi opera nella sicurezza abbia tutti gli strumenti per farlo. E se c'è bisogno di mettere sotto controllo un telefono al volo per evitare una strage, e il magistrato di turno è assente, ebbene lo si mette sotto controllo senza discussioni: punto e basta!".  Una tesi sposata anche da Borradori e Savoia che, hanno insieme sottolineato, come il saldo sia comunque positivo nel compromesso tra gli aspetti spiacevoli della legge e la necessità di proteggere i cittadini. 

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