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Cronaca
05.05.2015 - 13:080
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il WWF in difesa del lupo, Maggi: “Abbatterli? Inaccettabile"

Il responsabile di WWF Svizzera Italiana commenta i problemi, e i vantaggi, legati al ritorno dei grandi predatori

BELLINZONA – Giovedì scorso la Società̀ agricola Bleniese e l'Unione dei contadini ticinesi avevano lanciato l’allarme rosso per la presenza di un lupo in Malvaglia, chiedendone l’abbattimento e invocando una revisione della politica che mira a favorire il ritorno dei grandi predatori. Politica contro cui si batte anche l’Associazione per un territorio senza grandi predatori, di cui è stata annunciata la costituzione di una sezione ticinese. Una notizia che accende la preoccupazione del WWF, espressa nel pomeriggio di ieri con un comunicato stampa in cui si sottolinea che vero obbiettivo di allevatori e Cantone dovrebbe essere invece quello di implementare le misure di convivenza. “Lupi, orsi e linci appartengono a pieno diritto alla fauna elvetica e contribuiscono agli equilibri degli ecosistemi, in particolare quello forestale e agricolo”, viene ribadito. Sembra, insomma, alimentarsi un nuovo scontro tra fautori e oppositori della presenza dei grandi predatori.

Ne parliamo quindi con Francesco Maggi, responsabile WWF Svizzera italiana, a cui chiediamo, innanzitutto qual è la situazione in Ticino.

“La problematica è che, malgrado si sia fatto informazione ripetutamente da oltre un ventennio – la prima serata pubblica con Luigi Boitani, che aveva previsto in modo preciso il ritorno del lupo in Ticino, risale al ’95 –, malgrado l’accompagnamento messo in piedi a livello federale di protezione delle greggi, malgrado si siano costituiti gruppi di lavoro del Cantone sui grandi predatori, malgrado tutto ciò il Ticino non ha ancora prodotto e sviluppato il concetto di grandi predatori. Siamo in grave ritardo sul preparare il settore agricolo ad adattarsi all’arrivo del lupo e questo perché gli stessi ambienti dell’agricoltura hanno sempre frenato”.

Ora ne è stata segnalata la presenza di un esemplare in Malvaglia, ma quanti lupi si trovano in Ticino?

“È difficile a dirsi con precisione: sono animali molto mobili. L’unico branco si trova nei Grigioni, per il resto non sono animali stanziali. Luigi Boitani aveva indicato per la nostra regione un potenziale di 100, 200 esemplari al massimo. Numeri piccoli che causerebbero, se gli altri animali fossero protetti a dovere, danni irrisori rispetto ai vantaggi che apporterebbero. I veri problemi all’allevamento li causano però spesso gli esemplari isolati, soprattutto se giovani. Trovandosi a cacciare da soli, si orientano sulle prede più facili, le pecore quindi. Mentre il branco tende a prede più grandi, come i cervi. Poi si sa che sono animali opportunisti, se hanno a disposizione un gran numero di prede facili, come le pecore lasciate al pascolo brado, si potrebbero orientare su queste. E se il lupo si abitua ad attaccarle, è poi difficile distoglierlo. Per questo bisogna renderle inaccessibili”.

E si arriva alle misure da adottare. Secondo lei sono abbastanza? Nel comunicato di ieri rivolgevate un appello agli allevatori e allo sviluppo su larga scala di misure di convivenza. Si dovrebbe quindi fare si più?

“Ci sono progetti di protezione delle greggi da diversi anni, ma purtroppo si stenta a farli decollare e renderli più diffusi. Protezione significa avere una gestione comune in uno spazio adeguato con la presenza del pastore e del cane. Ci vuole, in sostanza, un piano di gestione degli alpeggi. Sono misure che noi chiediamo vengano implementate dalla sezione dell’agricoltura, ma che ci sembra invece vengano demandate al singolo che si trova quindi a dover gestire la comparsa di questo predatore senza averne gli strumenti. Inoltre questa nuova gestione implicherebbe l’abbandono di alcune zone di pascolo e l’elaborazione di sistemi ad hoc che permettano di localizzare subito la presenza di predatori e di intervenire in tempo. Ma si tratta in generale di misure non facili da adottare perché richiedono innanzitutto di cambiare in modo drastico il tipo di allevamento”.

Cosa intende?

“Il WWF chiede da tempo l’abolizione del pascolo brado, tutt’ora in corso nonostante sia proibito dalla legge forestale. Alcune greggi, soprattutto quelle degli ‘hobbysti’ dell’allevamento, cioè che lo fanno a tempo perso, vengono semplicemente portate all’alpe e poi abbandonate a loro stesse fino all’autunno. Abitudine che causa in Svizzera migliaia di perdite e che non è quindi un problema solo nell’ottica del ritorno del lupo. Si fa tanto rumore attorno a qualche pecora sbranata, ma gli stessi allevatori non danno le cifre sugli animali morti di stenti o malattie perché abbandonati in balia dei pericoli della montagna. Con le misure per i grandi predatori si andrebbe quindi anche a migliorare questa situazione. Ma bisogna metter mano alle cattive abitudini e imparare a gestire gli animali da allevamento in modo diverso. Senza demonizzare tutti, ma sostenendo chi vive di agricoltura e fa allevamento in modo serio, separandolo da chi fa invece solo danni”.

La Società̀ agricola Bleniese e l'Unione dei contadini ticinesi sottolineavano come la presenza del lupo minacciasse l’attività pastorizia di montagna e con lei la sua azione di tutela del paesaggio. Uno scenario diverso da quello che voi difendete.

“Il bilancio dell’arrivo dei predatori è estremamente positivo per tutta una serie di fattori. Dove è comparso sono diminuiti i costi e la pressione esercitate dagli ungulati sulle foreste e sui settori dell’agricoltura toccati dalla problematica. Il lupo infatti non è solo un predatore, ma con la sua presenza modifica il comportamento delle prede, che tendono a stare nel bosco piuttosto che uscire allo scoperto negli spazi aperti. Da non trascurare è poi la selezione naturale che compie sugli esemplari più deboli. Nell’ultimo secolo la popolazione di ungulati è andata in contro a derive genetiche: non aveva più predatori naturali e l’unica selezione era data dall’inverno, che è sempre più mite, e dalla caccia, che però opera all’inverso, scegliendo gli individui più forti. Non vanno poi dimenticati i fattori etici: il lupo è da sempre parte del nostro territorio e un paese sviluppato e tecnologicamente avanzato come il nostro dovrebbe essere in grado di gestire i pochi, rispetto ai vantaggi, problemi che la sua presenza potrebbe causare. C’è poi un problema di immagine: il turista, come il cittadino vogliono il rispetto per questi animali; i sondaggi mostrano che il popolo svizzero è favorevole al ritorno del lupo. E non si può sempre additare la gente sostenendo che non capisce nulla”.

Eppure, per altri, cito girandole la provocazione, “non è accettabile che un lupo valga più̀ di 25 pecore. Insomma, l’accusa è anche che chi ne difende la presenza lo fa da una posizione comoda, lontano dalla realtà in cui si vive il problema.

“I cittadini sono i clienti degli allevatori e sappiamo bene cosa si dica sui clienti… E se la regola vale, allora bisogna tener presente che la richiesta è di rispettare questi animali. Dicono che la loro presenza è incompatibile, noi diciamo che bisogna assolutamente cambiare il sistema affinché lo sia. E, siamo i primi a dirlo, farlo sostenendo e valorizzando chi opera nelle Valli, soprattutto i giovani, per aiutarli in questa e nelle altre sfide che incontrano. Ma ora c’è un clima di conflitto che non porta vantaggi a nessuno. E come WWF siamo i primi a metterci a disposizione con volontari che aiutano gli allevatori a posare le reti e sistemare gli steccati: non siamo così indifferenti alla realtà di queste persone quindi. La situazione è difficile, ma possibile: si richiede però uno sforzo per trovare il modo di convivere. Poi se un domani i lupi si installeranno a branchi diventando territoriali o qualche individuo creerà problemi, non escludiamo categoricamente vengano adottate altre misure. Ma qui si chiede la liberazione tout court del territorio e per noi è inaccettabile”.

ibi

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