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27.05.2015 - 06:480
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Donne in burqa e sacchi della spazzatura, Robbiani prosciolto dalla denuncia collettiva: "Quegli accusatori non possono accusare"

Il deputato leghista fu denunciato da ben 67 cittadini per il fotomontaggio pubblicato su Facebook. Il procuratore Bordoli: al di là del buon gusto, il reato non ci sarebbe nemmenose fossero di fede islamica

MENDRISIO – Quegli accusatori non hanno il diritto di accusare. Almeno di fronte alla legge. Il procuratore pubblico Paolo Bordoli ha messo così la parola fine al caso penale – salvo possibile ricorso - che ha coinvolto il deputato e municipale leghista di Mendrisio Massimiliano Robbiani per il famoso fotomontaggio pubblicato un anno fa sul suo profilo Facebook: il fotomontaggio delle donne in burqa accanto a due sacchi della spazzatura con la scritta “trova la differenza” (leggi qui).

Il caso fece scandalo e scalpore e Robbiani finì nella bufera: fu additato come razzista e xenofobo, con il Partito socialista in prima fila a chiederne addirittura le dimissioni e una sorta di processo pubblico inscenato durante un consiglio comunale a Mendrisio.

Le pubbliche e ripetute scuse del deputato non gli valsero l’assoluzione morale, tanto che nel maggio dell’anno scorso l’avvocato Cristina Clemente si fece promotrice di una denuncia collettiva contro Robbiani. Se inizialmente si pensava che i denuncianti fossero 40, ore si scopre che sono ben 67!
Le ipotesi di reato erano perturbamento della libera credenza e di culto e discriminazione razziale.
“Buon gusto, etica, giudizio politico o morale non rientrano nelle nostre competenze”, precisa Bordoli. Poi entra nel merito delle accuse, concludendo che “i denuncianti di fede cristiana non possono essere considerati danneggiati dalla pubblicazione del fotomontaggio”. Soltanto cittadini di fede islamica potrebbero considerarsi lesi dal profilo penale.
Scartata quindi l’ipotesi di perturbamento della libertà di culto, il procuratore passa al secondo reato profilato: discriminazione razziale. Conclude però che, per potersi considerare danneggiato e quindi potersi costituire accusatore privato il singolo deve provare di aver subito un attacco diretto ed essere personalmente preso di mira dall’atto incriminato. Insomma, di essere personalmente vittima di una discriminazione razziale. Quindi, “i singoli denunciati, a cui il fotomontaggio non era direttamente rivolto, non possono costituirsi quali accusatori privati, indipendentemente dalla loro fede religiosa”.
Caso chiuso, insomma, almeno in prima istanza.

emmebi

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fotomontaggio
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