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Politica e Potere
04.09.2015 - 06:510
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Le foto della tragedia, Marchesi: “E no caro Bertoli, i colpevoli non sono in Svizzera”. Boneff: “Quanti di quelli che pubblicano hanno fatto qualcosa?”

Continua, anche in Ticino, il dibattito attorno alle foto del naufragio di Bodrum. Boneff: “Un sensazionalismo da brividi di cui ne ho piene le scatole”. Marchesi: “Pubblicarle per dimostrare colpe e ragioni è di una bassezza incredibile”

LUGANO – Si chiamava Aylan Kurdi, aveva tre anni. A morire, con Aylan, nel naufragio sono stati anche il fratello di 5 anni, Galip, e la madre Rehan. Erano in fuga da Kobane e facevano parte di un gruppo di migranti che dalla costa turca di Bodrum voleva raggiungere l'isola greca di Kos. Erano in 23, ma per 12 di loro l’attraversata è finita in tragedia. Questa la storia, riassumibile in poche scarne righe, che si cela dietro quelle immagini strazianti che stanno facendo ora il giro del globo, ‘postate’, ‘ritwittate’, commentate con i più diversi intenti. Ma scatenando soprattutto il dibattito sulla loro stessa pubblicazione.

Un dibattito che, dopo la loro pubblicazione da parte di Fiorenzo Dadò, continua a restare vivo anche in Ticino. Ieri è stata la volta del ministro Manuele Bertoli, che ha invitato a guardare quella foto e a capire, finalmente (vedi suggeriti).

E ora, a inserirsi nel dibattito, sempre tramite i social, sono anche il sindaco di Monteggio Piero Marchesi – che risponde a Bertoli – e Armando Boneff.

“Quanti di coloro che pubblicano e ripubblicano l'immagine del povero bambino morto disteso sul bagnasciuga –chiede laconicamente Boneff – hanno fatto qualcosa di concreto in favore dei profughi? Non credo siano in molti e ne ho piene le scatole del sensazionalismo da brivido in cui tutto sfuma in sterili emozioni”.

Piero Marchesi

A chi non tocca il cuore una simile situazione? Genitori che lasciano la propria terra partendo con i figli alla ricerca di una vita migliore? Qualsiasi essere umano che ha un cuore rimane scioccato. La polemica politica, perché di polemica si tratta, nel voler utilizzare questi tragici eventi per dimostrare: “avete visto che avevamo ragione?” o “è colpa vostra se accadono queste cose”, le trovo di una bassezza incredibile. Il Ministro Bertoli oggi su facebook ha chiaramente individuato in Svizzera i colpevoli di questa situazione, che guarda a caso sono stranamente estranei al suo schieramento politico.

La domanda che la Svizzera e l’Europa dovrebbero porsi, non è se queste tragedie sono sbagliate, perché è evidente che lo sono, ma come evitarle. Le evitiamo accogliendo tutti in modo indiscriminato? Accogliamo tutto il miliardo di persone che vivono nel continente africano? Dichiariamo apertamente che in Europa e in Svizzera c’è posto per tutti senza differenziare chi è realmente in pericolo di vita e chi invece cerca solamente condizioni economiche migliori?

Credo seriamente che il nocciolo della questione sia proprio questo.

Chi ha diritto d’asilo sono le persone che sono perseguitate politicamente o religiosamente e pertanto quando la loro vita è minacciata. Lo sono sicuramente i siriani e gli abitanti di tutte quelle zone dove l’Isis sta sterminando i popoli. Questi dobbiamo accogliere! Ma essi sono solamente il 15 o il 20% dei richiedenti totali. Alcuni diranno: “e gli altri come facciamo a far si che non partano?”. La Svizzera contribuisce ogni anno con parecchi milioni di Franchi destinati all’aiuto allo sviluppo nelle regioni in difficoltà. Questo è uno degli strumenti da migliorare, per far si che questi popoli possano costruirsi una vita dignitosa nel proprio paese, lavorando e provvedendo al loro sostentamento in modo autonomo. Un maggior controllo della situazione in loco con le organizzazioni non governative locali e con i Governi collaborativi che intendono sviluppare la loro Nazione è auspicato. Non è però un tema che una Nazione può risolvere individualmente. Ci vuole l’impegno di tutta l’Europa. L’obiettivo sarebbe di riuscire a dare almeno le stesse opportunità in Patria come quelle da loro auspicate, partendo per una meta nemmeno troppo definita. Un’utopia? Forse si, ma non affrontare il problema come fatto fino ad ora, approfittando dei tragici eventi solamente per recuperare un po’ di consensi a un mese dalle Elezioni federali, lo è allo stesso modo!

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