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Politica e Potere
04.12.2015 - 15:060
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Del Ponte: "Bisogna distruggere l'Isis con un intervento militare". Fini: "Un'epidemia ideologica non si distrugge con le bombe". E Ducry si scaglia contro "l'Occidente ipocrita"

Grande partecipazione di pubblico alla conferenza organizzata dall'Associazione NOI all'Università della Svizzera italiana. Due ore di confronto serrato tra illustri relatori. Ecco cosa si sono detti

LUGANO – "È assolutamente necessario distruggere l'Isis attraverso un'azione militare, per arrivare al più presto a un cessate il fuoco in Siria". Firmato Carla Del Ponte. L'ex procuratore capo dell'Aja lo ha detto ieri sera nel corso della prima conferenza organizzata dall'Associazione NOI. Un dibattito sul tema del terrorismo dopo le stragi di Parigi, con tutti gli annessi e i connessi, che ha richiamato nell'auditorium dell'Università della Svizzera italiana un foltissimo pubblico. Tra i relatori, oltre a Carla Del Ponte, che attualmente siede nella Commissione dell'ONU chiamata ad indagare proprio sui crimini della guerra civile in Siria, il giornalista e scrittore italiano Massimo Fini e Jacques Ducry, intervenuto come presidente del Movimento Svizzero Europeo. Insomma, un parterre di primissimo piano che ha tenuto banco per un paio d'ore appassionando la sala. Dopo il saluto di benvenuto di Elisabetta Gianella, vicepresidente dell'Associazione NOI, la conferenza è entrata subito nel vivo. Massimo Fini ha messo in evidenza le responsabilità dell'Occidente che da "15 anni fa la guerra al mondo musulmano e ora non può sorprendersi se la guerra ci è arrivata in casa". Una guerra, ha spiegato il giornalista, che dalle nostre parti non è stata percepita perché, almeno fino a Parigi, non toccava i nostri territori ed è stata combattuta praticamente solo con le macchine, ovvero aerei e droni, facendo crescere ancora di più il risentimento delle popolazioni musulmane, impossibilitate a competere sul campo e confrontate con enormi perdite di civili. Gli attacchi barbari compiuti in Francia – ha aggiunto Fini - ci hanno fatto invece vedere i morti per le nostre strade. Mentre continuiamo ad ignorare e a non vedere le centinaia di migliaia di vittime provocate dai raid occidentali. "Stiamo assistendo a uno scontro tra due totalitarismi. Da una parte lo jihadismo che vorrebbe imporre al resto del Mondo il proprio credo, dall'altra l'Occidente che vuol fare altrettanto esportando la democrazia o imponendo governanti amici ma sanguinari come accaduto in Egitto, dove il voto popolare è stato sovvertito da un colpo di stato". Fini ha quindi ricordato le disastrose guerre occidentali in Afghanistan, e soprattutto in Iraq e Libia, che hanno provocato la nascita dell'Isis. E per quanto riguarda la Siria, ha aggiunto, "siamo andati ad infilarci in una guerra tra sciiti e sunniti che assolutamente non ci riguardava". Il giornalista, a questo proposito, ha citato il video di rivendicazione dell'attentatore che a Parigi colpì nel gennaio del 2015 in un negozio ebraico: "Quando lui dice, voi avete portato la guerra in casa nostra e noi la portiamo in casa vostra, espone una logica brutale, ma ogni guerra lo è, che non posso non condividere". Il giornalista ha quindi rilanciato la sua idea: riconoscere lo Stato Islamico nel territorio attualmente occupato in modo tale da potergli muovere una guerra vera, sul campo, qualora gli uomini del Califfo mettessero il naso fuori dai confini conquistando nuovo terreno o attraverso azioni terroristiche. "Con l'Isis – ha replicato Del Ponte - non si può assolutamente negoziare! Anche perché con questi qui non ci si può neppure sedersi al tavolo, perché pensano solo a uccidere. E poi è evidente che hanno mire espansionistiche e non starebbero di certo nei confini che gli verrebbero riconosciuti. Lo Stato Islamico è un cancro da estirpare. Io non sono mai stata una guerrafondaia, assolutamente. Ma nei territori occupati in questo momento in Siria ed Iraq c'è il motore di questa macchina terroristica che poi fa muovere gli attacchi nel resto del Mondo. Dobbiamo togliergli la batteria, in modo che questa macchina infernale si spenga". Necessario dunque, secondo Del Ponte, un intervento militare anche con azioni di terra. E necessario pure un accordo con l'attuale presidente Assad. "La priorità – ha spiegato – è raggiungere un cessate il fuoco il più presto possibile. La mia principale preoccupazione sono le vittime di questa guerra orribile. Non solo i morti ma anche le persone che affollano i campi profughi e che non vedono l'ora di poter rientrare a casa". "Purtroppo – ha aggiunto Del Ponte – la mia sensazione è che abbiamo perso il treno e che questa guerra durerà ancora molti anni. In Siria è in atto la distruzione dello Stato. Non vi è il necessario consenso politico nella Comunità internazionale per raggiungere un accordo. Vi sono troppi interessi convergenti. Noi della Commissione ONU avevamo ammonito tutti già tre anni fa, quando l'Isis era nato in Iraq, su quello che sarebbe potuto accadere ed è puntualmente accaduto. All'Isis è stato concesso lo spazio per espandersi. Purtroppo siamo stati ignorati". Del Ponte ha tratteggiato il caos che vige attualmente in Siria: "Tutte le numerosissime fazioni in campo hanno compiuto crimini di guerra. Le armi chimiche sono state utilizzate non solo dal Governo ma anche dai ribelli. E ora le sta utilizzando e ne sta fabbricando di nuove anche l'Isis. Abbiamo tutte le prove ma nessuno vuole guardarle". Molto appassionato l'intervento di Jacques Ducry che ha in particolare puntato il dito contro la "grande ipocrisia dell'Occidente". Tutto quanto sta accadendo, secondo il Gran Consigliere, è il risultato di decenni di politiche avide e scriteriate dei Paesi dell'emisfero più ricco del globo. Politiche che hanno prodotto ingiustizie e rancori. Dalla vendita della armi allo sfruttamento delle risorse energetiche, e via dicendo. Addolorato il passaggio che Ducry ha dedicato all'Unione Europea, che "sempre più si rivela diversa dal sogno che avevamo immaginato e in cui io, nonostante tutto, continuo a credere". Colpa di Unione solo monetaria e non politica, dove ognuno continua ad andare in ordine sparso. Da Ducry anche un "no" secco all'entrata della Turchia nell'UE. "Gli Stati Uniti di Europa – gli ha fatto eco Del Ponte – semplicemente non esistono. Ogni Stato pensa ai propri interessi e a decidere sono dunque i singoli Paesi. Lo stesso vale per l'ONU, che non ha nessun potere se non c'è un accordo tra le nazioni". E proprio di questi tempi vediamo, come anche in una situazione di crisi, è quasi impossibile mettere d'accordo anche solo i principali leader della Terra. A differenza di Del Ponte, Fini e Ducry si sono mostrati scettici verso un intervento militare per risolvere la crisi in Siria. "L'ISIS – ha detto il giornalista – è prima di tutto un'epidemia ideologica che si sta espandendo in tutto il Mondo. Con un intervento militare si può di certo distruggere il Califfato ma non si può distruggere un'ideologia, che sopravviverebbe anche ad un eventuale scomparsa dello Stato Islamico". A questo punto Del Ponte ha quindi incalzato i due colleghi di conferenza chiedendo loro una soluzione concreta alternativa alla distruzione dell'ISIS: "Non abbiamo tempo da perdere in grandi filosofie o rivangando le responsabilità del passato, bisogna aiutare le vittime subito". Ducry ha risposto spiegando che i paesi occidentali dovrebbero finalmente avere una politica coerente, smettendola di fare i loro porci comodi all'estero. Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno sanzionato la Russia, ma allora bisognerebbe avere il coraggio di fare altrettanto con altri presunti alleati come la Turchia, l'Arabia Saudia e il Qatar, "a cui invece abbiamo dato il Campionato del Mondo di calcio e si sono comprati anche il PSG". E soprattutto, ha chiosato, bisognerebbe finalmente avere il coraggio a livello internazionale di denunciare pubblicamente tutto questo malaffare. Fini dal canto suo ha spiegato che è impossibile trovare una soluzione efficace in tempi rapidi. Bisogna procedere per piccoli passi. La guerra in Siria segnala anche la necessità di una ridefinizione dei confini in quel territorio che sono stati imposti dagli inglesi negli anni 30. E inoltre, ha ammonito il giornalista, quanto sta accadendo "potrebbe essere il tentativo dei poveri dei Paesi poveri del Terzo mondo di muover guerra, con le armi e con le migrazioni, ai Paesi ricchissimi ma squartati all’interno da disuguaglianze spaventose. Se questa ipotesi fosse vera ai poveri del Terzo mondo potrebbero aggiungersi, prima o poi, marxianamente, quelli del Primo mondo. E questo immenso mare di miseria finirebbe per sommergere e decretare la fine di quello che chiamiamo Occidente". Di questo insomma, bisogna occuparsi. Come bisogna occuparsi dei valori Occidentali che, ha affermato lo scrittore, stanno andando completamente perduti. "L'Isis è così forte anche a causa della nostra debolezza. Loro sono disposti a morire per la causa, noi neppure a sacrificare un dito". In chiusura di conferenza scambio scoppiettante di vedute tra Fini e Del Ponte sulla giustizia internazionale. Il giornalista ha affermato di non credere alle leggi universali e ai Tribunali Internazionali che, da Norimberga in poi, hanno sempre rappresentato la giustizia dei vincitori sui venti. Del Ponte, pur condividendo il giudizio su Norimberga, ha respinto l'accusa che il Tribunale dell'Aja, di cui lei è stata procuratore, rientrasse in questa logica. "Noi abbiamo perseguito tutti i criminali di guerra, senza guardare alla nazionalità. Poi certi incarti non abbiamo potuto portarli fino in fondo perché ci sono stati Paesi che non hanno collaborato o perché non abbiamo avuto il via libera per procedere. Ma noi abbiamo indagato su tutti. Si può avere un giudizio positivo o negativo sul nostro lavoro, ma la prego di non dire più che il Tribunale dell'AJA ricercava la giustizia dei vincitori sui vinti". Del Ponte ha voluto chiudere la conferenza con un messaggio di ottimismo: "Anche se dopo quanto accaduto in Siria siamo tornati ai piedi della scala a livello di giustizia internazionale, io continuo a credere che la giustizia sia l'unica strada possibile per raggiungere la pace. E sono sicura che prima o poi ce la faremo. Come dicevo all'inizio abbiamo raccolto un sacco di prove sulla Siria e io mi auguro che arriverà il momento in cui il nostro lavoro venga portato in un aula di tribunale chiamando i responsabili a rispondere dei loro crimini".
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