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06.03.2014 - 10:500
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Combattere il cancro al seno con la mammografia sistematica? C'è chi dice sì e c'è chi dice no

Il Mondo scientifico è spaccato sullo screening a tappeto a scopo preventivo. C'è chi lo ritiene inutile e dannoso e chi pensa che sia indispensabile. L'Ordine dei Medici: "Meglio non rinunciarci"

LUGANO - Prevenire è meglio che curare. È una delle prime cose che ci insegnano da bambini. Non è solo uno dei cardini della medicina: questo principio viene infatti utilizzato per i più disparati ambiti della vita. Prevenire una guerra, prevenire una crisi, prevenire un incidente, prevenire una spesa, prevenire una bocciatura. È meglio prevenire i crimini che punirli, ha scritto Cesare Beccaria, uno dei padri del diritto. Colui che è previdente, da che mondo e mondo, è saggio. La prevenzione è dunque un dogma che ha le sfumature della sacralità: non si può mettere in discussione, e meno che mai violare, senza creare scandalo, polemica, dibattito. È un pilastro della nostra cultura e della nostra civiltà. E, vale la pena di sottolinearlo, nella stragrande maggioranza dei casi è un bene assoluto. Ma detto questo, si può tentare di farci un ragionamento? Certo che si può, a patto che lo si faccia con estrema delicatezza. Perché la prevenzione di cui andiamo a parlare tocca le corde più estreme, quelle della malattia che può uccidere. Il cancro al seno, per la precisione. Nelle scorse settimane ha fatto grande scalpore la presa di posizione dello Swiss Medical Board (SMB). L'ente, che su mandato dei cantoni analizza e valuta il processo diagnostico e gli interventi terapeutici dal punto di vista medico, economico, etico e giuridico, ha infatti sconsigliato i programmi sistematici di depistaggio del cancro al seno per le donne di oltre 50 anni. Che, detto nel linguaggio comune, significa: senza un esame medico approfondito che induca a pensare che vi siano indizi di un tumore, lo screening mammografico preventivo non è necessario. Un'affermazione forte, che ha sollevato un polverone. Anche se, va detto, non è certo la prima volta che l'utilità di questo esame, a scopo preventivo, viene messo in dubbio. Negli ultimi 10 anni, spiegano dall'Ordine dei medici del Cantone Ticino, sono già state espresse perplessità da diversi gremii sia a livello nazionale che internazionale. D’altro canto, altrettanti gremii hanno letto i dati a disposizione interpretandoli in modo positivo, preconizzando una regolamentazione statale dello screening mammografico. Ma sulla base di quali dati lo Swiss Medical Board mostra scetticismo verso lo screening mammografico? L'SMB si rifà a diversi studi condotti tra 1963 e il 1991 che evidenziano come i depistaggi permettono di evitare solo 1-2 decessi ogni 1’000 donne esaminate. Mentre sono molte di più le donne, 100 su 1'000, che dovranno confrontarsi con un falso positivo. Un errore diagnostico. Anche su questi dati, tuttavia, si può obbiettare, spiegano dall'Ordine dei medici. Le fonti dello Swiss Medical Board, infatti, provengono da studi effettuati in un periodo durante il quale erano in uso tecnologie ormai superate, di conseguenza non si può escludere che, negli anni a venire, lo screening possa fornire dati molto più positivi di quelli finora espressi. Fatta l'obbiezione, da tenere bene a mente, continuiamo sulla tesi dell'SMB a proposito dell'errore diagnostico. Cosa succede alle donne che ne sono vittima? Le più fortunate tra loro patiranno l'ansia fintanto che l'errata valutazione non verrà scoperta, le altre, invece, verranno sottoposte a terapie, tanto inutili quanto invasive. Un punto, quest'ultimo, rilanciato con forza anche dal professor Gianfranco Domenighetti, uno dei primi studiosi dell’economia sanitaria, per 37 anni direttore della Sezione Sanitaria del Dipartimento della Sanità e della Socialità del Cantone Ticino. "Un effetto molto grave prodotto dallo screening – ha spiegato Domenighetti in una recente intervista alla Regione – è la sovradiagnosi, ovvero l’individuazione di tumori che non evolveranno nel corso della vita della persona. Si stima che le donne oggetto di sovradiagnosi siano 5-15 su mille, tra quelle che fanno lo screening. Queste pazienti saranno tutte trattate di conseguenza, con radioterapia, interventi chirurgici e di altro tipo”. Il vero problema, spiega Domenighetti, è che "oggi non si è in grado di distinguere questi tumori da quelli che evolvono negativamente. Se una persona – ripeto: asintomatica e senza familiarità – non vuole trovarsi in questa situazione, l’unica scelta che oggigiorno le rimane è di non sottoporsi allo screening". Tutto sbagliato, dunque? Beh, non proprio. La verità è che una risposta certa non esiste. La comunità scientifica è profondamente divisa sullo screening mammografico sistematico. E dunque si tratta di orientarsi fra le ipotesi e i rischi. L'Ufficio federale della sanità, ad esempio, non la pensa come lo Swiss Medical Board e come Domenighetti. “La mammografia per una diagnosi precoce è utile”, fanno sapere da Berna sottolineando come un programma di depistaggio in tutta la Svizzera è uno degli obiettivi della strategia nazionale contro il cancro 2014-2017. Sulla stessa lunghezza d'onda Stephan Rageth, ex presidente della Società svizzera di senologia, che ha dichiarato come nel nostro Paese si eviterebbe la morte di 200 donne all'anno, se lo screening fosse fatto a tappeto. C'è poi un altro indubbio vantaggio, sottolineano dall'Ordine dei medici. Un programma di screening organizzato permette di raggiungere il più alto numero possibile di donne a rischio di carcinoma al seno. La sua applicazione capillare favorirebbe inoltre un ottimo controllo del decorso della malattia, permettendo di raccogliere ulteriori dati da opporre alle critiche espresse dagli scettici. La Società Svizzera di Oncologia Medica non ha finora preso una posizione ufficiale per un problema che pare più finanziario che legato ai dati scientifico-sanitari. L’Ordine dei Medici del Cantone Ticino ritiene che, per il momento, non si debba rinunciare a un programma di screening mammografico, come del resto sostiene anche la “Lega Svizzera contro il Cancro”. E il dibattito continua. AELLE
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