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Analisi
17.07.2016 - 03:130

Dopo la strage di Nizza. Stringiamoci attorno alle nostre croci. Quelle che si incontrano sui sentieri che salgono verso il cielo. Piantiamole nei nostri giardini. Questi macellai non fanno parte del nostro mondo e vanno espulsi. E se occorre uccisi

L'ANALISI - Torniamo nelle nostre chiese. E impediamo ai fanatici di altri mondi di piantare bandiere di guerra e di odio sulla nostra terra. Non c’è più margine per la tolleranza

di Marco Bazzi

Ero in montagna, venerdì, quando è arrivata la notizia della strage di Nizza. Da quelle parti, sopra Campo Vallemaggia, non c’è linea e sei isolato dal mondo. Da quello che comunemente intendiamo per mondo. Il cellulare ti serve solo per orientarti grazie al segnale satellitare e capire dove sei sulla cartina di Swiss Map. Se mai ti servisse.
Per il resto puoi usarlo solo per fare qualche foto. Il messaggio costante che ti accompagna per qualche ora è: nessun servizio. E già solo questo ti fa sentire solo. Ma è il senso della montagna.

Quando sono tornato nel mondo del 3G e del wi-fi ho saputo cos’era successo e mi sono chiesto: cosa si può dire, cosa si può scrivere, di fronte a una cosa del genere? Che è indicibile. Ho pensato: isoliamo per prima cosa gli imbecilli che dicono che, in fondo, è anche colpa nostra, dell’Occidente eccetera, perché è come quando la sinistra italiana definiva le Brigate Rosse “compagni che sbagliano”.

No. Qui ci sono in gioco le nostre vite, il nostro modo di vivere, giusto o sbagliato che sia – ma quando mai c’è stato un modo di vivere giusto se non nel Paradiso Terrestre? -, qui ci siamo in gioco noi, con la nostra storia, personale e collettiva, con la nostra cultura. È la vita di tutti noi ad essere sotto attacco. E forse oggi lo ha capito anche chi non riusciva a capirlo.

L’errore più grave che possiamo commettere è cedere al senso di colpa, che apre la via alla giustificazione dell’odio e del terrore. Nessun senso di colpa di fronte a questi macellai. Che non c’entrano nulla con i bambini morti sulle spiagge del Mediterraneo, la CIA, Israele e le guerre del petrolio. Questi macellai non fanno parte del nostro mondo e vanno espulsi. Imprigionati. E se occorre uccisi. Prima che sia troppo tardi.

Salendo sulle montagne si incontrano tante croci. E cappelle votive. Croci fatte anche solo con due pezzi di legno. Simboli, messi lì a vegliare sui sentieri che salgono verso il cielo. A segnare un territorio. Una sommità, una cima. A dire: qui si vive così. Questa è la nostra bandiera. E non ne sono ammesse altre. Non ne sono ammesse altre. Il mondo è grande. Andate a piantarle altrove.

Di religioni che seminano odio e tentano di imporre subdolamente leggi allo Stato noi non ne vogliamo. Questo dobbiamo dire. Lo Stato laico sia intollerante nei confronti dell’Islam come lo è stato, in passato, nei confronti del cattolicesimo.

Quelle croci sulle montagne sono la proiezione di una fede antica che si ritrova negli affreschi delle piccole chiese più a valle, dove partono i sentieri che salgono verso il cielo. Ma noi, a causa della propaganda dello stato laico, le abbiamo per troppo tempo dimenticate e trascurate, e anche derise, quelle croci. Ora è tempo che chi si oppone alla barbarie le riscopra.

Stringiamoci attorno a quel simbolo, tutti insieme.
Non so se queste parole abbiano un senso, e so che molti le contesteranno. Non fa niente. Piantiamo delle croci nei nostri giardini, mettiamole nelle nostre case, sui nostri balconi. Torniamo nelle nostre chiese. E impediamo ai fanatici di altri mondi di piantare bandiere di guerra e di odio sulla nostra terra. Non c’è più margine per la tolleranza. Nessun margine.
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