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Cronaca
08.08.2016 - 15:340
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Quattro islamiche velate sputano sul crocifisso in una chiesa di Venezia. E Vittorio Feltri si scatena ancora: "Puttanelle. L'accaduto fa sanguinare il cuore di uno come me che è ateo, ma figlio di questa terra dove suonano le campane e il panorama è pien

"Se non ci difendiamo, se non tuteliamo quello che abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto calpestando coi suoi piedi questa valle di lacrime, tanto vale arrendersi, consegnarci direttamente al Califfo e ai suoi mullah"

VENEZIA - Dopo il braccio spezzato al Cristo del Settecento di San Geremia da parte di un franco-magrebino (ora espulso), un altro episodio accaduto a Venezia fa discutere. Nei giorni scorsi nella chiesa di San Zulian, a pochi passi da San Marco, 4 islamiche velate hanno sputato sul crocifisso sotto gli occhi del sorvegliante. Poi si sono allontanate confondendosi fra i turisti.

Nella stessa chiesa l’altroieri due giovani orientali hanno fatto la fila per la comunione e poi hanno sputato l’ostia allontanandosi di fretta. E c'è anche chi entra per pregare Allah, racconta il parroco, don D'Antiga, e alle rimostranze del sacrestano risponde: “Possiamo, il Papa ci ha dato il permesso”.

Episodi che hanno scatenato ancora una volta l’ira del direttore de Il Giornale, Vittorio Feltri, che con i suoi classici toni ha condannato l’accaduto.

“La chiesa di San Zulian a Venezia è stata in questi giorni il luogo di un attacco terroristico subdolo, senza sangue, ma che fa sanguinare il cuore di uno come me che è ateo, ma è pur sempre figlio di questa terra dove suonano le campane e il panorama è pieno di croci e crocifissi – scrive Feltri -.

“Quattro ragazze con il velo islamico si sono dirette verso il crocifisso e gli hanno sputato sul volto: quello sarà stato di legno, ma io ho sentito la bava di questa gentaglia sulla mia faccia, anzi sul volto dei miei che mi hanno insegnato il segno della croce, e dei loro padri e indietro ancora, a quelli che hanno fatto l'Italia, un paese che farà anche pena, ma è il mio paese. Il nostro paese.

C'è voluto che il fatto si ripetesse, che arrivasse il gruppo di puttanelle islamiche per convincere il parroco alla denuncia pubblica. Il sacrestano quasi si vergognava a farlo sapere, mica che gli dessero del visionario o del razzista fondamentalista. Il prete infine ha rivelato pubblicamente il sopruso. Ed è già un miracolo di coraggio. Perché ora dovrà subire lui il processo: gli diranno di non avere misericordia, di prestarsi alla reazione violenta, ad esempio, di Libero.

Violenta? Sacrosanta. Se non ci difendiamo, se non tuteliamo quello che abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto calpestando coi suoi piedi questa valle di lacrime, tanto vale arrendersi, consegnarci direttamente al Califfo e ai suoi mullah. Ribelliamoci. Chiediamo che la comunità islamica consegni alle forze dell'ordine questi loro soci. Figuriamoci. I musulmani in Italia, visto che non hanno il santo timor di Dio, come recitava il catechismo del mio curato, e neppure della legge, ne abbiano almeno di una salutare reazione dell'opinione pubblica. Temo sia tardi” (…).

“Quelli che hanno sputato le ostie li sputerei su un canotto, con acqua e viveri beninteso e persino una copia del Corano, e li spingerei al largo verso i loro minareti libici, egizi o marocchini. Non andremo a insozzargli le moschee. Ma state a casa vostra.

“I bravi cristiani seguiranno l'esempio del Papa (chi sono io per giudicare?) e diranno che è colpa delle multinazionali, dei fabbricanti di armi e ultimamente di quelli dei Tir. Io non ci sto. Posso permettermelo, non essendo un bravo cattolico. Ma penso che uno Stato laico, che non è obbligato a perdonare 70 volte 7, debba reagire con forza, riprendere il controllo di tutto il territorio, appoggiato da teste di destra, di sinistra e di centro. Mi illudo. Sono sicuro che i giornaloni minimizzeranno, riducendo il tutto a un caso di folklore tra opposti baciapile. Balle”.
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