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Politica e Potere
22.08.2016 - 09:510
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

La storia di Francesco, ticinese e patrizio, finito in assistenza, la cui moglie (straniera) dovrà lasciare la Svizzera. "Questo è quello che succede oggi nel MIO Cantone: se voglio far vivere mio figlio con sua madre devo lasciare la MIA Nazione"

I deputati Fonio, Agustoni e Jelmini replicano alle accuse del Mattino ("Gli uregiatti vogliono rompere le scatole a Gobbi") raccontando la storia di un padre che...

BELLINZONA - “Buongiorno, mi chiamo Francesco, ho 45 anni e da 15 sono sposato con Irene. Io sono attinente di CORIPPO mentre mia moglie è cittadina Italiana…”.

La storia raccontata in questa lettera è vera – garantiscono i deputati del PPD Giorgio Fonio, Lorenzo Jelmini e Maurizio Agustoni, che l’hanno pubblicata oggi su Facebook -, ma alcuni particolari sono stati modificati per evitare di rendere riconoscibile il protagonista. Essendoci in ballo un ricorso. Quindi, il protagonista non si chiama Francesco, non è attinente di Corippo, e sua moglie non è italiana ma straniera.

Il tema è quello che sta dividendo l’opinione pubblica e la politica cantonale: l’espulsione di persone con permesso B che non sono più in grado di mantenersi, anche se sono sposate con un (o una) coniuge svizzera, e hanno dei figli. Ieri il Mattino ha attaccato duramente i tre deputati del PPD scrivendo:

“Il contribuente ticinesotto dovrebbe mantenere ad ol¬tranza tutti gli immigrati nello Stato sociale! Quindi gli uregiatti Fonio, Agustoni e Jelmini, dopo aver interpellato il governicchio sui papà con permesso B allontanati dalla Svizzera perché erano in assistenza, nei giorni scorsi, dando prova di devastante fantasia, tornano ad interrogare: questa volta sulle mamme nella stessa condizione!  Ovviamente gli uregiatti, con questi atti parlamentari, perseguono un solo obiettivo: rompere le scatole al dipartimento delle istituzioni e quindi al suo direttore, l’odiato leghista Norman Gobbi!”. E ancora: “I familiari della mamma o del papà allontanato/a dalla Svizzera poiché in assistenza, possono benissimo seguirlo/a all’estero! Non l’ha detto nessuno che i ricongiungimenti familiari si devono tutti fare in Svizzera, ovviamente a spese nostre!”.

Così Fonio e colleghi hanno deciso di provare a spiegare il problema raccontando una storia vera, modificando unicamente i dettagli anagrafici. Il protagonista, garantiscono, è uno svizzero “doc”, patrizio e pure simpatizzante leghista.

“Da 10 anni – racconta il ticinese - siamo genitori del piccolo Luca che è cittadino SVIZZERO avendo preso la mia nazionalità.
Ho sempre lavorato come cameriere in un ristorante di Lugano. Purtroppo però 4 anni fa il titolare ha deciso di chiudere l'attività e sono finito in disoccupazione.
Il mondo del lavoro in questi anni è sotto pressione e come molti altri TICINESI come me non sono riuscito a trovare nulla e dopo due anni, sono caduto in assistenza. Un dramma. Un'umiliazione. Una vergogna.
Mia moglie, operaia in fabbrica, quando è nato nostro figlio è rimasta a casa per prendersi cura di lui. Non avevamo chiesto nulla allo stato, semplicemente facevamo una vita semplice: mai una pizza, niente spese pazze e in vacanza una settimana all'anno in campeggio.
Nei giorni scorsi ho ricevuto una lettera inaspettata: mia moglie a causa del fatto che io non ho un lavoro e di conseguenza siamo a carico dell'assistenza, dovrà lasciare la MIA SVIZZERA nei prossimi mesi lasciando me e nostro figlio senza di lei.
Non so quanti dei miei contatti potrebbero trovarsi a vivere una situazione simile alla mia. Spero pochi. Ma sappiate che oggi qualcuno mi ha indicato la strada: SE VOGLIO CONTINUARE A FAR VIVERE MIO FIGLIO CON SUA MADRE DEVO LASCIARE LA MIA NAZIONE!
Questo è quello che succede oggi nel MIO cantone. Grazie a tutti voi che avete dedicato il vostro tempo a leggere la mia storia.
Francesco (Un Ticinese a cui è stata indicata la via)”.

I tre deputati concludono con una nota: “La storia è stata modificata per tutelare le persone. Le conclusioni sono invece (purtroppo) reali!”.

emmebi



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