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08.12.2016 - 11:220
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

BSI, il j'accuse di Pierre Rusconi: "In dieci anni i fenomeni del management hanno disintegrato la banca. E i 450 posti che salteranno sono la fattura (che pagheremo tutti). E purtroppo non è finita qui"

Intervista all'ex Consigliere Nazionale, attivo professionalmente nel campo finanziario, sui tagli annunciati da EFG International: "Temo che non basteranno i pre pensionamenti. Economicamente, purtroppo, costa meno licenziare. E i doppioni in BSI sono evidenti. Ma per questa situazione non si possono incolpare quelli che hanno comprato la banca"

 
Pierre Rusconi, la EFG International ha comunicato ufficialmente che taglierà fino a 450 posti di lavoro all'interno del suo gruppo, di cui fa parte BSI, entro il 2019. Se lo aspettava?
"Certo e ne avevamo già parlato, se ricorda. Che andasse a finire così era ovvio, evidente, lapalissiano: bastava non coprirsi gli occhi. La matematica non è un'opinione". 

 
Cioè?
"Parliamoci chiaro: la banca l'hanno sfasciata negli ultimi dieci anni. BSI valeva 2 miliardi quando ha comprato la Gottardo spendendone altrettanti. Poi sappiamo tutti che le due banche non sono mai riuscite ad amalgamassi. Non è stato un buon affare, insomma. Quando poi le Generali hanno venduto ai brasiliani con l'acqua alla gola, da quel che se ne sa, hanno incassato 1,8miliardi. Scelta tra l'altro non fra le più oculate per quanto riguarda i compratori, visto come è andata a finire…A questo aggiungiamo la vicenda del fondo sovrano malese dove pare ci abbiano messo le mani un po' tutti. E alla fine la BSI è stata rivenduta per 900 milioni. Il che vuol dire che questi fenomeni che componevano il management in dieci hanno disintegrato la banca. E la comunicazione di oggi è il risultato". 

 
A suo avviso bisogna attendersi tanti licenziamenti o prevarranno pensionamenti e pre pensionamenti?
"Temo che non basteranno i pre pensionamenti. Economicamente, purtroppo, costa meno licenziare. E i doppioni in BSI sono evidenti. Ma, ripeto, per questa situazione non si possono incolpare quelli che hanno comprato la banca".

 
EFG International ha comunque sottolineato che Zurigo, Ginevra e Lugano resteranno piattaforme importanti. Secondo lei è una bugia?
"Non credo ma è chiaro che la nostra piazza sarà quella che verosimilmente pagherà il prezzo più alto. Ognuna delle tre piazze finanziarie ha peculiarità diverse e i proprietari di BSI, giustamente, cercheranno di trarre il meglio da ognuna. Lugano, tuttavia, è quella più limitata sulle attività. Non ha un profilo internazionale e non può più campare sull'emorragia italiana. Ci sono quindi meno possibilità di rilancio a corto termine. Per riconvertisti serve tempo. E il tempo BSI non ce l'ha". 
 
 
Si attende altre "mazzate" nel futuro della piazza finanziaria ticinese?
"Purtroppo credo non sia finita qui. C'è chi si sta dando da fare e ha i mezzi per riconvertirsi. Penso a UBS o Credit Suisse o a banche sane come la Corner. Ma per altri istituti di medio livello saranno inevitabili delle sinergie, se non delle proprie fusioni. E questo inevitabilmente produrrà nuove perdite di posti di lavoro".
 
 
E alla fine le ricadute di tutto questo andranno a carico della collettività.
"Ovvio. Hanno guadagnato gli azionisti del momento quando c'era trippa e adesso pagano tutti. Le persone che perderanno il posto difficilmente troveranno delle possibilità sulla piazza di Lugano".  

 
Un futuro preoccupante per il nostro Cantone. 
"Molto. Una volta c'erano le poste, le ferrovie e le banche. Ora i nostri giovani non sanno più da chi andare a lavorare. Le nostre sicurezze sono finite. Il futuro non è più nella piazza finanziaria. Non andremo al collasso, ma non sarà più il datore di lavoro che è stato in passato". 

 
Era più facile essere giovani ai suoi tempi.
"Questo è sicuro anche se paghi il prezzo di questa fortuna ogni volta che guardi il passaporto. Una volta se parlavi bene il dialetto facevi il cassiere, se sapevi l'italiano facevi il direttore. Oggi devi parlare inglese, francese e tedesco, più, preferibilmente, cinese o indiano. E tutto questo guadagnando stipendi insufficienti rispetto al costo della vita".

 
Come immaginare un futuro meno cupo?
"Dobbiamo adattarci al fatto che la pappa non sarà più pronta. Le opportunità continueranno ad esserci ma bisogna diventare più elastici, sia nello spostarsi che professionalmente. In Svizzera abbiamo comunque un marchio molto forte, una grande credibilità, delle competenze e della produzione intellettuale costante, attraverso le Università, che possono consentirci di costruire un futuro per le prossime generazioni. Ma serve un cambio di mentalità totale". 

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