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Scuola e Lavoro
12.08.2017 - 09:440
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Nicola Pini: "Vi spiego la Città dei mestieri: un villaggio dedicato alla formazione, al lavoro e all’orientamento scolastico e professionale che accoglierà tutti: giovani e meno giovani. Per il Ticino sarà una rivoluzione"

Intervista al deputato sul tema della formazione: "La conoscenza è una premessa di libertà e un bene fondamentale a prova di furto, ma i percorsi formativi sono svariati, tutti percorribili e di qualità. In questo senso ognuno deve ricercare il proprio percorso personale senza credere che il liceo sia l’unica strada verso solide e ambiziose prospettive future"

BELLINZONA - Tra i nuovi politici che si stanno profilando e impegnando a favore della formazione spicca il Gran Consigliere Nicola Pini. Non a caso Bixio Caprara, eletto presidente del PLR, oltre ad averlo confermato come vicepresidente cantonale – carica assunta nel 2012 dopo il duello elettorale al fotofinish con Rocco Cattaneo – gli ha affidato la responsabilità politica del tema della formazione, un settore da sempre molto caro ai liberali radicali, da Stefano Franscini in poi. E Pini non è rimasto con le mani in mano.

 

Dopo che lo scorso mese di gennaio il Gran Consiglio ha approvato una sua iniziativa parlamentare per codificare un maggior coinvolgimento di genitori e organizzazioni del mondo del lavoro nell’orientamento scolastico e professionale, recentemente il Consiglio di Stato, rispondendo ad un’altra sua mozione parlamentare, ha deciso di realizzare in Ticino una Cité des métiers, sul modello di quanto avviene a Ginevra e in una quarantina di altre città in tutto il mondo. Di questo, e di formazione in generale, abbiamo parlato con lui.

 

Soddisfatto delle decisioni di Gran Consiglio e Consiglio di Stato?

“Molto, perché si tratta di cantieri decisivi per affrontare alcune importanti sfide della nostra società, come l’orientamento dei giovani, le necessità di riqualifica o perfezionamento professionale per alcuni meno giovani, la nascita di nuove professioni e il declino di altre, le risposte al processo di automazione e digitalizzazione che è già iniziato e che trasformerà in maniera profonda il mondo del lavoro. Basti pensare che, secondo uno studio del WEF, il 65% dei giovani che oggi iniziano una formazione da adulto svolgerà un mestiere che oggi ancora non esiste. Per questo con i colleghi Alex Farinelli, Giorgio Fonio, Lorenzo Jelmini, Paolo Pagnamenta e Marco Passalia – e con il sostegno delle parti sociali, in particolare di Camera di Commercio, AITI, OCST e Sindacati indipendenti ticinesi – nel novembre del 2015 abbiamo lanciato due proposte non solo per valorizzare il ruolo dell’orientamento e la conoscenza dei vari percorsi formativi o delle professioni, ma soprattutto per rafforzare il legame tra formazione e lavoro. Due sostantivi, questi, che bisogna coniugare, anche se non sono verbi. Ciò che è stato approvato va senza dubbio in questa direzione, ed è un bene”.

 

Ma cosa è, nel concreto, questa Città dei mestieri?

“Un villaggio dedicato alla formazione, al lavoro e all’orientamento scolastico e professionale che accoglierà tutti – giovani e meno giovani – per informazioni sul mercato del lavoro e sulle varie opportunità formative. Lì, in un unico luogo, si potranno incontrare per brevi colloqui e senza appuntamento con gli orientatori, i rappresentanti degli ordini scolastici che forniranno indicazioni sui percorsi più adatti, recenti, spendibili; come anche i consulenti che consiglieranno come finanziare la propria formazione, spiegheranno cosa vuol dire mettersi in proprio o quali opzioni di formazione continua possono garantire un futuro. Oppure ancora professionisti e rappresentanti di aziende interessate ad assumere collaboratori e apprendisti, a spiegare di che profili necessitano o cosa significa svolgere uno specifico mestiere. Tutti insieme, per ascoltarsi e aggiornarsi; per sedersi con ogni singolo cittadino, confrontarsi sulle scelte possibili e maturare quelle più giuste per lui. O lei. Il tutto, in un ambiente stimolante che proporrà giornate di formazione, seminari e momenti di incontro tra chi le opportunità lavorative le cerca e chi invece le offre; in un contesto che organizzerà periodicamente conferenze con personalità di spicco da ogni ambito e che metterà a disposizione materiale multimediale aggiornato ai bisogni di chi chiede e di chi cerca di rispondere”.

 

In cosa questa struttura secondo lei è innovativa?

“In primo luogo perché permetterà di valorizzare scuole, mestieri e professioni tramite un’informazione accessibile, costante e moderna. Secondariamente perché si semplificherà la vita ai cittadini, che con la Città dei mestieri troveranno in un solo luogo, facilmente accessibile, tutti gli attori e tutte le risposte su lavoro e formazione. Infine, perché si tratta di una nuova concezione del servizio pubblico, aperto e centrato sul cittadino, i suoi interessi e i suoi bisogni. Il tutto, per di più, razionalizzando le risorse”.

 

Una rivoluzione quindi?

“Una rivoluzione per il Ticino, anche se non abbiamo inventato l’acqua calda. Il modello è già attivo in una quarantina di città, fra le quali Ginevra; struttura che ho visitato personalmente e che il suo promotore Grégoire Evequoz ha presentato al Consigliere di Stato Manuele Bertoli, ai suoi collaboratori e agli interessati durante l’ultima assemblea di ATST-Odec Ticino”.

 

ATST è l’associazione dei diplomati delle scuole specializzate superiori, scuole che però lei non ha frequentato. Perché allora la presiede?

“Non bisogna essere pensionati per fare una politica attenta agli anziani, donna per promuovere la conciliabilità lavoro-famiglia o di Mendrisio per occuparsi di mobilità. Ho quindi accettato volentieri di mettermi a disposizione di un’associazione tra i cui obiettivi c’è il sostegno e la valorizzazione della formazione, in particolare professionale e continua. Sono principi che condivido e che guidano la mia attività politica: anche se, va ribadito, ATST è un’associazione indipendente e apartitica che deve sempre mantenere la sua neutralità, e in questo senso esercito ovviamente la mia carica di Presidente, peraltro attorniato da persone valide, motivate e competenti. Inoltre, è importante far conoscere una realtà, quella delle Scuole Specializzate Superiori, le cosiddette SSS, di cui si parla davvero troppo poco. In Ticino sono una dozzina e spaziano dall’economia (SSSE) e dal turismo (SSAT) al cinema (CISA), all’artistico (CSIA), all’industriale (abbigliamento), al medico-tecnico e al socio-professionale. Scuole di valore, che occupano ogni anno 1500 studenti e che garantiscono buoni sbocchi professionali”.

 

Perché questo interesse verso la formazione, in particolare quella professionale, che come abbiamo visto la vede attivo sia sul piano politico che in quello associativo?
“La conoscenza è una premessa di libertà e un bene fondamentale a prova di furto, ma i percorsi formativi sono svariati, tutti percorribili e di qualità. In questo senso ognuno deve ricercare il proprio percorso personale senza credere che il liceo sia l’unica strada verso solide e ambiziose prospettive future. In Svizzera c’è da decenni un sistema formativo invidiato in tutto il mondo: l’apprendistato, un binomio scuola-lavoro che offre ai giovani che si avviano alla vita professionale stipendio e conoscenza. E che, grazie alle varie passerelle, più tardi permette comunque l’accesso a formazioni più alte, anche accademiche. Ho un amico che dall’apprendistato è finito all’Agenzia spaziale europea…”.

 

Stesso discorso per la formazione continua? 
"In un mondo in continua evoluzione, il posto di lavoro fisso non esiste più: la tecnologia avanza e il mercato del lavoro esige sempre di più in termini di qualità. Non arrivo a dire che diplomi e certificati dopo 10 anni sono spesso solo pezzi di carta, ma è fuori di dubbio che occorre ampliare ed aggiornare continuamente le proprie competenze personali e professionali. E qui la formazione continua rivestirà un ruolo sempre più importante e necessario. Anche a questa sensibilizzazione e informazione potrà essere utile la Città dei mestieri, aiutando e sostenendo le persone che oggi rischiano maggiormente di essere escluse dal mondo del lavoro. Sono convinto che ci aiuterà anche a combattere la disoccupazione soprattutto in età più avanzata”.

 

Torniamo al PLR. La scuola che verrà…verrà?

“La scuola deve in ogni caso venire, ne va del futuro del nostro Paese e della nostra società. Sul progetto specifico molto dipenderà dall’esito della sperimentazione, che dovrà essere monitorata e valutata con serietà e indipendenza. Conoscere per deliberare, insomma. Da parte mia saluto positivamente il fatto che il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport abbia considerato quanto emerso dalla prima consultazione del progetto, proponendo di conseguenza una parziale revisione del modello presentato nell’aprile del 2016. È un importante segnale di dialogo. Bene ad esempio che si sia abbandonata la liberalizzazione dei criteri di accesso al mediosuperiore, che avrebbe probabilmente comportato il rischio di una ancora maggiore licealizzazione e un semplice posticipo di un eventuale insuccesso, privando il sistema scolastico di strumenti formali con i quali influenzare le scelte legate al futuro formativo degli allievi. Come ho già spiegato in precedenza, è importante ribadire che non esiste solo il liceo e che vi sono altri percorsi formativi validi con ottime prospettive professionali. Resta poi ancora in sospeso la questione del superamento della differenziazione curricolare (corsi base e corsi attitudinali) attraverso delle misure di differenziazione pedagogica e didattica: su questo, e su altro, il PLR si riunirà e prenderà posizione durante il mese di settembre”.

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