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02.10.2017 - 11:350
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"L’imposizione di un canone nell’era della tecnologia è anacronistica". Alain Bühler spiega le ragioni a favore dell'iniziativa No Billag: "Per la RSI la possibilità di continuare c'è. Dire il contrario è terrorismo"

Dopo aver pubblicato il contributo del Presidente della CORSI Pedrazzini, parola al vicepresidente del comitato dell'iniziativa: "La RSI dovrà ricercare i fondi per operare sul mercato e fidelizzare l’utenza; esercizio impossibile? Assolutamente no, ma non sarà certo “comodo” come quando si riceveva parte dei proventi del canone senza doversi “meritare” i proventi stessi"

di Alain Bühler*

 

L’iniziativa popolare federale “Sì all’abolizione del canone radiotelevisivo” (No Billag) è limpida come l’acqua. Chiede esplicitamente che la Confederazione metta periodicamente all'asta concessioni per la radio e la televisione, non sovvenzioni alcuna emittente radiofonica o televisiva (se non la trasmissione di comunicazioni ufficiali urgenti) e non riscuota canoni.

 

Nel testo dell’iniziativa, non è minimamente menzionata la Società svizzera di radiotelevisione (SSR) e per un motivo molto semplice, non la si vuole cancellare in quanto emittente televisiva e radiofonica, ma solo sganciarla dallo Stato.

 

Sono rimessi in questione il canone e il conseguente servizio pubblico, mentre la SSR (se manterrà questa denominazione) può continuare ad operare e dovrà farlo da privata finanziandosi liberamente sul mercato.

 


Pubblicità televisiva, radiofonica e web, pay-per-view, on demand, le possibilità di reperire fondi sono molteplici e tutte valide, che sommate a una infrastruttura già pronta e al personale specializzato già presente, le permetterebbe di continuare a operare sul mercato mediatico nazionale.

 

Dovrà rimodellarsi, adeguarsi alla richiesta del pubblico, dovrà ricercare i fondi per operare sul mercato e fidelizzare l’utenza; esercizio impossibile? Assolutamente no, ma non sarà certo “comodo” come quando si riceveva parte dei proventi del canone senza doversi “meritare” i proventi stessi, ma la possibilità di continuare a operare c’è.

 

Chi nega questa evidenza è perché non ha la benché minima intenzione di mettere a frutto la qualità con cui ha operato sinora in un regime di piena concorrenza sul mercato, staccandosi dal cordone ombelicale dello Stato. Questo vale anche per la RSI e i suoi 700’000 possibili spettatori italofoni sul piano nazionale.

 

È molto più facile replicare con argomentazioni distorte con il solo fine di fare del puro terrorismo. Il tema centrale dell’iniziativa è però lontano dall’emittente nazionale, e resta la libertà individuale di scelta e l’abolizione di una coercizione che cozza con il diritto all’autodeterminazione dell’individuo, ossia determinare liberamente per cosa spendere il proprio denaro.

 

L’imposizione di un canone nell’era dove la tecnologia continua a fare passi da gigante, l’offerta è cambiata radicalmente come pure le abitudini di una parte crescente del pubblico, è anacronistica. Le nuove generazioni sono sempre più distanti dal concetto di servizio pubblico e dalla TV e dalle radio di oggi, essi vogliono scegliere i propri contenuti, vederli e sentirli quando, come, dove vogliono e gli ultimi dati sulla crescita in Svizzera di piattaforme come Netflix e Spotify la dice lunga su quale sia il futuro del servizio pubblico come lo intendono oggi a Berna.

 

Si parta dal fatto che vi è una fetta, di anno in anno sempre più consistente, della popolazione che non fruisce più dei servizi della SSR e che vorrebbe non dover subire l’imposizione di una tassa per riceverli. È lì che “No Billag” vuole agire, scardinando un obbligo che per molti cittadini non ha più senso.

 

Se poi, all’abolizione del canone aggiungiamo il rilascio annuale sul mercato di un capitale di 1.3 miliardi di Franchi non prelevato tramite il canone, generando posti di lavoro e ricchezza, allora sarebbe un doppio successo.

 

*Vicepresidente comitato No Billag

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