foto: TiPress/Francesca Agosta
ULTIME NOTIZIE Opinioni
Analisi
07.11.2017 - 17:590

Le sabbie mobili di Argo1, ecco perché un 'caso' è diventato uno 'scandalo'. Il festival degli errori e delle mezze verità. Sul quale incombe la maledizione del "risulta difficile credere che". E ora Beltraminelli deve chiarire il suo futuro politico al P

Analisi logica di uno scandalo, il ruolo dei funzionari, e quel che Beltraminelli avrebbe dovuto fare e non ha fatto. Così, settimana dopo settimana, ha iniziato a sprofondare nelle sabbie mobili di Argo1. E ora nel PPD c'è chi...

di Marco Bazzi

Poteva essere un semplice ‘caso’, ma col passare dei mesi è diventato uno scandalo. E ormai è troppo tardi. Ci sono stati troppi errori, troppa leggerezza, troppo fumo, troppe cose non dette, troppe difese d’ufficio, troppe scelte non fatte, troppe mezze verità, alcune delle quali puzzano di bugia e alimentano sospetti.

Diciamola tutta: il ministro Paolo Beltraminelli ha perso la bussola e si è avventurato su un terreno pericoloso e, settimana dopo settimana, ha iniziato a sprofondare nelle sabbie mobili di Argo1.

La sua passione per la corsa di orientamento avrebbe dovuto consigliargli prudenza. Ma così non è stato. E adesso dovrebbe chiarire il suo futuro politico.

Sarebbe un atto di coraggio, di trasparenza e di responsabilità nei confronti del Ticino e del suo partito, al cui interno diversi esponenti auspicano ormai, pur soltanto sussurrandola, una soluzione radicale.
C’è chi ipotizza di sostituire Beltraminelli con un magistrato d’area (come fece la Lega con Claudio Zali dopo la morte di Michele Barra), prescindendo dai subentranti nella lista per il Consiglio di Stato. E c’è chi fa il nome del capogruppo, Maurizio Agustoni.

Insomma, l’ipotesi di una sostituzione dell’attuale ministro prima del termine della legislatura si sta facendo largo in alcune frange del PPD, per quanto non ancora in modo ‘organizzato’.

Noi, come è noto, non siamo tifosi delle forche e dei processi di piazza. Per un giudizio compiuto sulla vicenda attendiamo le tre inchieste in corso: penale, amministrativa e parlamentare.  Quindi, a decidere cosa fare devono essere Beltraminelli, il PPD ed eventualmente gli elettori. Ma riteniamo al contempo che, dopo gli ultimi fatti emersi e la pessima figura fatta ieri dal Governo in Gran Consiglio, il ministro PPD dovrebbe facilitare il percorso politico e istituzionale chiarendo le sue intenzioni.

Nel giugno scorso abbiamo scritto: “A questo punto, il caso Argo 1 diventa una giungla di dubbi che vanno sciolti e chiariti, anche per le implicazioni e le ombre che gettano sulla conduzione politica e amministrativa del Dipartimento. Nel senso: la menzogne in questa vicenda non si possono accettare. Anche se, alla fine, si accertasse che è stata tutta una catena di leggerezze… Perché le leggerezze possono diventare sabbie mobili”.

E, leggerezza dopo leggerezza, siamo arrivati alle sabbie mobili.

Ora, però, qualche dubbio comincia a sollevarsi anche sulla presidenza del PPD, in quanto il caso della ormai famosa cena di Bormio, in Valtellina, ha fortemente indebolito Fiorenzo Dadò. Questo al di là del giudizio di merito sulla fattispecie. La domanda che circola con insistenza nella pancia pipidina è questa: come possiamo permetterci di affrontare la prossima, ma ormai imminente, campagna elettorale per le cantonali dell’aprile 2019 con un ministro e un presidente ‘azzoppati’? Le risposte dovranno, anche in questo caso, venire dal partito.

Il mandato ad Argo1

Argo era il cane di Ulisse. Ma anche la mitica nave che portò Giasone e gli Argonauti alla conquista del vello d'oro. O ancora, sempre nella mitologia greca, un mostro gigantesco dai cento occhi che non chiudeva mai tutti insieme, cosicché era sempre vigile.
Che strano nome per un’agenzia di sicurezza. Eppure si chiamava così, forse ispirandosi al cane dai cento occhi, quella costituita da Marco Sansonetti quando lasciò la Rainbow e propose i suoi servigi al Dipartimento di Beltraminelli. La Argo1 ottenne un mandato diretto e dal 2014 gestì per tre anni la sicurezza nei centri provvisori per migranti.

Poi sappiamo cos’è successo. Ma proviamo a fare un’analisi logica del caso, per capire perché da ‘caso’ si è trasformato in scandalo. In realtà, quell’analisi, l’avevamo parzialmente già proposta nel nostro articolo di giugno. Ma senza i particolari delle ultime settimane.

Allora: nel febbraio scorso venne arrestato un agente di Argo1 accusato di fiancheggiare i terroristi islamici dell’Isis. In carcere finì anche il titolare dell’agenzia, Sansonetti, appunto, ma per altre ipotesi di reato. Fu grazie a queste indagini, quindi casualmente, che ci si rese conto del quadro di illegalità in cui stava operando il cantone.

Il Dipartimento socialità, spiegò Beltraminelli in Parlamento nel mese di marzo, aveva stipulato un contratto di prova per verificare l’idoneità della Argo 1, valido dal 27 luglio al 31 dicembre 2014: “Il contratto è stato firmato da me e dal capo della Divisione dell’azione sociale Blotti. L’esperienza è stata positiva, e il mandato è stato dunque confermato agli stessi prezzi iniziali”.

Il ministro aggiunse che l’accordo “è stato continuato in modo tacito, ma è mancato un feed back nei miei confronti. La Divisione ha provveduto a rinnovi taciti”.

Quindi si è andati avanti così, fino a sfiorare in circa tre anni la somma di tre milioni e mezzo di franchi. Superando ampiamente il tetto previsto dalla legge sulle commesse pubbliche per i mandati diretti (150'000 franchi), anche quando la clausola dell’urgenza (che si poteva invocare nei primi mesi) era ragionevolmente venuta a cadere.

Beltraminelli ha giustificato il mandato non solo con l’emergenza rifugiati, ma anche con il principio dell’uso parsimonioso del denaro pubblico: “Con le tariffe applicate dalla precedente agenzia avremmo speso circa un milione in più”.

Ma dubbi sono sorti anche sull’opportunità di assegnare un compito così delicato a un’agenzia che allora aveva soltanto tre dipendenti e che aveva appena subito un cambiamento di ragione sociale. Diciamo dunque che anche i criteri di idoneità previsti dalla legge sulle commesse pubbliche sono stati valutati alla leggera…

Però, fin qui, si trattava ancora di un ‘caso’, che si poteva gestire. Beltraminelli avrebbe dovuto ordinare immediatamente un’inchiesta amministrativa indipendente e istituire una task force all’interno del suo Dipartimento, chiarire subito tutti i dettagli della faccenda, e pretendere di essere puntualmente informato su qualsiasi iniziativa o novità direttamente o indirettamente legata ad Argo1. Ma non lo ha fatto. E questo è stato a nostro giudizio il suo principale errore politico.

Il ‘festival degli errori’ inizia con la ritrattazione di Scheurer

Il ministro ha sempre difeso, probabilmente anche oltre il difendibile, la buona fede dei suoi funzionari: del capo della Divisione dell’azione sociale Claudio Blotti (oggi direttore delle Autolinee locarnesi), del funzionario che gli è succeduto, Renato Bernasconi, e del capo dell’Ufficio del sostegno sociale Renato Scheurer.

Proprio da quest’ultimo iniziò il festival degli errori, o dei malintesi, o delle leggerezze, che ha alimentato dubbi e sospetti sulla gestione del mandato. Durante le audizioni di fronte alla Sottocommissione parlamentare di vigilanza, coordinata dal capogruppo del PLR, Alex Farinelli, i due funzionari fornirono versioni diametralmente opposte.

Blotti affermò che non ci si era accorti che mancava la risoluzione governativa per il mandato. Mentre Scheurer, disse che già dal 2015 ci si era resi conto dell’errore: "Si è ritenuto che si sarebbe dovuto fare, ma non si è fatto perché eravamo troppo presi dall'attività (…). Siamo consapevoli di aver sbagliato".

Nel suo rapporto al Gran Consiglio la Sottocommissione scrisse: "Tenuto conto che Blotti è noto per essere molto preciso e, rispettivamente, aveva dimestichezza con gli aspetti procedurali risulta difficile credere che non si fosse mai accorto di quanto stava accadendo all’interno del suo Ufficio. La discordanza tra le due versioni (…) solleva più di un punto interrogativo”.

Pochi giorni dopo Scheurer ritrattò la sua versione. In una mail inviata a Farinelli, sostenne di non essersi mai reso conto della mancanza di una risoluzione governativa e quindi di non aver mai suggerito a Blotti di redigerla per sistemare il mandato dal profilo amministrativo.

Ora: per quale motivo Scheurer cambiò la sua versione? E qual è la verità?

L’invalidità di Morini

Dopo che nelle scorse settimane l’ex agente di Argo1 Mario Morini ha raccontato la sua verità a Falò, sulla RSI, è venuta alla luce la sua rendita di invalidità percepita in Italia. E la vicenda è stata oggetto di una ‘informativa’ giunta al Governo e trasmessa alla Magistratura.

Ieri in Parlamento Beltraminelli ha spiegato: “Al Dipartimento è arrivata questa informazione. Trattandosi di una verifica che riguarda un cittadino italiano, l’Istituto assicurazioni sociali ha segnalato il caso all’Istituto nazionale italiano, l’Inps. Quando ho ricevuto la risposta dall’Italia l’ha trasmessa ai miei colleghi di Governo e al procuratore generale Noseda”.

L’impressione è che ci sia stato, grazie a una fuga di notizie evidentemente pilotata da qualcuno, il tentativo di delegittimare Morini, al di là del fatto che quanto ha affermato è stato ritenuto credibile dalla Procura.

La mail di Bernasconi a Securitas su “l’infiltrato di Unia”

A proposito della sospensione di quello che il Corriere del Ticino ha definito “l’agente infiltrato di UNIA” da parte di Securitas (agente che, come Morini, in precedenza lavorava per Argo1), Beltraminelli ha detto: “Ci sono contatti regolari tra il Dipartimento e l’agenzia di sicurezza (ndr: la Securitas che oggi gestisce il centro rifugiati di Camorino). In questo contesto, dopo l’articolo del Corriere del Ticino, si è ritenuto opportuno compiere alcune verifiche sulla irreprensibilità del collaboratore, anche alla luce di una fattura su presunte vacanze pagate a funzionari che si è dimostrata  infondata”.
Si tratta della fattura da circa 5'000 franchi per una vacanza in Sardegna di cui ha parlato Falò.

Renato Bernasconi, ha discusso non la sospensione ma il traferimento dell’agente – ha spiegato Beltraminelli - e non è più stato messo a conoscenza dei relativi provvedimenti.

Però questa versione stride con la mail che Bernasconi ha inviato al direttore di Securitas, Stefano Moro, senza informare il ministro: “Caro Stefano, come discusso verbalmente, a seguito delle informazioni apprese dai media, a titolo cautelativo ti chiediamo di non voler impiegare presso la protezione civile di Camorino il vostro agente (…), al fine di tutelare l’integrità delle informazioni a carattere confidenziale che riguardano gli ospiti dei centri”.
Non convince la tesi della decisione presa di comune accordo, e fa riflettere quel “ti chiediamo”. Io e chi, “ti chiediamo”?

E il rosario degli errori (o dei dubbi) si arricchisce di un nuovo grano, che rafforza quel “risulta difficile credere che…” scritto nero su bianco mesi fa dalla Commissione di vigilanza.
Già, con tutta la buona volontà, si fa fatica a credere che Beltraminelli non sia stato messo al corrente da Bernasconi di questa iniziativa, di quella mail inviata in un momento tanto delicato, nel pieno della bufera politica e mediatica. Così, il festival degli errori è continuato.

Bernasconi ha ammesso: “È stata un’ingenuità. Ma credo che l’esistenza di quell'e-mail dimostri anche la mia buona fede. L'ho scritta mosso esclusivamente dalla preoccupazione che all’interno della struttura di Camorino ci fosse una situazione positiva e di normalità, anche alla luce delle note situazioni pregresse”.

E Beltraminelli gli ha fatto eco: “L’e-mail inviata dal capo Divisione è stata un’ingenuità commessa in totale buona fede. Bernasconi è una brava persona, molto scrupolosa, che lavora con serietà ed impegno. La sua unica missione è quella di garantire un servizio che possa non dare adito ad alcun dubbio”.
Però, quella mail va nella direzione opposta: dà adito a dubbi.

La cena di Bormio

Era l’ottobre del 2014 quando il presidente del PPD Fiorenzo Dadò (allora deputato e capogruppo) e la sua compagna Carmela Fiorini, la funzionaria del Dipartimento che si occupa della gestione dei migranti, andarono in Valtellina a trascorrere un fine settimana.  L’albergo di Bormio le era stato consigliato da Sansonetti, che lei aveva conosciuto per motivi professionali.

Dadò ha ribadito che il soggiorno è stato integralmente pagato da lui e offerto alla sua compagna, ad eccezione di una cena per due, per un totale di 150 euro. Fiorini è stata interrogata dalla procuratrice capo Fiorenza Bergomi, la quale ha accertato che il caso non ha risvolti penali. Nessuna accettazione di doni o di vantaggi, insomma… E il procuratore generale John Noseda ha firmato un decreto di abbandono nei confronti di Fiorini.

Dadò ha spiegato: “Molto semplicemente ho pensato a un gesto di cortesia nei confronti della mia compagna da parte di un collaboratore professionale, che non conosco personalmente e non ho mai incontrato. Si parla di tre anni fa quando Argo1 non era un problema per nessuno e la ditta era stata regolarmente autorizzata a operare ed era un partner professionale del Cantone. Alla luce della situazione odierna, con il senno di poi, oggi nessuno si sognerebbe di accettare anche solo un caffè da questi signori”.

Ma poi è venuto fuori che questo caso era stato oggetto in estate, per la precisione il 9 giugno, di un incontro a Bellinzona tra Dadò, Fiorini e il direttore della Divisione Bernasconi. Ma anche in questo caso Beltraminelli sostiene di non essere stato informato dell’incontro e nemmeno del caso della cena di Bormio…

Così, il festival degli errori, o del pressapochismo, si è arricchito di un nuovo tassello.

Il presidente del PPD ha dichiarato a liberatv: “Già questa estate mi era giunta voce che qualcuno raccontava in giro che Argo1 avesse pagato una vacanza a Bormio a me e alla mia compagna. Ho immediatamente voluto capire di cosa si trattasse, essendo pure maldicenze. Di conseguenza la mia compagna ha preso contatto con il suo funzionario dirigente chiedendogli un incontro al più presto, in presenza, oltre che del sottoscritto, anche della persona che aveva sentito questa storia assurda. Una volta chiarita l’assurdità di queste voci, considerato che la mia compagna è una funzionaria pubblica - che ricordo non è un funzionario dirigente e non ha avuto un ruolo nell’attribuzione del mandato Argo - dopo aver recuperato le fatture, abbiamo nuovamente incontrato il Capo Divisione, per mostrargli che si trattava unicamente di una cena del valore di 150 euro mentre tutto il resto, ossia soggiorno ed extra, era stato interamente offerto da me. Il capo Divisione ha fatto le sue valutazioni che sono coincise con quelle del procuratore generale Noseda”.

Ora, c’è chi ritiene la partecipazione di Dadò all’incontro con Bernasconi un atto inopportuno, chi lo ritiene grave e chi inusuale ma accettabile. Come Beltraminelli, che ieri ne ha riferito in Gran Consiglio… Ma la domanda di fondo è: come si può credere che Beltraminelli non sapesse nulla di questi casi che hanno gettato nuove ombre sul caso Argo1, contribuendo a trasformarlo in uno scandalo?

E ancora una volta ritorna, come una maledizione, quel “risulta difficile credere che”…

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
dipartimento
ministro
ppd
capo
festival
errori
compagna
divisione
mandato
agente
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved