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Cronaca
23.03.2024 - 09:270

L'amicizia si allarga. E stasera al Mercato coperto di Bellinzona...

Ecco come sono nati gli incontri e gli scambi tra culture e sensibilità diverse

Questo contributo è stato sostenuto da JournaFONDS, per l’inchiesta e il reportage: http://www.journafonds.ch/

di Beniamino Sani

Non facciamo dialogo interreligioso, la nostra è amicizia e dialogo in pratica, ci aveva detto Luan Afmataj, imam di origini albanesi incontrato settimana scorsa (potete recuperare il testo qui) che guida il Centro islamico di Bellinzona ed è un po’ il punto di riferimento dei musulmani nel Sopraceneri. Una frase che ha continuato a stuzzicare la nostra curiosità. Fabio e Claudio, – ricorderete – avevano conosciuto Luan alcuni anni fa a margine di una conferenza a Lugano. Col tempo il loro rapporto è cresciuto e, ci dicevano settimana scorsa, quasi naturalmente è divenuto un fatto pubblico. Ma come è avvenuto questo passaggio?

Perché mettersi a organizzare incontri e scambi tra culture e sensibilità diverse? “Per me, come cristiano – ci dice Fabio –, ogni incontro, foss’anche desiderato e preparato, è una grazia che ti capita. Durante gli studi universitari avevo per esempio avuto la grazia di entrare in rapporto con un grande filosofo ebreo, Emmanuel Lévinas. Egli stesso era stato una grande testimonianza dell’apertura all’incontro con l’altro, della possibilità di vivere un’unità “non dottrinale”, ma umana, tra diversi”. “D’altro canto, poi, l’incontro con l’Islam oggi sta divenendo pian piano non direi tanto una necessità, ma comunque un fatto che si impone a noi tutti, poiché banalmente questa comunità diventa più numerosa nei nostri Paesi, vive di fianco a noi, gomito a gomito, nelle nostre giornate”.

Come ci dice Fabio, “la dicitura sotto la quale mettiamo i nostri inviti per un'amicizia islamo- cristiana, contiene in quel “per” una proiezione verso il futuro (che però ha avuto un inizio molto convincente) che è l’amicizia tra noi tre innanzitutto, approfonditasi nel tempo ma come stesse sempre sbocciando”.

Come dunque è divenuta “pratica” questa bella compagnia? Un po’ per caso. Fabio vede un teatro che lo colpisce. Un musicista e un attore mettono in scena la storia di un cristiano e di un musulmano, un vescovo cattolico e il suo giovane aiutante musulmano, morti assieme nell’attentato preparato per uccidere il prelato. Un fatto avvenuto a Orano, in Algeria, nel 1996. Narrato sul palco anche attraverso le memorie, i diari, gli scritti dei protagonisti. Una storia di amicizia straordinaria: il giovane Mohammed, l’autista, sapeva di rischiare la vita restando vicino al vescovo Pierre Claviere, ma scelse di rimanergli accanto). Fabio propone ai suoi amici di rappresentare la pièce in Ticino. Così avviene, a fine 2020 a Sant’ Antonino. Lo spettacolo colpisce molto i presenti. Come ci dice ancora Fabio. “Se la pièce in sé era molto potente, è ciò che è accaduto dopo il teatro ad avermi impressionato ancora di più. Dopo la recita i due attori decidono di intrattenersi con il pubblico, raccontando di sé, di come loro stessi erano entrati in contatto con questa strana storia di amicizia tra un musulmano e un cristiano, che avevano deciso di rappresentare il teatro, con centinaia di repliche, commuovendo moltissime persone di fede diversa”.

“Hanno coinvolto il pubblico portandolo dentro il loro incontro con i due personaggi messi in scena”, ricorda Fabio, “e ciò che ne è scaturito è stato il desiderio da parte dei presenti di partecipare alla condivisione: molti tra questi erano per l’appunto musulmani contenti di poter finalmente parlare liberamente della loro esperienza, senza avvertire un filtro di diffidenza e magari di sospetto nei loro confronti. Poter incontrare altre persone in cui riconoscevano qualcosa di comune, un desiderio e una religiosità condivisa”.

“Quella sera abbiamo dovuto troncare la chiacchierata, perché erano le 11 passate  e bisognava chiudere il salone”, ricorda Fabio Ce lo conferma l’imam Luan. Tra i suoi amici c’era un po’ di cautela all’inizio: “Era per tutti una cosa nuova, nessuno sapeva cosa aspettarsi. Però alla prima proposta ne sono seguite delle altre e col passare degli incontri ha cominciato a partecipare un numero sempre maggiore di persone legate alla comunità islamica di Giubiasco”.

Dato il successo della prima serata emerge il desiderio di proseguire un percorso. Il secondo momento pubblico nella primavera del 2022 ha come protagonista un musulmano, Wael Farouq, egiziano che vive tra il Cairo e Milano, dove insegna arabo all’Università Cattolica. Proprio in quell’ateneo Farouq vive un'esperienza di incontro con amici cristiani, che a sua volta ha facilitato la conoscenza tra giovani studenti delle due fedi. Quella sera Farouq racconta la sua storia personale, trasformata dall’impatto con alcuni cristiani. “Conoscevo Wael per averlo incontrato a un convegno”, ricorda Claudio, “proposi di invitarlo a parlarci del suo sorprendente percorso che dall’amicizia col diverso lo aveva condotto ad approfondire la sua stessa tradizione religiosa”. Infatti il giovane professore egiziano restò colpito, qualche anno fa, dalla totale assenza di proselitismo da parte di quei vivacissimi cattolici milanesi.

“Mi disse -conferma Claudio- che quell’amicizia aveva propiziato la sua vera scoperta dell’islam, ben al di là della sua appartenenza fino allora piuttosto tiepida e formale alla tradizione religiosa del suo popolo”.  “Quella sera -assevera Fabio- allo Spazio Aperto di Bellinzona io ero seduto a fianco di una persona di fede musulmana che si agitava, non riusciva a stare seduta sulla sedia. Faceva domande, a tratti anche provocatorie. Eppure alla fine, con mia grande sorpresa, espresse tutto il suo entusiasmo. Ricordo che intervenne e disse: avremmo dovuto registrare e mandare nel web questa serata, perché è stata veramente eccezionale”. “E a me disse -aggiunge Claudio- ‘questo è proprio un vero musulmano’”.

“Sì i partecipanti furono tutti entusiasti, facevano domande, partecipavano”, ricorda Luan.  “Da parte dei musulmani che conosco, c’è secondo me un grande desiderio, anche in persone di seconda o terza generazione che sono cresciuti qui, di incontrare e conoscere di più la società dove vivono, la sua diversità rispetto a quella dei Paesi musulmani da cui le loro famiglie provengono. Per questo gli incontri organizzati negli ultimi anni sono stati una grande occasione per tutti”. Claudio mette a fuoco il segreto di questa fecondità: “Negli incontri tra noi la cosa bella è che inizialmente non domina l’interesse culturale o interreligioso, ma l’interesse per l’altro, quindi – e solo di conseguenza – il desiderio di conoscere la sua cultura, la sua religione. È una cosa, questo desiderio di amicizia, vera e incondizionata, che non parte dall’idea di far prevalere le proprie convinzioni, e non è neanche finalizzata a organizzare eventi. Gli eventi nascono come frutti imprevisti”.

Frutti peraltro, a volte, anche… commestibili, come accade nei pranzi aperti a tutti a margine di questi eventi artistici e culturali. Come accade ad esempio in una occasione più raccolta (ma comunque pubblica), organizzata da Fabio e Luan. “Ci siamo trovati assieme una sera a leggere le nostre rispettive Sacre Scritture, concentrandoci sulla figura di Abramo, comune alle due fedi religiose, e sulla sua discendenza”, ci dice Fabio.

I due si ritrovano di nuovo allo Spazio Aperto di Bellinzona, aiutati nel confronto dal sacerdote cattolico Rolando Leo. Come ci spiega Fabio, “per me è stato importante riprendere coscienza di come nella nostra Sacra Scrittura vi sia una promessa, fatta e ribadita, un po’ incongruente magari, non solo a Isacco (il figlio ufficiale di Abramo) e alla sua discendenza israelita, ma anche alla schiava Agar, madre del primo figlio di Abramo, Ismaele”.

Una promessa che rimane lì, e non viene spiegata ulteriormente nella Bibbia, ma che già anticamente aveva dato adito all’identificazione delle tribù del nord dell’Arabia dei discendenti di Ismaele, tribù spesso chiamate “agarite” o “ismaelite” appunto. Uno dei motivi per cui i musulmani si considerano legati a Ismaele e ad Abramo. “È un fatto abbastanza misterioso”, ripete Fabio. “È come se la Bibbia facesse un posto a questa discendenza, senza però spiegare oltre. Per questo mi era sorto il desiderio di rileggere il testo e di guardarlo alla luce dell’amicizia con Luan. Fu una serata semplice però evidentemente colpì i presenti, poiché alla fine uno dei giovani musulmani presenti si alzò e affermò ad alta voce: ma dovremmo farlo ogni mese un momento così!”.

L’amicizia si allarga. Il desiderio nelle due comunità coinvolte nel rapporto cresce. Arriviamo dunque all’anno scorso, come vi abbiamo già narrato nell’articolo precedente. Dalla comunità musulmana arriva l’invito a partecipare, una sera, alla rottura del digiuno di Ramadan. La pandemia di covid è da poco scemata, dunque non si possono ancora invitare troppe persone. Però, comunque, c’è il desiderio di incontrarsi. Così alla moschea di Bellinzona vengono invitati una dozzina di membri della locale comunità cristiana.

Tra loro anche l’arciprete di Bellinzona e il già citato don Rolando Leo. Proprio a Don Rolando Fabio chiede come poter contraccambiare l’invito. “Alla rottura del digiuno avevamo potuto sperimentare un grande senso di fraternità”, ci spiega don Leo. “Ecco che quasi provvidenzialmente, poco tempo dopo era in programma una serata di preghiera organizzata con la comunità ecumenica di Taizé, che dunque già di per sé era un momento aperto a tutte le confessioni cristiane. Abbiamo preso al volo l’occasione, abbiamo invitato i nostri nuovi amici musulmani all’evento che si è svolto nella Chiesa evangelica di Lugano. Poi, dopo il momento di canto e silenzio nell’atmosfera meditativa al lume di candela abbiamo mangiato una pizza assieme con Fabio, Claudio e questo gruppetto di loro amici musulmani, visibilmente contenti di essere lì con noi”. Un pasto dunque, che sarà anche centrale, assieme alla preghiera, del momento dell’Iftar, la rottura serale del digiuno del Ramadan, che si svolgerà questa sera 23 marzo al Mercato coperto di Bellinzona, con una partecipazione prevista di trecento persone (il numero massimo previsto è stando alle iscrizioni già raggiunto). Un’esperienza di incontro nata anche a tavola, come ci dice don Leo: “Questa amicizia islamo- cristiana, nata tra un imam e due laici cattolici, è un dialogo interreligioso certamente un po’ diverso da quello condotto in altre sedi, diciamo più “istituzionali”, che pure esistono. Una cosa simile all’Amicizia Ebraico-Cristiana che si ritrova a Lugano e si è anche formalizzata in un ente, ma che è nata in origine da una semplice amicizia. E qui è successa la stessa cosa. Una cosa nata tra la tavola, il pane e il formaggio… e le gite in montagna. Non penso nemmeno sia un caso che sia sorta tra queste precise persone”.

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