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28.04.2015 - 15:490
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Presidenti di partito come gli allenatori di calcio: da cacciare o da confermare? Il caso di Saverio Lurati: cambiare per cambiare non ha nessun senso

Come nel pallone ci sono regole e tempi precisi per cambiare il timoniere. I numeri elettorali del PS non sono tali da suggerire l'esonero del presidente. A meno che....

L'allenatore nel calcio si cambia per tre motivi quando i risultati non sono soddisfacenti. Perché si è dimostrato incapace a svolgere il suo ruolo. Perché la squadra non lo segue più e serve una scossa. Perché ce ne è uno più bravo disposto a subentrare. C'è poi un'altra regola: il cambio va fatto al momento giusto ed avendo ben chiari quali sono gli obbiettivi. Serve un traghettatore che porti la squadra fino al termine della stagione per poi dare avvio a una rifondazione? Oppure serve un cambio per raggiungere la salvezza? O ancora: è disponibile un uomo talmente più bravo di quello che oggi è al comando che non bisogna lasciarselo sfuggire e con lui cominciare subito un nuovo progetto? In molti, dopo le elezioni cantonali, hanno tracciato un parallelismo tra la figura del presidente di partito e quello di un coach di una squadra calcistica. Tre i mister che sono usciti dalla tornata elettorale con la panchina traballanti. Giovanni Jelmini, che nel frattempo ha lasciato la guida del PPD. Sergio Savoia che invece è stato confermato al suo posto. E Saverio Lurati che balla ancora tra la riconferma e l'addio. Il PS deciderà domani sera se confermare la fiducia a tempo al suo presidente, il cui mandato scadrà comunque dopo le elezioni comunali (aprile 2016), oppure se affidare il timone a un nuovo comandante. Per il Consiglio di Stato i socialisti hanno perso circa 500 schede tra il 2011 e il 2015, passando dal 16,2 al 14.8, con l'aggravante dell'aumento della partecipazione. Mentre per il Gran Consiglio ne hanno addirittura guadagnate circa 500. Ma l'aumento degli elettori, e le alchimie dei resti, hanno tuttavia prodotto un arretramento di uno "0, qualche cosa" costato 1 seggio in Parlamento. L'analisi fredda e cruda dei numeri, francamente, non giustifica un cambio su due piedi. Si può dire che per il Parlamento il PS è stato anche sfortunato a questo giro. In una situazione politicamente complessa , forse la più complessa da decenni in Ticino per il primo partito della sinistra, i socialisti tutto sommato hanno tenuto le posizioni. Si poteva fare di più, certo. Gli errori non sono mancati, è evidente. E certo non può essere consolatorio e mai utile farsi forza pensando di aver perso meno degli altri. Ma c'è un'altra evidenza raccontata dal risultato elettorale: tutti quelli che non erano PLR o Lega, chi più e chi meno, ne sono usciti con le ossa rotte, con l'eccezione dei piccoli partiti PC/MPS e Montagna Viva. Certo l'obbiettivo della vigilia era avanzare. Ma gli obbiettivi sono per l'appunto ipotesi, se non molto spesso speranze. D'altra parte chi è a capo di una truppa cosa dovrebbe dire per motivare i suoi soldati in un'elezione dove già mancano stimoli per chi non conduce la gara di testa e non deve sostituire un ministro: arretriamo? Marciamo sul posto? No, chi è al comando ha il dovere di porre un'asticella più in alto. Ha l'obbligo di convincere i "suoi" a gettare il cuore oltre l'ostacolo, anche quando le condizioni suggeriscono che sarà parecchio difficile fare anche solo un passo avanti. Semmai si volesse muovere un rimprovero al PS su questo tema si potrebbe dire esattamente il contrario: ovvero sia di adottare da anni una tattica troppo rinunciataria che, volta dopo volta, erode consenso. Cambiare per cambiare non ha senso. E un partito, se vuol essere o tornare grande, deve avere la lucidità e la freddezza di saper tracciare il proprio futuro senza che la matita subisca l'emotività o i regolamenti di conti che sempre le elezioni lasciano in dote. Saverio Lurati è già stato un presidente di transizione e i numeri dicono che non è stato un incapace. Non se ne può scegliere un altro di passaggio né lo si può cambiare per inadeguatezza. Restano dunque due opzioni da valutare: o la sua squadra non lo segue più oppure c'è una personalità di grande spessore e di grande consenso interno ed esterno al partito che è disponibile a sostituirlo. Se queste due condizioni fossero realizzate andrebbe sostituito all'istante. In caso contrario non avrebbe alcun senso sostituirlo oggi con importanti votazioni alle porte, in giugno, e con le federali ad ottobre. Piuttosto che avventurarsi in una lunga e complessa ricerca di un sostituto, il PS potrebbe concentrarsi sulle indicazioni scaturite dalle urne. Indicazioni che, con il meglio delle proprie energie, dovrebbero essere colte e tramutate in una rinnovata linea politica capace di trasformarsi in azione concreta nelle istituzioni e sul territorio. E in voti, possibilmente AELLE
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