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Politica e Potere
04.10.2015 - 21:390
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Clamoroso, Sergio Savoia lascia la presidenza dei Verdi: "Dimissioni irrevocabili. Ma non lascio la politica: ora comincia una stagione di libertà"

Dopo otto anni il coordinatore cede il timone degli ecologisti: "Mi auguro che il partito continui ad essere orgogliosamente autonomo. Il mio successore? Ci sono 3 o 4 persone brillanti che potrebbero succedermi ma non faccio nomi"


BELLINZONA - "Ho appena comunicato che rassegno le dimissioni da coordinatore dei Verdi in maniera irrevocabile".  Lo dice tutto d'un fiato Sergio Savoia. E con una frase di pochi secondi chiude una presidenza lunga ben otto anni. Una presidenza vissuta sempre al fronte, in battaglia. Tra applausi e fischi. Consensi e rotture. Successi e sconfitte. Comunque al centro della scena politica pur con un partito che non aveva e non ha dimensioni per stare al centro del palcoscenico.  

Ma la decisione non è di queste ore né di oggi, racconta Savoia: "Ho deciso parecchio tempo fa ma l'agenda politica e il senso di responsabilità verso il partito e gli elettori mi hanno impedito di comunicare la mia scelta prima di oggi". Vale a dire, chiediamo: "Quando il comitato cantonale mi ha riconfermato la fiducia dopo le elezioni cantonali mi ero dato tre mesi di tempo. La mia preoccupazione era rivolta soprattutto alla votazione sui salari minimi del 14 giugno. Sarebbe stato irresponsabile mollare prima di quel voto affrontando la campagna con un partito debole e senza leadership. E anche dopo quella grande vittoria, c’erano pur sempre le Nazionali alle porte: un abbandono a quel momento sarebbe stato altrettanto inopportuno. Il partito era in una fase difficile e, in questi casi, un leader, la persona con maggior consenso elettorale nel partito, non abbandona la nave. Pur facendo qualcosa che non era nel mio interesse ho quindi deciso di metterci ancora una volta la faccia candidandomi e traghettando il partito verso la competizione elettorale con delle buone liste e sostanzialmente unito". 

Perché lasciare ora quindi, a pochi giorni dal voto?
"Questo è il momento migliore. La campagna per le federali è sostanzialmente conclusa. La gente sta già votando da diversi giorni. Le elezioni andranno come andranno ma io spero che faremo un risultato migliore di quel che dicono i sondaggi. E spero che anche agli Stati i ticinesi vorranno testimoniarmi il loro affetto come sempre hanno fatto in questi anni. Poi all'orizzonte ci sono le elezioni comunali. Su Lugano ho già imbastito un discorso molto ben avviato con Raoul Ghisletta ma è giusto che la decisione finale se chiudere l'accordo la prenda chi mi succederà. Inoltre dopo otto anni sono il presidente più longevo. Non mi sono mai piaciuti i culi di pietra e non voglio certo diventarlo io”.

Cosa prova in questo momento? Tristezza o si sente sollevato?
“C’è un po’ di malinconia, è innegabile. E un pochino di amarezza per certi attacchi violenti e vigliacchi da parte di chi, in teoria, dovrebbe essere tuo compagno di partito. Ma essere leader di una forza politica significa anche sopportare queste situazioni e continuare a lavorare, anteponendo l'interesse del partito e dei ticinesi a quello personale". 

Quindi, da quanto dice, la famosa lettera dei dissidenti capitanati da Greta Gysin non ha avuto alcuna influenza sulla sua decisione?
"No, nessuna. Si tratta di persone il cui agire politico manca di spessore. Io sono abituato a fare politica e a confrontarmi su progetti e proposte, non con atteggiamenti distruttivi e meschini. Inutile perderci troppo tempo. Non voglio però utilizzare questo momento per parlare di certa gente. Il mio pensiero va oggi alle  persone leali, corrette e devote alla causa che non hanno mai smesso di impegnarsi per i cittadini. Lavorare con queste persone è stato un privilegio e un onore”.

Torniamo a lei. Che bilancio fa di questi 8 anni?
"Sa, in politica si vince e si perde: è il bello di una democrazia che funziona. Fatta questa premessa penso di lasciare con un bilancio molto positivo. Quando ho cominciato c'era un partito che non contava nulla e ora è protagonista sulla scena politica. Sono stato il primo coordinatore a condurre il partito ad avere un gruppo in Gran Consiglio e poi a confermarlo alle ultime cantonali, pur perdendo un deputato. Abbiamo fatto battaglie straordinarie come quella sul carbone e sui salari minimi. Abbiamo contribuito in maniera determinante alla vittoria del 9 febbraio, cosa di cui vado molto orgoglioso. A livello personale poi mi sono stato il deputato più votato in Gran Consiglio nonostante fossi il presidente di un piccolo partito. Questo dimostra l'affetto e l'apprezzamento di tantissimi ticinesi nei miei confronti. Non si può chiedere molto di più dalla politica“.  

Ma il suo è solo un addio alla presidenza dei Verdi o anche alla politica?
"Non lascio la politica. Vedo questo passaggio della mia vita come una grande opportunità: finalmente sarò libero e intendo approfittare a pieno di questa libertà. Ci sono delle singole battaglie su cui intendo impegnarmi a fondo come quella contro il raddoppio del Gottardo e quella contro l'Unione Europea. E finalmente potrò farlo senza dover misurare le parole o preoccuparmi di questa o di quella sensibilità interna ferita. Naturalmente rimarrò in Gran Consiglio". 

Mi ha detto le cose positive e le cose negative? Cosa ha sbagliato in questi anni?
"Mi lasci rispondere con una battuta: le critiche le lascio fare agli altri. Oggi mi interessa solo ringraziare dal profondo del cuore tutte le persone che mi hanno aiutato in questi anni e in questi mesi. Senza di loro non avremmo ottenuto i risultati straordinari che abbiamo conseguito". 

E ora cosa succederà? Come avverrà la transizione?
"Il 12 ottobre è convocata una direzione che dovrà occuparsi di questo tema. Io mi auguro che il partito continui ad essere orgogliosamente autonomo. Spero che non venga gettato via quel che è stato costruito. Mi auguro che si possa andare avanti senza tornare al passato quando i Verdi erano una specie di dépendance del PS. Evidentemente c'è chi pensa che dovremmo tornare a fare gli utili idioti, ma sono sicuro che la maggioranza dei militanti non vorrà intraprendere la via del suicidio politico". 

Ha qualche idea sul suo successore?
“Avrei delle preferenze, naturalmente. Attualmente ci sono 3 o 4 persone brillanti e competenti in grado di raccogliere il testimone, ma non tocca a me indicarle. Se ne avranno voglia si faranno avanti. Una cosa è certa: non ci sono delfini. Non è una carica ereditaria (ride)”.

Nomi?
"Nomi non ne faccio e non ne farò. Per sapere come la penso dovrete aspettare di vedere chi voterò in assemblea"

E lei che ruolo avrà? Padre nobile? Prima ha detto di voler comunque continuare con la politica: lo farà nei Verdi?
"Ogni opzione nella vita è aperta. Per ora farò il deputato e il militante. Come le dicevo prima per me comincia una stagione di libertà e autonomia: la sfrutterò a fondo per il bene del Paese e dei ticinesi". 

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