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07.11.2016 - 09:090

Una lettura di "Per te", lo spettacolo di Finzi Pasca che ha commosso il Ticino: "Perché la vita disegna le più belle storie, anche nei piccoli gesti quotidiani, come quando Julie si annotava tutto su un libretto. E la quotidianità avanza al fianco della

La critica di Nicoletta Barazzoni: "Non sempre sono stata catturata dallo spettacolo. A volte ho faticato ad entrarci dentro. Ma é importante portarsi via un pezzo di mondo..."

di Nicoletta Barazzoni *

La presenza assenza della moglie Julie nello spettacolo Per te di Daniele Finzi Pasca è il catalizzatore su cui poggia l'intera costruzione teatrale, non soltanto perché lo si sapeva sin dall'inizio che lo avrebbe dedicato alla sua memoria ma soprattutto per il fatto che, di scena in scena,  tutto si ricompone attraverso la sua presenza assenza.

Tutto, o quasi, in lei e attraverso lei, si fa simbolismo, si trasforma in segno, ripercorre l'immaterialità dei ricordi, racchiusi ma poi liberati, nella scatola delle parole e dei segreti, coltivati nel giardino interiore degli affetti.

Trasportando dolore, rabbia e paura in un altrove, raffigurato da una porta illuminata circondata da nuvole, lo spettacolo parla della mancanza, e lo fa attraverso gli interstizi delle emozioni, che accomunano proprio i mortali, confrontati con la perdita e il lutto. La panchina rossa stabilisce un contatto tra la terra e il cielo, e tra i momenti della vita quotidiana, i sogni e la realtà. Così come il colore rosso, che domina il palcoscenico, rappresenta la passione per la vita ma anche il sangue con il suo forte valore simbolico.

Sogno, realtà e illusione si scambiano sensazioni, si avvicendano, sollevati da terra dal vento della speranza che muove e fa muovere le cose, rianimando il vissuto per riprendere vita.

Alcune scene riesumano le fotografie di Julie, il ricordo delle sue piccole manie, i suoi piaceri, le sue aspirazioni e i suoi desideri, perché la vita disegna le più belle storie, anche nei piccoli gesti quotidiani, come quando si annotava tutto su un libretto. E la quotidianità avanza al fianco della malattia, insieme agli amici e all'amore per il teatro.

Come Don Chisciotte nella terra sconosciuta, in un turbinio di foglie, farfalle, cerchi, scale, e grandi veli, si affronta il viaggio a volte giocoso, e altre doloroso della vita segnata da una malattia inguaribile. Figure angeliche e anime invisibili volteggiano sul palcoscenico, frammiste al vissuto di un gruppo di amici che suonano e cantano. Tra loro c'è n'è uno, il quale sogna di essere nudo ma nudo lo è veramente, così da confondere la realtà con il sogno e la finzione.

Anche l'incontro tra persone fisiche e spirituali ha avuto il suo spazio. Mentre la malattia prende il sopravvento e le stagioni si susseguono gli attori svestono le loro armature. Nella scena finale, disarmati di fronte all'ineluttabilità della morte, si rivolgono al pubblico come a voler sottolineare il fatto che siamo tutti spettatori dello stesso dolore e dello stesso finale.

Non sempre sono stata catturata dallo spettacolo. A volte ho faticato ad entrarci dentro, provando un senso di incompletezza come se ci fossero dei passaggi ancora da perfezionare, come se non ci fosse abbastanza teatralità, così da smuovere in me emozioni con più convinzione. Forse come è stato detto nello spettacolo la critica non capisce alcune scene, anche se quel che conta non è capire ma è poter interagire emotivamente in un dialogo interiore. È importante portarsi via un pezzo di mondo, una memoria emotiva che il teatro, forse più di altre espressioni artistiche, permette di fare perché si va a teatro anche per trovare se stessi. Ma come più volte ripetuto in scena la storia verrà affinata di spettacolo in spettacolo per andare incontro al successo.

* giornalista


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