di Sergio Savoia*
“Dobbiamo dire no ai tecnocrati e sì alla sovranità nazionale”.
Potrebbe essere una di quelle cose che dice quel mezzo-leghista del Savoia, una delle uscite per cui sono stato crocifisso a ripetizione dall’intellighenzia politicamente corretta, da quelli che amano definirsi “progressisti”.
Se non fosse che quelle sono parole di Alexis Tsipras, uno che è molto più sinistra di molti di quelli che qui predicano l’apertura indiscriminata di mercati e frontiere e che lasciano cadere una lacrimuccia calduccia caldina ogni volta che sventola la bandiera blu con le stelle gialle.
Tsipras ha detto no ai burocrati di Bruxelles e all’austerità costruita sui pensionati, sui deboli, sui lavoratori mentre banchieri e tycoon dal volto celato si ingozzano sulle rovine dell’acropoli e già si dividono le vesti del paese che ha dato al mondo la democrazia.
Piangi Europa, mentre assisti alla morte annunciata, all’assassinio voluto, cercato, pianificato di una nazione cui si devono gli stessi valori che chiamiamo occidentali e il nome medesimo di Europa.
Piange l’Europa quella vera; ride invece la UE, il mostro tentacolare costruito negli anni dai poteri forti, dalle multinazionali, dalle corporations, dall’internazionale dei burocrati.
Questo mostro assetato di denaro, privo di valori che non siano quelli stampati sulla carta moneta, schiavo degli ambienti bancari e della Germania che strangola il continente per nutrire la propria crescita. Vogliamo questa roba qui? O vogliamo una Europa dei popoli? Una Europa nella quale indire un referendum per sentire come la pensa il proprio popolo non sia un’offesa ma un titolo di merito? Una Europa delle diversità, della democrazia dal basso. L’unica Europa che possiamo amare?
Oggi più che mai il concetto di sovranità deve essere caro anche alla sinistra. Sovranità è differente da nazionalismo. Sovranità significa che, qualunque sia l’ambito in cui si è iscritti, i cittadini decidono, il popolo regna. Qui invece gli elettori dovrebbero stare zitti e lasciare in mano ai consigli di amministrazione, alle troike, a Draghi il proprio destino.
Oggi la battaglia imperversa tra chi difende il piccolo, il vicino, il locale, la democrazia. E chi ci vuole consumatori senza voce, sudditi di una burocrazia elefantiaca, pronti a votare ma solo con le nostre carte di credito, schiavi e disoccupati.
Je suis la Grèce, siamo la Grecia.
Oggi lottare per la sovranità popolare contro le banche, i finanzieri e la globalizzazione disumana è un dovere di ogni cittadino. Ed è dovere di chi si ritiene di sinistra, perché non c’è nulla di progressista, di ‘aperto’, di ‘sinistra’ nella distruzione programmata della Grecia. E poi del Portogallo, della Spagna e di chiunque non si conformi.
Una volta questa roba si chiamava con il suo nome: “imperialismo”.
*Coordinatore dei Verdi