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Politica e Potere
15.08.2016 - 10:250
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il ritorno di Rico Maggi. Il direttore dell'IRE, dopo i dati della SECO sulla disoccupazione, si toglie qualche sassolino dalla scarpa: "In Ticino si accentuano i dati occupazionali per fini politici"

Le ultime rilevazioni diffuse dalla Segreteria di Stato per l'economia, commentate dal professore che fu al centro di una delle più aspre bufere politiche degli ultimi tempi: "Penso che si possa dire che il Ticino trae vantaggi dalla vicinanza della cultura imprenditoriale italiana, più abituata a gestire momenti difficili, che nel resto della Svizzera dove ci sono atteggiamenti più standardizzati. In Ticino ci si butta, si affrontano le crisi con maggior determinazione, all’italiana”

LUGANO – È stato al centro di una delle polemiche politiche più aspre degli ultimi tempi, quando l'istituto da lui diretto, l'IRE, pubblicò uno studio che negava in Ticino l'effetto sostituzione tra lavoratori frontalieri e ticinesi. Buona parte dei partiti si ribellò. E anche una parte del mondo accademico ticinese, quello della SUPSI, espresse critiche feroci contro la ricerca che Rico Maggi e la sua squadra avevano realizzato su mandato della Seco.

 

E proprio gli ultimi dati diffusi dalla Seco, che ha assegnato al Ticino un tasso di disoccupazione del 3%, inferiore dello 0,1% alla media elvetica, sembrano dare al professore una buona occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. “Non sono sorpreso. Coi nostri studi abbiamo sempre cercato di documentare come il Ticino sia diventato ormai una piccola Svizzera”, dichiara Rico Maggi in un'intervista pubblicata dal Caffé.

 

Va precisato che anche questi ultimi dati sulla disoccupazione, sono fortemente contestati da una parte del mondo politico che vede la Seco come il fumo negli occhi. Ma torniamo al professor Maggi che nell'intervista al domenicale elogia l'economia ticinese: "Di sicuro è un’economia molto moderna, resistente alla crisi. Capace di reagire. L’economia cantonale è ormai contraddistinta da una forte terziarizzazione, oltre ad avere un settore industriale forte e diversificato”.

 

Quindi, il direttore dell'IRE, si focalizza sul rapporto tra Ticino e Lombardia: "Pur senza avere grandi esperienze empiriche, penso che si possa dire che il Ticino trae vantaggi dalla vicinanza della cultura imprenditoriale italiana, più abituata a gestire momenti difficili, che nel resto della Svizzera dove ci sono atteggiamenti più standardizzati. In Ticino ci si butta, si affrontano le crisi con maggior determinazione, all’italiana”.

 

Infine un'ultima battuta sui dati della disoccupazione. Chiede il giornalista del Caffé: forse il Ticino ha dato troppa enfasi ai dati della disoccupazione perdendo di vista il dato complessivo dell’economia? E Maggi risponde: “Non è una novità l’accentuazione a fini politici dei dati occupazionali, caratteristica che contraddistingue da sempre il nostro cantone che ha un mercato del lavoro che da solo non potrebbe sostenere l’attuale livello dell’economia. Ma mi pare difficile immaginarsi un’economia come l’attuale senza l’apporto dei 50/60mila frontalieri”.

 

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