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Cronaca
18.07.2017 - 18:050
Aggiornamento: 03.10.2018 - 16:25

Una professionista di Chiasso lancia un appello agli architetti mettendoli in guardia sul nuovo contratto collettivo: "I giovani avranno difficoltà ad aprire la propria attività in Ticino. Tanti dipendenti verranno licenziati...". Ma i sindacati insorgono

I sindacati: "Non possiamo non stigmatizzare questo genere di comunicazioni che gettano ancora una volta discredito su una categoria che sta cercando, attraverso l’introduzione del CCL, di regolamentarsi a salvaguardia della propria dignità professionale"

CHIASSO – Una mail ha scatenato un vespaio. L’ha inviata un’architetto con studio a Chiasso, Katia Accossato. Una mail destinata ai suoi colleghi, nella quale la professionista esprime preoccupazioni per “la proposta di emendamento del contratto collettivo che è stato approvato recentemente dall'ASIAT  (ndr: l’Associazione studi di ingegneria e di architettura) e che ora passerà in Consiglio di Stato. Dal primo gennaio 2018 gli studi dovranno pagare stipendi altissimi ai propri dipendenti e il quadro dirigente dovrà versarsi obbligatoriamente stipendi ancora più alti”.

Si parla di un minimo di 4'600 franchi al mese per un architetto al primo impiego. Ma la professionista ha altri timori: “Verranno effettuati controlli sistematici per verificare se staremo rispettando il Contratto collettivo. Tanti giovani architetti e tanti professionisti con studi di piccola o media dimensione dovranno adeguarsi o chiudere definitivamente. I giovani colleghi avranno molte difficoltà ad aprire la propria attività in Ticino. Tanti dipendenti verranno licenziati. Verranno penalizzati gli studi che hanno investito in qualità e ricerca a favore di quelli che hanno privilegiato, fra i propri obbiettivi, il raggiungimento di un fatturato molto alto. Vorrei sapere se siete interessati ad unirvi per cercare di intervenire per modificare il testo prima dell'approvazione definitiva”.

La mail della professionista ha suscitato immediatamente una reazione da parte dei sindacati OCST e Unia.

“La recente approvazione del CCL nel settore dell’architettura suscita già le prime resistenze da quegli studi che evidentemente hanno tutto l’interesse nel versare salari da fame ai propri collaboratori – scrivono i sindacati -.
Ne è un chiaro esempio l’appello lanciato in questi giorni da uno studio di architettura del Mendrisiotto, inviato a numerosi operatori del ramo dell’architettura a livello cantonale.

Nella missiva, la titolale dello studio di architettura, che è pure professoressa presso un’accademia del Nord Italia, scrive che, con l’entrata in vigore del CCL, gli studi dovranno versare “stipendi altissimi ai propri dipendenti e il quadro dirigente dovrà (n.d.r. di conseguenza) versarsi obbligatoriamente stipendi ancora più alti”.

Non solo l’introduzione dei salari minimi sembra rappresentare un problema per la titolare di questo studio, anche la futura verifica del rispetto delle condizioni contrattuali sembra essere un ostacolo da superare... Infatti in maniera molto chiara nell’appello scrive che “verranno effettuati controlli sistematici per verificare se staremo rispettando il CCL”.

Non dimentichiamoci che tra i punti più importanti introdotti nel nuovo CCL vi è la limitazione degli stagisti e solo una verifica puntuale da parte della nuova commissione paritetica potrà evitare che si continui sulla strada dell’(ab)uso dello stage.

La titolare rivolge infine un appello agli studi ad unirsi per intervenire nel cercare di ostacolare questo CCL.

Non possiamo non stigmatizzare questo genere di comunicazioni che gettano ancora una volta discredito su una categoria che sta cercando, attraverso l’introduzione del CCL, di regolamentarsi a salvaguardia della propria dignità professionale.

Non vorremmo che la volontà di combattere questo CCL sia dettata dalla possibilità di reperire facilmente architetti a basso costo, anche a tutela dei ragazzi formati nelle nostre scuole.

Per questo, con l’entrata in vigore del nuovo CCL, si imporranno da subito verifiche puntuali contro ogni sorta di abuso e per tutelare in particolare tutti quegli studi che con serietà e impegno versano salari concordati e offrono condizioni di lavoro dignitose”.

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