Una delle ultime foto di Totò Riina diffuse dalla trasmissione Quarto Grado
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Cronaca
17.11.2017 - 09:110
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

È morto Totò Riina. Il Capo dei Capi di Cosa Nostra si è spento questa notte dopo 24 anni di carcere duro. Ieri aveva compiuto 87 anni. Non si è mai pentito. Breve ritratto criminale dell'uomo che, dichiarando guerra allo Stato italiani, affossò se stesso

Impossibile calcolare le vittime mietute da Totò Riina, dalla gioventù corleonese, all’arresto palermitano. Sia tra i mafiosi, sia tra gli uomini dello Stato, sia tra i civili

PARMA - È morto nel reparto ospedaliero del penitenziario di Parma. Stanotte, all’indomani del suo 87esimo compleanno, dopo aver trascorso gli ultimi 24 anni, dal giorno del suo arresto, in regime di carcere duro. Al 41 bis: vale a dire seppellito da solo in una cella e con la possibilità di poter incontrare i familiari, durante la visita mensile, solo separato da un vetro e sotto la sorveglianza dei secondini.

 

Per 24 anni è stata questa la vita di Totò Riina, deceduto questa notte alle 3,37, dopo cinque giorno di coma a seguito degli ultimi due intervenne ti chirurgici ai quali non è sopravvissuto. Durante la sua lunga detenzione non ha mai parlato con i magistrati: non si è mai pentito. I suoi molti segreti se li è portati nella tomba.

 

Le uniche parole “pesanti” pronunciate in questi 24 anni sono state quelle captate dagli investigatori, con delle intercettazioni raccolte durante le ore d’aria, tre anni fa. Intercettazioni nelle quale il Capo dei Capi di Cosa Nostra, confermava sia la sua attitudine criminale, sia gli omicidi più tristemente celebri da lui ordinati: da quelli dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con le relative scorte, a l’uccisione del generale Dalla Chiesa. In un'altra di queste intercettazioni raccontò la sua latitanta.

 

Non si è mai capito quanto Riina fosse consapevole o meno di essere intercettato. Quanto cioè parlasse in libertà o quanto sfruttasse quell’occasione per mandare messaggi all’esterno. Per ribadire il suo ruolo di Capo, non essendosi mai “dimesso”. Poco importa: non lo sapremo mai.

 

Certo è che il boss partito dalla campagna di Corleone alla conquista della Sicilia, e poi dell’Italia, ha segnato una delle pagine più buie della recente storia italiana. Uscito vittorioso dalla guerra di mafia che sterminò la vecchia Cosa Nostra palerminata, regnò all’interno dell’organizzazione con il piglio del tiranno sanguinario.

 

Il suo regno, tuttavia, portò anche all’autodistruzione della mafia siciliana. La megalomania criminale di Riina lo spinse infatti a dichiarare guerra aperta e militare allo Stato italiano: una strategia del tutto inedita nella secolare storia mafiosa. E questo fiume di sangue, si portò presto via anche lui. Un fallimento.

 

Impossibile calcolare le vittime mietute da Totò Riina, dalla gioventù corleonese, all’arresto palermitano. Sia tra i mafiosi, sia tra gli uomini dello Stato, sia tra i civili.

 

Ieri il ministro di giustizia ha concesso ai famigliari di trascorre al capezzale del boss le sue ultime ore di vita. Un gesto di umanità che Totò Riina non si è mai sognato di concedere a nessuno.

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