CRONACA
Il Festival non è una sagra della costina: la Rotonda, l'Area 621 e la gallina dalle uova d'oro
Analisi di un fenomeno basato sul far cassa che ha innescato concorrenza e litigi all'ombra del Pardo in una Locarno che ha un sottosuolo "politico" ancora tutto da esplorare

Di Marco Bazzi

LOCARNO – C’era una volta, nella favola di Esopo, una gallina che ogni giorno deponeva un uovo d’oro. Preso dall’avidità, il contadino pensò: chissà quanto oro ha nella pancia, questa gallina. Così la squartò, ma nelle viscere del pollo non c’era alcuna traccia del prezioso metallo.

Ci sono galline dalle uova d’oro, almeno nelle favole, galline ovaiole, e galline da brodo. Questa potrebbe essere una metafora da cui partire per raccontare la Rotonda del Festival: da gallina ovaiola a gallina da brodo. Il suo “flop”, e l’inatteso contraltare del successo: l’Area 621. Senza, beninteso, parteggiare per alcuna delle due parti in causa.

Facciamo una premessa. Il Festival brilla di party a invito ed esclusivi, ma chi – turisti o ticinesi - cerca un locale “easy” si imbatte ormai soltanto in fenomeni di massa. E stiamo parlando di un Festival internazionale del film, non di una festa della costina o di una sagra dell’uva.

Ma è chiaro che se da parte dell’Ente pubblico l’obiettivo prioritario è trarre il maggior profitto possibile dagli spazi che affitta, e se l’ente pubblico non impone con forza una linea agli organizzatori, il risultato saranno unicamente “locali” di massa, dove prevale la logica della cassa. Le metafora della gallina vale per entrambi i livelli: Città e organizzatori. È ovvio che il Festival ha bisogno di luoghi alternativi, meno affollati, com’erano negli anni scorsi la “Suite” (ora Area 621) e il City Garden. Definiamoli “glamour”.

Premessa conclusa. Ora, attenzione: stiamo entrando nelle dinamiche di Locarno, che sono assai complesse e a volte poco decifrabili.

Locarno vive, in estate, della luce del Festival del film. Di cui la Rotonda è un “derivato”. Non in senso spregiativo, sia chiaro.

E Locarno ha un sottosuolo “politico” ancora tutto da esplorare, con reti di intrecci che sfuggono ai più, ma che meriterebbero maggiore attenzione. Perché, essendo sotto molti punti di vista una città “marginale” – anche qui non in senso spregiativo, sia chiaro –, gode di scarsa insufficiente attenzione mediatica. Attenzione nel senso di “controllo”.

Ma che c’entra la politica con la Rotonda? Beh, in primo luogo tutto quanto è pubblico è “politico”. In secondo luogo, come spesso accade con gli appalti, la Rotonda prevede una serie di “subappalti”. L’importante è che non nascano sospetti di favoritismi. Né dall’una né dall’altra parte.

In terzo e ultimo luogo, è stato il Municipio a decidere l’appalto che ha cambiato le carte in tavola. Quest’anno ha infatti vinto La Viscontea. E ha perso Locarno Viva, che da anni gestiva quel grande, e remunerativo, spazio all’aperto.

Per la prima volta, sulla scorta di una sentenza amministrativa, che non riguarda Locarno ma fa “giurisprudenza”, il Municipio ha dovuto decidere sulla base di un punteggio. E il punteggio era indiscutibile.

I criteri contavano percentualmente così: 50% finanziario e 40% concettuale. Il restante 10% era legato alle referenze dei concorrenti. Detto in soldoni, quelli della Viscontea hanno offerto di più – circa 25'000 franchi, oltre a un “bonus” sulla cifra d’affari – e si sono aggiudicati l’appalto. Con le carte in regola. 

Hanno inoltre presentato, in collaborazione con l’Associazione Le Muse, un concetto con un accento “culturale”, a compensazione del puro “business” del “bevi e paga”.

Ma non c’è chi non veda come il popolo della Rotonda sia molto meno incline al “consumo” di cultura che a quello di bevande e fast-food. Tentare di coniugare cultura e divertimento è stato forse il primo errore.

Il secondo è stato probabilmente il concetto reale: la Rotonda era rivolta alle famiglie più che ai giovani o, in generale, al “popolo della notte” che - appassionato o disinteressato al cinema che sia -, cerca nelle sere del Festival un po’ di “movida”.

Quel popolo, quest’anno, ha scelto l’Area 621, che stava proprio sopra la Rotonda, e che ha proposto un concetto più “sciallo”, con momenti di insostenibile sovraffollamento.

Così, l’Area 621 ha ucciso e snaturato la “Suite”, che si rivolgeva a chi cercava un po’ di “glamour” notturno, ma rendeva poco. Anzi, probabilmente era in deficit. Il Municipio aveva raccomandato a Locarno Viva di creare uno spazio alternativo, non in concorrenza diretta con la Rotonda e rivolto a un pubblico diverso. Ma così non è stato: L’Area e la Rotonda si sono strappati di mano la gallina dalle uova d’oro, con tanto di guerra sul prezzo della birra. E alla fine è rimasto un pollo spennato. O, per dirla con un'altra metafora, ci sono stati due galli in un pollaio.

Perché se si basano i concorsi prevalentemente sul “far cassa” si inducono i partecipanti a ragionare in questi termini. Invece, trattandosi di iniziative che si svolgono all’interno di un Festival internazionale del film, criteri e obiettivi da parte dell’ente pubblico dovrebbero essere diversi.

Tralasciamo le polemiche sorte tra gli organizzatori concorrenti. Ma ricordiamo due cose: anche l’Area 621 era uno spazio a concorso. E Locarno Viva, dopo aver perso la Rotonda, ha chiesto di gestirlo. Cosa che, l’anno scorso, La Viscontea – dopo aver già tentato di aggiudicarsi la Rotonda – aveva deciso di non fare, ritenendolo poco remunerativo. Non si può quindi dire, ora, che “gli altri”, quelli di Locarno Viva, hanno fatto concorrenza sleale. Semplicemente, in assenza di regole chiare, ognuno ha pensato ai propri interessi, senza andar tanto per il sottile. In primis il Municipio. 

Adesso è tempo di resa dei conti. La Viscontea, che con la Città ha ancora due anni di contratto, avrà incassato abbastanza per sostenere le ingenti spese? Gli organizzatori han già detto di no. E Locarno Viva potrà leccarsi ancora una volta i baffi? Vedremo.

L’importante è che l’anno prossimo non si ripetano i litigi di quest’anno, che la Città indichi una direzione chiara a coloro a cui concede gli spazi pubblici, e che la Rotonda non diventi l’ennesima arena locarnese per scontri all’ultimo sangue tra opposte fazioni. 

 

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