L’Associazione industrie ticinesi prende posizione in vista della votazione del 18 maggio: “L’accettazione dell’iniziativa, non equivale solo a causare un grave danno all'economia, ma anche al benessere e alla stabilità del nostro Paese”
LUGANO – Fra i temi in votazione il prossimo 18 maggio anche l’introduzione del salario minimo. Per l’Associazione industrie ticinesi (AITI) però, l’accettazione della proposta lanciata dall’Unione sindacale svizzera (USS), “non equivale solo a causare un grave danno all'economia, ma anche al benessere e alla stabilità del nostro Paese”.
AITI quindi, con un comunicato inoltrato oggi, prende posizione in vista della votazione e si schiera per il no. “Introdurre per legge un salario minimo di 22 franchi l'ora, pari a circa 4'000 franchi al mese, così come propone l'iniziativa popolare «Per la protezione di salari equi (Iniziativa sui salari minimi)», diversamente da quanto si potrebbe credere non favorirà né le persone meno qualificate, né i giovani. I costi di mantenimento di tali attività per le imprese diventerebbero troppo elevati e questi lavoratori finirebbero per restare fuori dal mercato del lavoro”.
Inoltre, motiva ancora AITI, “un salario minimo per legge metterebbe in ginocchio anche le regioni e i settori economicamente più deboli”. L’associazione sottolinea come già a oggi, queste regioni e settori, “grazie a soluzioni contrattuali concordate da parti sociali che conoscono il tessuto economico in cui operano”, possano contare su salari minimi adeguati. “Proporre, così come immagina l'iniziativa, un salario minimo per legge, per giunta tra i più alti a livello internazionale, svuotando di senso e significato un partenariato sociale che ha dimostrato nel complesso di funzionare, non solo incoraggerebbe di fatto in queste regioni e settori la soppressione di posti di lavoro, ma incentiverebbe anche una diffusa delocalizzazione di imprese verso altre economie”.
Perciò, aggiungono, “da qualunque lato la si guardi, a causa del suoi molti effetti boomerang, l'iniziativa «Per la protezione di salari equi», oltre a rappresentare un vero pericolo per l'economia e il benessere del nostro Paese, farebbe più perdenti che vincenti, in un contesto economico e sociale, quello odierno, già messo sotto pressione e reso più fragile dalle incertezze e dalle incognite verso il futuro prodotte da decisioni popolari, come quella del 9 febbraio scorso, che rischiano seriamente di complicare le sfide della Svizzera nel contesto internazionale. Inoltre, il salario minimo di 4'000 franchi, proprio in una regione di frontiera come il Ticino costituirebbe un formidabile fattore di attrazione di nuova manodopera proveniente dall'estero”.
Infine, AITI si esprime anche su un altro dei temi in votazione: l’acquisto dei Gripen, per cui si dice favorevole. “Saranno garantite controprestazioni interessanti per imprese svizzere e ticinesi; quest'ultime in particolare potranno usufruire del 5% della somma globale di 2,5 miliardi di franchi destinata all'acquisto di questi velivoli da combattimento. Si tratta inoltre di meglio proteggere lo spazio aereo elvetico attraverso velivoli moderni, che dovranno sostituire parte dei velivoli da combattimento oramai obsoleti. Un investimento nella sicurezza necessario”.