DAVESCO – Cosa sia realmente accaduto, se ci siano colpe e a chi queste vadano imputate, lo stabilirà l’inchiesta della magistratura affidata al procuratore Nicola Respini. Ma intanto sul cedimento del muraglione che, la scorsa domenica, ha causato a morte di Anna Gianini e Monique Ligorio-Houriet mentre si trovavano nella palazzina di strada Ponte di Valle torna oggi il Caffè. Le testimonianze raccolte dal domenicale “adombrano il sospetto di una ‘abitabilità’ concessa velocemente pochi giorni prima della fusione di Davesco con Lugano”.
La palazzina si trovava infatti in una zona a carattere artigianale-industriale, ossia dove di norma l’abitabilità non è concessa se non per funzioni di custodia e sorveglianza. Perché allora era abitata? Una domanda che era stata posta anche al sindaco di Lugano Marco Borradori, durante la conferenza stampa straordinaria organizzata nel pomeriggio di quella drammatica domenica (vedi suggeriti). Borradori aveva risposto che l’edificio era lì dagli anni ’80 e che era in regola con tutte le licenze.
Cosa vera, ma è sui tempi di questa concessione che si concentra oggi il Caffè. Un testimone, scrive il domenicale, anche oggi, ad anni dall’aggregazione con Lugano avvenuta nel 2004, “ricorda la singolare scoperta fatta negli uffici della Città al momento di ricevere tutti gli incarti dall'Ufficio tecnico di Davesco-Soragno. Tra la documentazione proveniente dalla nuova frazione sarebbe emerso anche un faldone contenente le carte di 7-8 "oggetti" freschi di abitabilità”. Pratiche, aggiunge, “chiuse solo pochi giorni prima che l'aggregazione divenisse formalmente effettiva” e che avrebbero compreso, “tra gli edifici sdoganati in extremis anche la palazzina, risalente agli anni '80, crollata una settimana fa”.
La documentazione riguardante le licenze edilizie ‘ereditate’ dalla Città di Lugano, fa parte della documentazione ora al vaglio del procuratore Respini, a cui, giovedì, è stato consegnato anche il rapporto sul crollo effettuato dal perito incaricato, l’ingegner Rinaldo Passera.
Le risposte arriveranno quindi con i risultati dell’inchiesta, ma, sempre stando a quanto riporta il domenicale, “anomalie potrebbero spuntare anche dal muro, caduto con parte del terrapieno su cui sorge lo stabile rimasto in bilico sul vuoto”. Il Caffè ha raccolto la testimonianza di un esperto, di cui però non fa il nome, che spiega come la pioggia e il terreno appesantito dall’acqua, non bastino a spiegare l’accaduto. Questo tipo di muri, ha dichiarato, ha solitamente un sistema di drenaggi accurati dietro di sé, proprio per evitare i rischi dovuti al peso della terra bagnata. Quando si fanno delle ripiene, insomma, si presta grande attenzione. “Il peso, sopra un terreno ripido, può giocare brutti scherzi. Si rischia l'effetto scivolo”.