Il lutto ai tempi di Facebook: in morte di Carmen, la struggente lettera d'addio alla moglie del professore di economia ed ex ministro Francesco Forte, che ricorda l'incontro con la compagna di tutta la vita nel luglio del 1951 all'università di Pavia. "O
La morte sta tornando ad essere un fatto pubblico, rompendo quel recinto di silenzio in cui la società contemporanea l’ha spesso rinchiusa, quasi che il lutto sia un’onta, un sentimento di cui vergognarsi… E il cordoglio e il dolore vanno oltre gli annunci funebri e le esequie, e diventano testimonianza umana
TORINO – Quella che Francesco Forte ha pubblicato su Facebook è un’altra struggente lettera d’addio alla persona amata. Sempre più spesso i social sono un luogo per esorcizzare e lenire il dolore. La morte ai tempi di Facebook sta tornando ad essere un fatto pubblico, rompendo quel recinto di silenzio in cui la società contemporanea l’ha spesso rinchiusa, quasi che il lutto sia un’onta, un sentimento da nascondere, di cui vergognarsi… E il cordoglio e il dolore vanno oltre gli annunci funebri e le esequie, e diventano testimonianza umana.
Era il luglio del 1951 quando Forte, che presto sarebbe diventato professore di economia e poi responsabile economico del partito Socialista e in seguito ministro delle Finanze nel governo Fanfani, incontrò per la prima volta Carmen Cignoli, la donna che sarebbe diventata sua moglie e compagna di tutta una vita.
La lettera d’addio di Forte alla moglie inizia con la descrizione di una foto, quella che accompagna il post.
“Foto di Carmen Cignoli Forte a 38 anni, sarà sulla lapide del cimitero monumentale di Torino ove è sepolta; era nata il 3 gennaio del 1931; è morta con un sorriso a Torino, in Corso Francia 7, per un collasso respiratorio alle ore 10,50 del mattino il 16 gennaio, nel nostro letto matrimoniale, il giorno prima aveva avuto un po’ di febbre, per un forte raffreddore, ma le era passata e il cardiologo aveva appena detto che per lui era tutto regolare, ma al telefono il pneumologo aveva detto di aumentarle la dose per la bronchite cronica, utilizzando la medicina che avevamo in casa e che negli ultimi mesi era stata tralasciata; stavamo per versarle la medicina; il cardiologo ha cercato di rianimarla, ha constatato che era spirata…
Ora penso che sia in paradiso, con il suo sorriso romantico e gli occhi verdi che sognano l’amore come un cielo, l’ho conosciuta a Pavia nel luglio del 1951, sotto i portici dell’Università; ero da poco laureato, avevo 22 anni e da un mese ero diventato assistente ordinario dell’Istituto di Finanza; ero sotto il porticato all’ingresso sul retro, erano circa le 10 del mattino, non avevo fretta, andavo adagio per voltare a destra e andare in fondo al secondo porticato interno, al primo piano c’era il mio istituto; lei era comparsa là in fondo, al centro, camminava in fretta, lungo il primo porticato, venendo da sinistra, alla Facoltà di lettere, aveva appena finito di assistere a una lezione.
Dietro di lei c’erano due o tre ragazzi, lei li teneva a distanza, voltandosi indietro e allungando il braccio con un quaderno, che andava quasi sopra la loro testa, era molto alta, agile, snella, gli verdi i capelli che volteggiavano, quando si voltava: poi è scomparsa, andando sotto il porticato verso destra.
Io camminavo adagio a testa bassa, con quella immagine ancora dentro, ho svoltato sotto il mio porticato: era seduta là, su una panchina, con la Renza una studentessa piccolina, né bella né brutta di Casteggio, come lei, che si vantava di conoscermi.
“Vieni, le aveva detto, ti voglio presentare il giovane genio della nostra Università”. Carmen mi ha sorriso, mi ha detto, con il sorriso di questa fotografia, la voce fresca, musicale, lineare “hai la camicia un po’ sgualcita, se mi sposi io te la stirerò”. Sorrideva, non capivo se scherzava. Io le ho detto “ora devo andare ma vorrei mandarti una cartolina con le montagne, domani vado a Sondrio, a casa, con la moto, dammi l’indirizzo”, lei me lo ha dato, abitava a Milano, da parenti , in via Vincenzo Monti.
Così è cominciata la nostra storia, con cartoline e qualche incontro di sfuggita. Poi una volta nel 1955, quando ero professore supplente all’Università di Milano, nell’intervallo dopo la lezione comparve inaspettata, in coda agli studenti che mi dovevano parlare e mi chiese di portarla in montagna, a Gromo, nella casa dei cugini, a prenderle delle cose, non voleva andare da sola”.
Io l’ho portata, con la mia mille cento sprint, oramai scrivevo sul Giorno, guadagnavo bene. Siamo entrati, io sono andato al secondo piano, ho accesso la luce in una camera da letto, le griglie sbarrate, su comodino di marmo c’era una mia cartolina di un anno prima, con i saluti; lei è salita io gliel’ho mostrata, lei è diventata rossa e mi ha detto “non vale”. Allora io l’ho baciata, perché ho capito che pensava sempre a me. Così è cominciata la nostra storia, un anno dopo in autunno, ci siamo sposati a Santa Margherita Ligure, ove viveva e lavorava suo papà amministrando, gestendo e intermediando ville per le vacanze, dopo esser andato in pensione come direttore del consorzio agrario di Casteggio. Ed è cominciata la nostra vita insieme. Io ora so che lei è in cielo e mi è vicina. Non mi tiene lontano sventolando un quaderno quasi sopra la mia testa, in mano, sul cuore ha la cartolina di Gromo…”.