Non che non sia mai successo. Purtroppo è già accaduto. E non poche volte. Ma in questo caso ci sono le immagini (le guardi solo chi davvero se la sente), a raccontarci senza filtri la crudeltà con cui è stato assassinato Macello Cimino.
Marcello Cimino aveva 45 anni ed era un barbone per scelta. Prima di essere bruciato vivo, nel giaciglio improvvisato sotto un portico della missione San Francesco gestita dai frati cappuccini, è stato probabilmente svegliato dal suo assassino con una secchiata di liquido infiammabile. Giusto il tempo di guardarsi in giro e il barbaro già aveva appiccato il fuoco.
Cimino aveva scelto di vivere per strada da un paio d’anni. Aveva una moglie da cui si era separato da poco e due figlie adolescenti.
Gli investigatori sono ora alla caccia del suo assassino. Le prime indiscrezioni parlano di un litigio con un uomo avvenuto nel pomeriggio, poche ore prima del delitto.
"Sangue mio - le parole disperate della sorella della vittima - come hanno potuto farti questo? Mio fratello era una brava persona. Non meritava di essere bruciato vivo. Chi l'ha ucciso non è una persona umana”
Commosso e vibrante il commento del l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice : “E' impensabile che un uomo sia capace di un gesto così efferato. E’ terribile pensare fino a che un uomo è capace di spingersi, e di fare un gesto di questo genere. Vuol dire che il cuore degli uomini sta diventando di pietra, perde la propria identità. Vedere quelle immagini significa che il cuore si strappa”.