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Cronaca
06.05.2018 - 11:580
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

La gioia e il veleno dei quattro giornalisti del Caffè assolti. "Media cani da guardia? Ci vogliono trasformare in cani da salotto ben pasciuti col collo spelacchiato dal collare. Guai indagare!"

Alaimo, D'Agostino, Guenzi e Pianca scrivono tutti assieme un pezzo dopo l'assoluzione. "Non si può non indagare per capire come e perché sia potuta avvenire quella tragedia. Il giudice ha detto che l'inchiesta è stata corretta". E riflettono sul rapporto fra giornalismo e potere

BELLINZONA – Assoluzione totale, con anzi parole forti a favore della libertà di parole e del ruolo dei media. La settimana appena trascorsa è stata caratterizzata dalla sentenza del giudice Siro Quadri, che ha distrutto l’appalto di accuse della Clinica Sant’Anna contro quattro giornalisti del Caffè, Alaimo, D’Agostino, Guenzi e Pianca.

Sono loro a firmare un pezzo dove commentano quanto successo, sul settimanale. “Non si può non indagare per capire come e perché sia potuta avvenire quella tragedia! Non si può non indagare per capire in quale contesto sia potuto accadere tanto! Come e perché quel chirurgo, Piercarlo Rey, responsabile penalmente, abbia potuto asportare prima un seno e poi l’altro (avrebbe invece dovuto togliere un piccolo tumore sotto ad un capezzolo) senza che scattasse alcuna misura, procedura di sicurezza! Non si può non indagare! E infatti il giudice Quadri, in una sentenza da manuale di giornalismo, ha detto e sottolineato che l’inchiesta svolta dal Caffè è stata corretta sotto ogni punto di vista”, hanno scritto, in merito alla vicenda, ormai notissima, dell’asportazione di due seni a una paziente da parte del dottor Rey.

“La riflessione sul ruolo del giornalismo, specie all’interno di media, checchè se ne voglia e dica, regionali come quelli della Svizzera italiana, dovrebbe anche posarsi sul rapporto, talvolta pericolosamente incestuoso, fra stampa e poteri locali. Inevitabili relazioni professionali che possono però portare ad una grave miopia giornalistica: si vede distintamente solo ciò che ci vien messo sotto il naso. E può accadere, e accade, che per quieto vivere o timore (ormai la minaccia di querela e la denuncia stessa sono diventate un’arma di intimidazione verso la stampa) ci si limiti a “guardare” ma non a “vedere”. Fatti, cose, anomalie, conflitti di interesse, giochi di potere… agli occhi del giornalismo non sono altro che immagini lontane e indistinte sebbene nel cortile di casa. Si “vede” - solo o soprattutto - ciò che il potere (da quello politico a quello economico passando dal giudiziario) ha interesse a farci “vedere”. Ciò che ci si mette sotto il naso col timbro dell’ufficialità. E allora i giornalisti si trasformano in semplici “trascrittori” di comunicati, megafoni di questo o quel piccolo potentato”, attaccano, al di là del singolo caso. È più facile, commentano, insultare Trump dal Ticino che rispondere al comunicato del vicino di condominio.

Siro Quadri ha parlato del ruolo da cane da guardia dei media, che è meglio che abbaino una volta di troppo per nulla che non abbaiare mai. I quattro giornalisti, anche qui, non le mandano a dire: “Cane da guardia per conto dei cittadini che hanno il sacrosanto diritto di essere compiutamente informati dalla stampa. Informati da quei cani da guardia dai quali è meglio aspettarsi che abbaino una volta di più che una volta di meno. O, aggiungiamo noi, che non abbaino affatto, trasformati in ben pasciuti cani da salotto con il collo spelacchiato da un collare. Polpettine a volontà per "vedere" solo ciò che il potere mette loro sotto il naso chiedendo di riportare fedelmente comunicati, conferenze stampa, messaggi, rapporti, interrogazioni, mozioni, interpellanze, studi di settore, interviste in realtà mai fatte… E guai, guai a interessarsi oltre, a cercare dietro l’ufficialità, la facciata marmorea di una dichiarazione fosse anche di un’inchiesta o di una sentenza penale. Guai cercare di capire dando ai cittadini-elettori gli strumenti per potersi fare un’opinione. Elencando loro semplicemente i fatti. Guai!”
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