BELLINZONA - “Con questa tassa si sdogana il principio secondo cui lo Stato può inventarsi tasse e balzelli per risolvere i suoi problemi di bilancio e di sovraindebitamento”.
Con queste parole l’ex consigliere di Stato Gabriele Gendotti, torna a ribadire, in un’intervista al Corriere del Ticino, il suo no alla tassa di collegamento, in votazione il 5 giugno.
“Le tasse – spiega - a differenza delle imposte calcolate sulla scorta di aliquote progressive, sono per natura socialmente inique. E nell’applicazione sono previste disparità di trattamento tali da risultare inaccettabili per dei prelievi pubblici”.
Poi, Gendotti indica le disparità di trattamento: “Dall’ultima spiegazione del Consiglio di Stato sembrano esentati i dipendenti degli ospedali pubblici e delle cliniche private, forse perché non occupano frontalieri, e verosimilmente i posteggi riservati a funzionari e docenti. E pure le migliaia di persone che seguono un evento sportivo non sono considerati grandi generatori di traffico. La piccola azienda con 51 parcheggi invece sì”.
Gendotti afferma che si potrebbero pensare misure più efficienti “se non ci fossero di mezzo esigenze di cassetta. Penso ad esempio all’introduzione di accessi al lavoro e nelle città con targhe alterne…”.
E sul ministro Claudio Zali, che ieri ha lanciato dalle colonne del Mattino il suo appello in favore della tassa di collegamento, Gendotti dice: “Non ho nulla contro Zali”. Poi l’affondo: “Il populismo porta voti, ma purtroppo non risolve i problemi del Paese, men che meno quelli di bilancio o quelli ambientali”.
E sul silenzio dei leghisti contrari: “Nulla di nuovo sotto il sole. Ma questa proposta è in crassa contraddizione con tutto quanto la Lega ha predicato per anni”. E le Lega sta “al Governo per esercitare il potere ed occupare cadreghini, e all’opposizione in Parlamento e alla domenica per raccogliere voti”.
Infine, Gendotti fa un pronostico: “Sono abbastanza sicuro che le cittadine e i cittadini di questo Cantone diranno un chiaro no ad una tassa che persegue obiettivi condivisibili, ma attraverso proposte di applicazione inaccettabili con riguardo al metodo e alla necessità di garantire parità di trattamento”.