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30.11.2019 - 09:000

"Per il salario minimo quel che si è ottenuto è il massimo possibile. Serve uno statuto speciale"

Nei Verdi c'è perplessità sul rapporto firmato in Gestione. La rappresentante nella Commissione, Samantha Bourgoin, dice la sua: "Mettere la bandierina sul 21,50 e essere gli unici col PS a votarlo sarebbe stato puerile"

LOCARNO – Samantha Bourgoin è l’unica rappresentante dei Verdi nella Commissione della Gestione e assieme a Durisch del PS, Dadò del PPD e Guerra della Lega ha firmato il tanto discusso rapporto. Oggi alcune voci critiche si sono levate anche all’interno del partito, che vorrebbe di più (da Greta Gysin a Michela Delcò Petralli).

Se ne discuterà oggi in assemblea, nel frattempo TicinoLibero ha sentito Samantha Bourgoin.

“Penso ci sia poca informazione su cosa sia possibile fare con un salario minimo”, dice subito, quando le parliamo delle polemiche per le cifre ritenute basse. “Il Tribunale Federale ha sancito che a livello cantonale è possibile solo un salario minimo sociale, esso può essere solo attorno ai 20 franchi, perché la Confederazione sancisce il diritto della libera concorrenza e non permette che ci siano salari diversi nei Cantoni. Sono possibili dunque solo salari sociali, che devono corrispondere alle prestazioni complementari. La gente non ha secondo me ben presente che si parla dunque di un salario minimo sociale che non può essere molto diverso da quanto stabilito. Come Verdi speravamo nel 21,50 perché il Tribunale Federale dice che all’equivalente delle prestazioni complementari si possono aggiungere i costi che il lavoratore deve usare per generare il suo lavoro”.

“Ma in Commissione io sono una su 17, in Parlamento siamo 6 su 90, con noi c’era solo il PS dunque non avremmo avuto una maggioranza. La maggioranza per contro voleva andare nella direzione opposta, ovvero fermarsi sul 19 franchi”, spiega. “Quindi, o accettavamo tutti senza batter ciglio che passasse il 19 franchi o trovavamo questa che viene definita una strana alleanza, che corrisponde in modo un po’ più dignitoso a un salario minimo. Non ci rende contenti ma è il meglio che può uscire da questa compagine politica. Quanto ottenuto è quel che siamo riusciti a distillare dalle forze di destra. Con esse arrivare a 20,25 con delle fasi di transizione è il massimo che abbiamo potuto negoziare”.

Quando le riferiamo le voci critiche all’interno del suo partito, Bourgoin è d’accordo. “Nessuno è soddisfatto, in Commissione abbiamo fatto quel che siamo riusciti a negoziare, portando anche la discussione nei vertici dei partiti. Non è una decisione che fa contenti tutti, è normale. I Verdi sono un partito molto orizzontale con un dibattito aperto, franco e trasparente. Il gruppo parlamentare è con me. In politica si scende per trovare delle soluzioni. Mettere la bandierina sul 21,50 ed essere gli unici col PS a votarlo sarebbe stato un esercizio puerile, abbiamo cercato di fare qualcosa di concreto per cui i lavoratori e le lavoratrici avranno più soldi in tasca”.

Non le darebbe fastidio se la maggioranza del partito, domani, non sostenesse il rapporto di cui è una firmataria. “Se il partito dicesse no, valuteremo, vedremo gli argomenti. Io sono in politica per cercare delle soluzioni costruttive e non per misurarmi coi colleghi, se qualcuno avesse un’idea più intelligente della nostra meglio. Noi abbiamo portato il meglio possibile, se si trovano emendamenti accettabili, ben venga”.

Racconta della situazione iniziale trovata in Gestione: “Non succedeva nulla, erano tutti come delle pietre, ognuno con la propria bandierina in mano, nessuno voleva concedere nulla. Ma andando avanti in quel modo si sarebbe concesso alla maggioranza il meno possibile, ora diamo il più possibile. Cosa significa ciò? Che il salario minimo non è una misura sufficiente. In Ticino bisogna migliorare le condizioni quadro. Per questa ragione noi Verdi con alcuni comunisti abbiamo richiesto un’iniziativa parlamentare cantonale verso il Governo Federale in cui si chiede l’istituzione di uno statuto sociale”. Nel 2009 c’era stata una prima richiesta, nel 2015 si disse no perché stavano entrando in vigore le misure fiancheggiatrici. “Dopo 10 anni, il problema si è acutizzato, ora possiamo dire che in Ticino il mercato del lavoro è diverso dal resto della Svizzera, anche rispetto a chi ha frontalieri. Da noi il polo economico è la Lombardia, mentre a Basilea il polo transfrontaliero è Basilea, a Ginevra è Ginevra. Il nostro deve essere riconosciuto come un problema strutturale, da gestire con più mezzi. Anche l’idea dell’MPS contro il dumping è eccellente, dobbiamo portare avanti una serie di iniziative”.

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