“Certi traguardi non sono eterni. La libertà di pensiero può sempre essere rimessa in discussione, dovunque e comunque”
Negli anni della Guerra fredda in Svizzera la polizia federale ha iniziato a sorvegliare quei cittadini che non erano ritenuti “allineati”, “veri” svizzeri.
Nel mirino delle spie sono finiti studenti, manifestanti, anticonformisti, la maggior parte dei quali non aveva e non avrebbe mai fatto nulla contro la propria patria.
Uno di questi è M.F., così si cita l’autore, testimone in prima persona di cosa potesse significare finire nel mirino della polizia politica in quegli anni. In un diario scritto poco dopo, M.F. traccia gli avvenimenti che lo hanno portato a scoprire di essere schedato, una vicenda a tratti kafkiana che gli cambierà la vita, sul piano lavorativo e personale.
Un altro diario compone però questa ricostruzione, quello redatto dagli “spioni”, dai poliziotti incaricati di seguire e riferire gli incontri e le abitudini di un qualsiasi giovane con simpatie di sinistra.
Un diario “terzo” che l’autore si è trovato tra le mani dopo lo scandalo delle schedature emerso negli anni Novanta, quando le persone finite sotto il mirino di questi moderni inquisitori hanno avuto accesso alle loro schede.
La storia di M.F. è esemplare di un periodo in cui il conformismo era un valore assoluto e la diversità era vista con sospetto. Un periodo che pareva essere terminato, ma è davvero così?
“La libertà di pensiero può sempre essere rimessa in discussione dovunque e comunque”, conclude l’autore, ricordando che certi traguardi non sono eterni.
Marco Fantuzzi, "Diario d’aldiquà CH 1976", Armando Dadò Editore - 22 Fr.