Prezzo:
Sabato 19 | 10.45
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Mendrisiotto
SGUARDI A CONFRONTO
di e con Davide Mesfun
durata 60 minuti
“Mi sono allontanato dalla famiglia dopo la morte di mia nonna che era il nostro collante. Ho abbandonato il liceo artistico e il canottaggio per seguire cattive compagnie. Avevo 15 anni e non mi bastava mai, andavo sempre oltre, finché la giustizia mi ha presentato il conto: 24 anni di carcere per cumulo pene. Volevo togliermi la vita, ma sono rinato grazie al teatro, dal palco vedevo una finestra senza sbarre (…)”.
46 anni, originario di Napoli, Davide Mesfun è un ex detenuto che ha incontrato il teatro nel corso della sua esperienza carceraria e ne ha colto le potenzialità quale strumento prezioso, non solo per riflettere sulle proprie esperienze e rielaborarle, ma anche per raccontarle e condividerle, trasformandole in occasione di scoperta e crescita anche per il pubblico. Nel suo spettacolo, il confine tra realtà e finzione è praticamente inesistente, si percepiscono fortemente vita e quotidianità e il fermarsi del tempo; ci si immerge totalmente in un mondo nuovo, un posto di cui spesso la maggior parte dei cittadini non percepisce neppure l’esistenza se non addirittura la nega.
“Il teatro diventa strumento per raccontare le proprie esperienze: chi sale sul palco si mette a nudo e regala la propria anima al pubblico. Anche per i detenuti è lo stesso, anzi di più: fare teatro diventa un modo per creare comunione con le persone, per far bene a sé stessi e agli altri, per uscire dall’isolamento, per illuminare la monotonia delle giornate tutte uguali passate dietro le sbarre, è far entrare gli altri in questo di mondo”.
Definito il “rapinatore galante” Davide spendeva il ricavato delle rapine in droga e affitti per le case nascondiglio. Ha praticamente visitato tutti i carceri d’Italia fino al giorno in cui gli è stato concesso un permesso che è stato l’ispirazione del suo monologo teatrale, rivedere il mondo dopo 9 anni consecutivi di reclusione è stato inebriante e ispirante. Un’occasione che ha fatto da ponte fra due mondi tanto diversi, che ha permesso all’uno di permearsi dell’altro: una finestra sul carcere dalla quale chi è recluso può affacciarsi e far sentire la propria voce e chi è fuori può smettere di immaginare cosa succede all’interno ma può immergersi completamente nella quotidianità di questi luoghi troppo spesso dimenticati.
Lo spettacolo fa parte del progetto “Il teatro, una finestra aperta sul carcere” (link al PDF) sostenuto dal programma integrazione cantonale del Dipartimento delle Istituzioni della Repubblica e Cantone Ticino