Che invidia, che dirompente invidia, a guardare i campi d’allenamento in Russia, mentre i nostri si grattano la pancia al mare, infierendo con le loro stramaledette story su Instagram. È che non ci siamo abituati a far da spettatori (se non in campo, come accaduto nelle ultime due edizioni…). La maggioranza dei tifosi azzurri non l’ha mai vissuto un Mondiale senza l’Italia. Ed è una condizione, lo confessiamo, sinceramente depressiva.
E oggi è il giorno peggiore, quello più triste, perché si comincia. Il campionato del mondo scolpirà ancora piccole e grandi storie da consegnare alla leggenda, da tramandare di generazione in generazione. Dal Maracanazzo al Minerazzo. Ma noi, qualunque cosa accada, non ci saremo in questo album 2018.
Così ci ritroviamo a far scorrere il calendario delle partite con occhio da lumaca. E sa da un lato la passione sconfinata per questo gioco, ci porterà comunque a seguire la competizione. Dall’altra ci sentiamo come svuotati, dimezzati, perché la componente del tifo è l’ossigeno che fa divampare l’amore per il calcio.
È il momento di subire. Di subirle tutte le umiliazioni dell’assenza. Perché ce lo siamo meritati di stare a casa. E in una condizione del genere non si può neppure gufare, perché sarebbe come precipitare nell’ultimo girone dell’inferno degli sfigati, dall’alto dei nostri quattro allori mondiali. Il mutismo è il nostro unico rifugio dignitoso.
Però ci mancheranno quasi come le partite quei nidi di gufastri che, soprattutto in Ticino, s’organizzano (s’organizzavano…) puntuali e copiosi per tifarci contro ad ogni appuntamento. Così come ci mancheranno le proteste per i nostri caroselli. E quelle facce di chi dice pesta e corna del nostro gioco, ma che spera con tutto il cuore di non incrociarci, perché se gli italiani passano il girone, poi, non si sa come va a finire….
Ma, per cortesia, abbiate almeno il tatto di non infierire facendoci quella domanda disgraziata: ma visto che non c’è l’Italia per chi tiferai? Per NESSUNO! No, neppure per la squadretta asiatica, scandinava, balcanica o africana, che dovesse imbucarsi al gran ballo delle grandi. Lasciateci così, “come una cosa posata in un angolo, e dimenticata”.