MILANO – “La prima cosa da evitare adesso è il Grande Gesto di Mancini. Non servono martiri adesso, e nemmeno gentiluomini esasperati. Dico a Mancini che non è colpa sua. Che sarebbe un sacrificio inutile. Se vuole andarsene, vada, se qualcuno lo vuole cacciare, lo cacci. Ma il suo dovere è con la gente, un rapporto costruito in decine di partite senza sconfitte, di radicamento, perfino di tanta retorica, tutto ha sempre detto che non era per una notte, che è giusto andare avanti”. Parola di Mario Sconcerti, uno che il calcio lo mastica da anni, dopo la clamorosa sconfitta dell’Italia campione d’Europa contro la Macedonia del Nord.
“La sua Italia – commenta il giornalista del Corriere della Sera - è stato l'unico successo in mezzo a dodici anni di sconfitte e beffe terribili di tutto il nostro calcio. Non ricominciamo sempre da capo. Siamo dentro un momento così confuso da non poter dare torto o ragione a nessuno. Oggi è già difficile capire cosa stia accadendo, uno strano tempo in cui il presente non c'è più e l'Italia sarà senza partite reali per più di un anno. Oggi non si può andare via, oggi si deve ragionare, capire cosa rimane nel fondo del calcio italiano, serve una riflessione complessiva”.
Sconcerti difende dunque il commissario tecnico Mancini: “Non abbiamo bisogno di una nuova fuga. Non vinca adesso la rabbia, non si aprano le vendette o i casi personali. Quelle sono cose da campionato, dove tutto muore e ritorna ogni domenica. Ma l'Italia è la somma di troppi sentimenti. Il commissario tecnico Mancini è stato molto più di un allenatore. Non è stato il tecnico a essere sbagliato, è l'intero nostro calcio a non reggere più, a fare troppa fatica. È sbagliata l'idea di calcio che è stata costruita per tutti noi da pochissime persone, questa specie di superlega italiana dove tanti diritti sono annullati e niente viene mai davvero discusso, cambiato. Siamo in un deserto dove stanno arrivando i tartari, ancora sei mesi e le società non saranno più a maggioranza italiane”.
E rivolgendosi a Mancini conclude: “Abbiamo appena capito che lei non è una garanzia. Nessuno ci può salvare, abbiamo solo bisogno di un nuovo inizio. E abbiamo noi il diritto di scegliere, non lei. Questa è la vera responsabilità”.
Impietosa, sempre sul Corriere della Sera, l’analisi di Aldo Cazzullo: “È la Caporetto del nostro sport. Eliminati da una nazione, la Macedonia del Nord, di cui molti non conoscevano l'esistenza. Un disastro che chiama in causa tutti: atleti, allenatore, staff, federazione, e il movimento calcistico nel suo complesso. La vittoria degli Europei non si cancella, è evidente (…). Se il trionfo di Londra era frutto di una congiuntura astrale irripetibile, anche questo tonfo è il risultato di una serie pazzesca di occasioni perdute, di errori evitabili, di colpi di sfortuna (…). Il calcio italiano ha toccato il livello più basso di sempre. Peggio delle sconfitte con la Corea del Nord nel 1966 e con la Corea del Sud nel 2002. Peggio dei disastrosi Mondiali in Sud Africa e in Brasile. La Nazionale fuori dalla competizione più importante per la seconda edizione consecutiva. Tutti i club eliminati dalla Champions già agli ottavi, con quello più rappresentativo, la Juventus, sconfitto in casa 3 a 0 da una squadra che è settima nella Liga spagnola.
Il Milan capolista ha due centravanti che contano quasi ottant' anni in due; l'Inter campione d'Italia nella Premier inglese sarebbe forse ottava. E stiamo parlando di squadre dove gli italiani titolari sono due o tre al massimo; non a caso ieri nei momenti cruciali avevamo in campo l'attacco del Sassuolo. Buoni calciatori, ma del tutto privi di esperienza internazionale”.
Ma le Caporetto, aggiunge, non hanno mai un solo responsabile: “Tutto il calcio italiano è da ripensare. Troppa tattica, poca tecnica. Stipendi troppo alti rispetto al valore e al rendimento, poca cultura calcistica. E troppo potere ai procuratori. La parabola di Donnarumma - che per inseguire superstipendi ha lasciato il suo ambiente naturale ed è andato a cacciarsi nei guai - è purtroppo esemplare. Ora è il momento di ricostruire tutto - stadi e vivai, mentalità e scuole per i tecnici - partendo dai giovani; anche da quei nuovi italiani che ieri sera sono mancati pure loro alla prova”.