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Cronaca
16.08.2013 - 17:130
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Senzani da attore non può far peggio che da regista, quando filmò l'esecuzione di Peci"

Parla Luigi Perotti, il regista di 'L'infame e suo fratello'. "Mi sarebbe andata bene la presenza dell'ex brigatista nel film e a Locarno, se avesse chiarito finalmente i suoi misteri. E vi racconto quali..."

di Marco Bazzi

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Aveva già buttato giù qualche pensiero su “Sangue” e sulla performance cinematografica di Giovanni Senzani. Luigi Maria Perotti, fa il regista, vive a Roma ma è nato a San Benedetto del Tronto, la cittadina in cui fu rapito Roberto Peci, e ha diretto il film documentario “L’infame e suo fratello” (vedi articolo allegato, con il film).

“Pensavo di inviarli a qualche giornale, ma visto che mi ha chiamato lei, se vuole glieli mando…”.

Me li mandi. Ma prima una domanda, secondo lei la presenza di Senzani al Festival di Locarno era opportuna?

“Guardi, dal mio punto di vista era importante che lui parlasse. Ma non dell’esecuzione di Roberto Peci, della quale sappiamo già tutto. Avrei voluto che dicesse quello che non ha mai chiarito. Ecco, se lo avesse fatto mi sarebbero andati bene finanziamenti pubblici al film e invito personale a Locano”.

Cosa intende per “quello che non ha mai chiarito?

“Intendo che c’erano e ci sono molti dubbi sulla sua appartenenza o vicinanza a servizi segreti deviati. Ricordiamoci che Senzani uccise Peci ma liberò il leader democristiano Ciro Cirillo. Secondo me era un brigatista colluso con il potere, che ha fatto il doppio gioco. Ecco, avrei voluto che raccontasse queste cose invece della solita storia”.

Ma sono solo sospetti…

“D’accordo, ma ci sono molti aspetti poco chiari sulla sua vita. In più di un’occasione Senzani si è dimostrato più il capo di un’associazione criminale che di un movimento politico rivoluzionario”. 

Fin qui la chiacchierata con Perotti. A seguire, le sue riflessioni sull’attore Giovanni Senzani.

“Dobbiamo essere in grado di sfruttare le contraddizioni della società dello spettacolo per riappropriarci dei mezzi della comunicazione... Una frase che potrebbe aver detto un qualsiasi esperto di mass media, magari un po' esaltato.

Una frase che però mi fece venire i brividi quando mi trovai a leggerla nelle trascrizioni dell'interrogatorio di Roberto Buzzatti, il carceriere di Roberto Peci. 

Era la risposta che Giovanni Senzani gli aveva dato ad una domanda molto semplice: ‘Perchè stiamo facendo tutto questo?’ Domanda apparentemente molto semplice, ma a cui Senzani, nemmeno dopo tanti anni è  in grado di rispondere.

Non ho visto “Sangue”, il film di Pippo Del Bono presentato a Locarno e non posso esprimermi sulle capacità attoriali del Professor Bazooka (cosi lo chiamavano i brigatisti), ma ho avuto modo di assistere alla sua prima regia.
Un’opera tragicamente rivoluzionaria, che aveva anticipato le tecniche del terrorismo di almeno tre decenni ma che allora fu un fiasco totale.

Non so se il nostro giovane artista allora avesse pensato a un titolo. Io l'ho sempre chiamato “il Processo farsa”, quello che con una telecamera VHS diresse ai danni di un proletario di nome Roberto. 
L'obiettivo era scuotere le coscienze degli italiani, trasformando un innocente lavoratore in un infame traditore, meritevole di undici colpi di pistola.

Ma la Rai non volle mandarlo in onda e allora non c'era nemmeno youtube.  A dirla tutta, nemmeno i trailer funzionarono molto. Provò a mandare degli spezzoni audio a Radio Radicale, ma gli ascoltatori non reagirono come si aspettava il nostro ideologo regista.

Anzi. La voce di un uomo in gabbia che ammette colpe non sue, ebbe l'effetto contrario. Eliminò totalmente l'aurea rivoluzionaria delle Br, trasformandole in qualcosa di molto più vicino ad una specie di criminalità organizzata.

L'opera video di Giovanni Senzani era quasi dimenticata quando decisi di usarla per il mio documentario.

Ma deve essere un tipo duro il nostro professor Bazooka. Uno che non molla. Questo è quello che ho pensato dopo aver letto le sue dichiarazioni da attore sul palco di Locarno.

Dopo 23 anni di carcere, senza mai un pentimento, ci riprova. Sono curioso di vedere il suo debutto davanti alla telecamera. Chissà cosa avrà provato nello stare dall'altra parte.

Avevamo provato ad offrirgli una parte anche noi qualche anno fa, quando Roberta Peci, la figlia di Roberto, nata qualche mese dopo la sua uccisione, voleva incontrarlo. 

L'opera prima del professor Senzani, a distanza di anni aveva continuato a far danni. Le parole che aveva messo in bocca al suo attore protagonista, ancora oggi contribuiscono a creare un clima di ambiguità su Roberto Peci. Quando il sindaco di San Benedetto del Tronto propose di dedicargli la via dove la banda del Professor Bazooka venne a sequestrarlo, ci fu un'ondata di polemiche che Roberta decise di affrontare di petto. Ma andò diversamente.

Ora non ci rimane che vedere ‘Sangue’. Che sicuramente sarà un bel film.  Da parte sua Giovanni Senzani sa di poter contare su una cosa: come attore non può far peggio di quanto ha fatto come regista”. 

 

 

 

 

 

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