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LUGANO – Iniziamo da una parola, se le parole, come crediamo, hanno ancora un significato e non sono soltanto pretesti vocali per arieggiare la lingua. La parola è: inestimabile. Riferita, da fonti non meglio precisate ma unanimemente e immediatamente considerate fededegne, al valore dell’opera “Impronta”, dell’artista Luciano Fabro.
Stiamo parlando della scultura vitrea andata incidentalmente distrutta sabato sera nel corso dell’inaugurazione, a Lugano, della mostra dedicata alla celebrata collezione dei coniugi Olgiati.
La parola “inestimabile” ha dato enfasi all’evento. Si fosse trattato di un’opera di valore misurabile – stimabile -, infatti, la risonanza della maldestra retromarcia del giornalista Salvatore Maria Fares, che ha involontariamente causato la frantumazione dell’Impronta, si sarebbe probabilmente esaurita entro i nostri confini lacustri, o poco oltre. Invece la notizia è esondata, rimbalzando con toni da tabloid dagli Appennini alla Manica.
Ora, “inestimabile” dovrebbe essere, nell’arte, un termine da usare con una certa prudenza. Unicamente di fronte a opere e artisti di valore universale. Usarla per quantificare economicamente l’Impronta, per quanto importante fosse quest’opera nel panorama dell’avanguardia italiana del Novecento, sembra un po’ azzardato. Ma qualcuno ha proferito questa parola che ha così conferito valore non solo all'opera ma anche alla notizia della sua frantumazione.
Detto questo, vale la pena di capire chi è l'autore dell'Impronta.
L’artista, Luciano Fabro, nasce a Torino nel 1936. La sua è una formazione da autodidatta – dicono le biografie -, acquisita vivendo in varie città e assorbendo il meglio delle correnti artistiche del suo tempo.
Dopo un periodo a Udine, Fabro arriva a Milano e, frequentando alcuni Circoli Artistici, entra in contatto con altri artisti accomunati dalla passione per i “tagli sulla tela” di Lucio Fontana. Il gruppo - citiamo sempre da biografie - elabora un’idea dell’artista inteso come colui che trasmette esperienza senza rifarsi a categorie precostituite.
Il 1965 è, per Fabro, l’anno della prima ‘personale’ presso la Galleria Vismara. In seguito, l’artista entra a far parte del gruppo di Arte Povera fondato da Germano Celant.
La ricerca di Fabro, dicono i critici, si sofferma sullo studio del rapporto tra forme e spazio. Accanto a questo intento, la sua opera si carica di un'intensa corporalità: il corpo è la misura nello spazio e si estende come metro di conoscenza. "Impronta" del 1962 – l’opera andata distrutta sabato sera - "è significativa di come un dito possa essere segno, tangibile, di una conoscenza".
In quegli anni Fabro lavora ad opere celeberrime come "Tautologie", "Piedi", "Italie". Nel 1978 fonda a Milano "La casa degli artisti", luogo di incontro e formazione della comunità degli artisti a Milano. In una prima fase la casa degli artisti è completamente ristrutturata dagli stessi artisti e i fondatori propongono attività didattiche. Divenuto docente a Brera nel 1983, instaura un approccio innovativo con gli studenti, fortemente diretto.
A partire dagli anni '90, Fabro si sofferma su committenze di arte pubblica avvicinandosi ai problemi dell'urbanistica e affermando un impegno civile dell'artista. Lavora sul rapporto arte e natura, utilizzandola come riferimento linguistico e parametro di lettura, come in "Giardino all'Italiana" di Basilea. Il lavoro di questo grande artista si conclude nel 2007 con la sua prematura scomparsa.
Tra le opere famose di Fabro vengono citate: Le Italie (serie di lavori concernenti la penisola vista da diverse posizioni con l’utilizzo di diverso materiale), gli Habitat, le Tautologie, gli Arcobaleni, Autunno.
Tra le opere di alta quotazione figurano Italia carta stradale, del 1969, stimata 923’773 sterline. Di media quotazione é “Inverno”, opera in marmo del 2007, stimata 600'000 euro. Dunque, si tratta di opere stimate e stimabili. L'inestimabile lasciamolo ai Leonardo, ai Raffaello, ai Michelangelo, ai Van Gogh, ai Bosh, ai Vermeer...
emmebi